Fiscal Cliff, economia e lavoro: la prima conferenza stampa di Obama

 Si è tenuta ieri la prima conferenza stampa del presidente Obama. Un’ora e mezzo davanti ai giornalisti americani e alla stampa di tutto il mondo in cui il presidente ha esposto le sue opinioni e le sue intenzioni per il risanamento dell’economia americana: il Fiscal Cliff, le tasse ai ricchi e il lavoro.

E’ possibile che tutti noi precipitiamo nel ‘fiscal cliff’ se al Congresso prevale la testardaggine. Non farò marcia indietro come due anni fa.

Obama è intenzionato ad evitare il Fiscal Cliff e per farlo deve trovare un accordo al Congresso, cosa non facile visto che i repubblicani non sono d’accordo sulle metodologie democratiche. Obama, infatti, è intenzionato a tassare la classe ricca, e puntare su quella media per far risalire l’economia:

Non dobbiamo tenere la classe media in ostaggio, mentre discutiamo dei tagli alle tasse per i ricchi. Dovremmo almeno procedere sui punti su cui siamo d’accordo, come quello di mantenere basse le tasse per la classe media. Farò firmare un documento a tutti in modo da poter dare alla gente una certa sicurezza prima delle vacanze.

Tra gli altri obiettivi c’è quello del lavoro, un aspetto fondamentale se si vuole davvero procedere ad un risanamento sano e duraturo dell’economia.

 

 

Crescita debole per l’Europa per tutto il 2013

 Nessun miglioramento previsto per il prossimo anno nella zona euro. Le analisi sull’andamento dell’economia in Europa per la seconda metà dell’anno in corso fanno prevedere ancora debolezza sul fronte della crescita.

Il mercato, secondo i dati del bollettino di novembre della Bance Centrale Europea, è riuscito a rimanere stabile per il bimestre luglio/agosto ma non si è visto nessun miglioramento e non ce ne saranno entro la fine dell’anno. Secondo la BCE, infatti

La crescita continua ad essere sostenuta dalle misure di politica monetaria convenzionali e non convenzionali della Bce ma il ritmo di recupero dell’economia sarebbe ancora frenato dal necessario processo di aggiustamento dei bilanci nei settori finanziario e non finanziario e dalla disomogeneità della ripresa mondiale. I rischi per le prospettive economiche dell’area dell’euro rimangono orientati al ribasso.

Gli interventi che sono stati già fatti per il risanamento dei paesi maggiormente colpiti dalla crisi hanno avuto la loro efficacia ed è importante, quindi, continuare su questa strada. Tutti i paese dell’Eurozona devono fare del loro meglio e

continuare ad impegnarsi per ripristinare posizioni di bilancio solide, in linea con gli impegni assunti nell’ambito del Patto di stabilità e di crescita e con le raccomandazioni formulate nel quadro del Semestre europeo del 2012.

 

L’Italia non è ancora fuori pericolo recessione

 I numeri non lasciano spazio a nessuna interpretazione e quelli emersi dai dati Istat sull’andamento del Pil italiano parlano chiaro: il nostro prodotto interno è sceso ancora (seppur la percentuale è minima, solo lo 0,2%) nel terzo trimestre del 2012 e questo vuol dire che l’Italia è ancora a rischio recessione.

Si tratta del quinto calo consecutivo. La percentuale è bassa, ma è rapportata solo al trimestre precedente; se le stime attuali si rapportano a quelle dello stesso periodo dell’anno precedente la percentuale di contrazione del Pil nazionale arriva al 2,4%. Cifre importanti che dimostrano come ancora il cammino per il risanamento dell’economia sia lungo e difficile.

Anche se è da notare un trend positivo: la caduta del Pil è più lenta rispetto ai periodi precedenti, l’ultimo trimestre dello scorso anno la flessione trimestrale è stata dello 0,7%, dello 0,8% nel primo trimestre 2012 e dello 0,7% tra aprile e giugno. Questo vuol dire che, per l’anno in corso, si può attendere un calo tendenziale del Pil del 2% annuo.

Situazione un po’ diversa per Stati Uniti (+0,5%) e per Regno Unito (+1,0%), ma le prospettive non sono rosee: la BCE annuncia che la situazione rimarrà invariata anche per il 2013, anche se, grazie alle misure prese, ilo calo tendenziale potrebbe essere meno forte.

Le banche americane sono contro Obama

 La popolazione americana ha dato il suo consenso per il secondo mandato di Obama, con molte meno incertezze di quanto analisti ed esperti avevano preventivato. Ma questa vittoria non ha accolto i consensi delle banche americane che, già dalla compagna elettorale, hanno dimostrato di volere un repubblicano al potere.

In effetti, l’elezione di un presidente repubblicano, nella fattispecie Mitt Romney, avrebbe garantito alle banche e alle grandi concentrazioni finanziarie di accedere ad una revisione della legislazione più favorevole alla continuazione delle loro attività speculative.

Una preferenza che ha portato fin da subito le sue conseguenze: il giorno dopo l’elezione di Obama la borsa americana ha aperto le contrattazioni con indici al ribasso e le cause principali sono da rintracciarsi nelle regolamentazione prevista dall’amministrazione democratica per la concessione di prestiti e mutui che limita le possibilità di azione dei gruppi finanziari.

La controprova ad un fatto già tangibile arriva dalle stime del Center for responsive Politic (centro studi economico-politico indipendente e apartitico) del denaro che le banche hanno messo a disposizione dei candidati in campagna elettorale. Su un totale di circa sei miliardi di dollari, quattro sono stati stanziati per Romney e solo due per Obama.

In sostanza per Obama si presenta una sfida più impegnativa di quanto previsto: l’appoggio delle banche è determinante nell’attuazione del piano di risanamento dell’economia.

Vodafone è in rosso di 2,5 miliardi

Vodafone ha chiuso il primo semestre con i conti profondamente in rosso. La perdita netta è di 2,47 miliardi di euro (1,9777 miliardi di sterline) mentre l’utile netto risalente all’anno scorso è di 8,3 miliardi di euro (6,679 miliardi di sterline).
Il motivo di questa grave perdita? Pare sia legato alle svalutazioni inerenti al peggioramento della congiuntura economica in Italia e Spagna. In entrambi i Paesi gli utenti stanno risparmiando in tutti i modi sulle bollette telefoniche. Le svalutazioni, pertanto, si aggirano intorno ai 9,4 miliardi di euro (5,9 miliardi di sterline).
Nel frattempo Vodafone ha annunciato inoltre l’intenzione di acquistare azioni proprie da 1,5 miliardi si sterline. Si tratta di un programma di acquisto che verrà finanziato mediante il dividendo di una società che Vodafone controlla al 45%, Verizon. Il dividendo ammonta a 2,4 miliardi di sterline.
RICAVI VODAFONE PRIMO SEMESTRE
Durante i primi sei mesi dell’anno Vodafone ha fatto registrare una cifra pari a 21,78 miliardi di sterline per quanto riguarda i ricavi. Rispetto all’anno scorso parliamo di una cifra in calo del 7,4%. Il margine operativo lordo è invece arrivato a 6,2 miliardi ed è sopra di 8,5 punti.
Il Ceo del gruppo, Vittorio Colao ha dichiarato:
“Continuiamo a fare progressi verso gli obiettivi strategici che ci siamo posti, con una buona crescita nei mercati emergenti  i risultati di breve termine, invece, riflettono le difficili condizioni dei mercati, in particolare nell’Europa meridionale”.

 

La decisione sugli aiuti alla Grecia è stata rinviata

Grecia, si tornerà a discutere degli aiuti il 20 novembre. Il Parlamento ellenico ha approvato il Bilancio 2013 e l’Eurogruppo ha fatto ulteriori passi in avanti al fine di raggiungere un accordo sui nuovi finanziamenti da destinare ad Atene.

Restano però molte cose da risolvere. Nello specifico alla Grecia si vogliono concedere due anni in più. Il costo dell’operazione si aggira intorno ai 30 miliardi.

Occorre dunque capire dove trovare questi finanziamenti, nonché trovare un’intesa con il Fondo Monetario Internazionale circa la sostenibilità del debito.

Il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker si dichiara ottimista:

“Il 20 novembre tutti i problemi troveranno una risposta. Siamo molto vicini a un accordo e farò di tutto perché sia presa una decisione formalmente corretta”.

Al termine della riunione è stata diffusa la seguente nota:

“I ministri delle Finanze dei 17 si sono trovati d’accordo sull’opportunità di concedere due anni supplementari (dal 2014 al 2016) ad Atene per la riduzione del deficit sotto il 3% alla luce dei recenti sviluppi economici. L’Eurogruppo spera che il 20 ci siano anche tutti gli elementi necessari per dare il via libera alla prossima tranche da 31,2 miliardi di euro in modo che questa possa essere erogata entro fine mese”.

Il presidente Juncker ha dunque sottolineato che venerdì 16 la Grecia non andrà in default attraverso un’operazione di rollover sui titoli di Stato a breve termine.

Ultimi emendamenti al Piano Stabilità: Irpef e Irap

 Il piano di stabilità proposto dal governo è stato profondamente rivisto in queste ultime settimane. La versione definitiva, stilata dai due relatori (Brunetta e Baretta) insieme ai tecnici del governo dovrebbe arrivare oggi sul tavolo della Commissione Bilancio, che dovrà votare sulla sua fattibilità.

Gli ultimi emendamenti presentati riguardano Irpef e Irap. Per l’Irpef, a partire dal 2013, sono stati previsti degli incrementi per le detrazioni: 980 euro per ogni figlio, a cui si aggiungono altri 100 se i figli hanno meno di tre anni. Le detrazioni saranno poi equilibrate con il numero dei figli e con il reddito, in modo da favorire le famiglie più svantaggiate.

Gli sgravi sull’Irap per le imprese sono stati previsti a partire dal 2014, con un aumento delle detrazioni forfettarie in caso di assunzioni e per le imprese giovanili. L’importo totale delle detrazioni ammonta a 1,2 miliardi di euro.

Definiti anche i fondi con i quali il governo potrà tradurre in realtà queste detrazioni e l’alleggerimento della pressione fiscale generale su famiglia e imprese. Sono tre le risorse attualmente disponibili: lotta all’evasione fiscale, revisione delle attuali agevolazioni fiscali e l’abbassamento dei tassi di interesse.

Un secondo fondo sarà quello composto dalle risorse provenienti dalla revisione degli incentivi alle imprese, fondo che sarà specificatamente dedicato al credito d’imposta finalizzato alla ricerca ed alla riduzione del cuneo fiscale.

 

Monti bacchetta la rigidità delle Germania

Il presidente del Consiglio Mario Monti ha parlato alla platea dell’auditorium dell’università parigina di Sciences Po per la presentazione de “La democrazia in Europa“, il libro scritto insieme a Sylvie Goulard, eurodeputata francese. Tanto pubblico, sia studenti che personalità della politica, che hanno ascoltato Monti parlare dell’Europa, della democrazia e delle prospettive future, sia politiche che economiche, della zona Euro.

Le parole che tutti aspettavano sono poi arrivate e, sulla questione economica e del direttorio franco-tedesco, Mario Monti ha tenuto a precisare, riferendosi principalmente alla Germania:

E’ opportuno che i Paesi più forti, come è oggi la Germania, facciano uno sforzo per meglio apprezzare i vantaggi del mercato unico e della moneta unica per l’economia tedesca. Vorrei un’Europa in cui i Paesi più deboli abbiano meno bisogno di invocare il tema della solidarietà, perché i più forti si rendono conto da soli che questa va nel loro interesse.

Parole che non lasciano spazio ad interpretazioni e che si inseriscono a pieno nella visione politica ed economica che il Presidente del Consiglio italiano cerca di trasmettere sia a livello europeo che a livello nazionale:

L’Europa ci protegge dagli eccessi delle classi politiche nazionali. Bisogna accrescere l’esistenza e la percezione della democrazia in Europa, e non credere che si parta da zero. Oggi possiamo avere un sistema di governance meno monomaniacale. E lo dico io che sono considerato germanista… possiamo permetterci di concentrarci su una crescita non inflazionistica e su una maggiore integrazione europea.

Grecia e Fiscal Cliff pesano sulle borse europee

 I mercati azionari europei hanno aperto la settimana di contrattazioni con molta cautela. Tutti i titoli europei sono in rosso e anche nel resto del mondo la situazione non è certo migliore.

La causa di questo rallentamento sta in due fattori fondamentali, quelli di cui si parla molto spesso in questo giorni: da un lato la questione greca e le operazioni di salvataggio per il paese ellenico, dall’altra il Fiscal Cliff, il maggiore cruccio di Obama appena rieletto al suo secondo mandato.

La questione della Grecia ha creato una profonda spaccatura nella troika (BCE, UE e FMI) che inciderà sulle decisioni che verranno prese a riguardo dell’economia disastrata dalla crisi di questo paese. Le opinioni maggiormente discordanti sono quelle dell’Eurogruppo di Jean-Claude Juncker e quelle del Fondo Monetario Internazionale di Christine Lagarde.

Altro nodo cruciale per le contrattazioni finanziarie è quello del Fiscal Cliff. Barack Obama ha annunciato la sua intenzione di tassare maggiormente gli stipendi più alti, ma la restante parte del Congresso (i repubblicani) hanno osteggiato fin dall’inizio questa metodologia.

In questa settimana, che si è aperta con grosse difficoltà del mercato azionario mondiale, con indici sempre più bassi e uno scarso volume di contrattazioni, sono attese delle decisioni importanti che dovrebbero lasciare spazio ad una ripresa del mercato.

Eurozona salva grazie agli interventi della BCE

 Tutti i paesi della zona dell’euro hanno subito i contraccolpi della crisi, anche la Germania, paese in cui l’economia e sempre rimasta molto solida, inizia ad avere dei problemi.

Ma, secondo gli esperti, il peggio dovrebbe essere passato e, se si è riusciti a evitare le conseguenze peggiori, è stato solo grazie agli interventi mirati della Banca Centrale Europea la quale, anche se a volte ha dovuto prendere delle decisioni impopolari e spesso osteggiata nelle sue scelte, ha fatto in modo che la crisi mondiale distruggesse i mercati dell’Euro.

I mercati stanno registrando dei lievi miglioramenti, che possono essere attribuiti anche alla ripresa dell’economia americana, anche questa lenta e difficile, ma comunque importante, e, soprattutto, la ripresa della domanda da parte dei paesi e delle economie emergenti.

Ma i rischi ancora ci sono. Si tratta soprattutto di rischi legati alla bassa crescita economica, alla crisi del debito sovrano e alla debolezza attuale del sistema bancario, messa ancor più in difficoltà dalla sua frammentazione e dai nuovi titoli di reversibilità. Tra gli strumenti approntati dalla BCE l’Outright Monetary Transactions, ossia interventi mirati al ripristino dei meccanismi di trasmissione della politica monetaria per quanto riguarda i titoli di Stato.

Una medicina a volte amara, quella della BCE, a cui si aggiungono gli interventi per la riforma strutturale necessari nei paesi che hanno subito maggiormente gli effetti della crisi, ma che, lentamente, sta dando i suoi risultati.