L’Ue taglia i fondi della Riforma Pac

Tagli per venticinque milioni di euro. Il bilancio comunitario dell’Unione Europea boccia questo quantitativo che sarà detratto dai fondi destinati alla Riforma Pac in procinto di partire nel 2014 e in vigore fino al prossimo 2020.

Manca una settimana al vertice di capi di Stato e di governo di tutti i Paesi europei. Un vertice fissato per discutere proprio del budget da destinare al presente settennato.

Le brutte notizie non mancano. Sono infatti miseramente falliti i tentativi di colmare il gap di nove miliardi di euro provocato dal buco finanziario del budget dell’anno scorso a disposizione della Pac.

Le cose, dunque, si complicano. Fortunatamente, gli aiuti del fondo di solidarietà per i terremotati dell’Emilia Romagna sono salvi.

Nel frattempo, il commissario europeo Dacian Ciolos, dice la sua su Twitter. Affidandosi al social network più famoso del momento, Ciolos ha giudicato con le seguenti parole l’operazione dettata dal bilancio comunitario Ue. Un’operazione spinosa che lascia molti addetti ai lavori con l’amaro in gola.

“È un interventi che riporta il bilancio Pac indietro di 30 anni che va contro gli sforzi di rendere la Pac più equa, più verde, più efficiente e colpisce i più deboli”.

Come reagirà il comparto agricolo a questa drastica riduzione dei fondi comunitari?

Cdp, il Qatar pronto ad aiutare l’Italia

Fondo Strategico Italiano e Qatar Holding danno vita a una Joint Venture del valore di 2 miliardi di euro.

A controllarla è la Cassa depositi e prestiti insieme alla società del Qatar. Le due parti hanno firmato un accordo che prevede la creazione di

Nasce una joint venture da 2 miliardi di euro tra il Fondo strategico italiano (Fsi) e la Qatar Holding. La holding controllata dalla Cassa depositi e prestiti e la società del Qatar hanno firmato un accordo per la creazione di «Iq Made in Italy Venture», una joint venture dotata di 300 milioni di euro iniziali e un capitale complessivo fino a 2 miliardi, che sarà versato in due somme uguali da Fsi e Qh nel corso dei primi quattro anni.

Di cosa si occuperà Iq Made in Italy Venture? A spiegarlo è il Fondo Strategico Italiano:

“Investirà nelle società italiane che operano in alcuni settori del Made in Italy: alimentare e distribuzione alimentare, moda e lusso, arredamento e design, turismo, stile di vita, tempo libero. Sono settori che rappresentano l’eccellenza italiana, contribuiscono in misura determinante alle esportazioni e presentano diverse aziende di elevata qualità, con un significativo potenziale di crescita e di espansione internazionale. La joint venture «investirà in aziende leader, creando valore attraverso diverse leve, incluso il consolidamento settoriale e la trasformazione attraverso la crescita, anche internazionale. Combinando la conoscenza locale di Fsi con la portata globale e la conoscenza del settore di Qh, la joint venture italo-qatarina sarà in grado di fornire alle aziende un insieme unico di competenze, potenziandone i processi di crescita». Iq Made in Italy Venture sarà gestita da Fsi e Qh con una governance paritetica. L’accordo è stato raggiunto grazie alle eccellenti relazioni tenute in occasione della visita del primo ministro Mario Monti in Qatar ed è una delle iniziative che appartengono a un quadro di cooperazione tra il Qatar e l’Italia”

 

In attesa del Fiscal Cliff Piazza Affari esulta

Piazza Affari ha aperto benissimo questa mattina. Un risultato inaspettato, se si pensa che il Fiscal Cliff preoccupa l’economia mondiale. Molti Paesi sono col fiato sospeso per via della decisione dell’Eurogruppo circa il versamento di una prima sessione di aiuti economici da inviare alla Grecia. Si parla di 44 miliardi.

Nel frattempo, come detto, Piazza Affari chiude benissimo la seduta. Occorre segnalare che il Ftse Mib guadagna il 3,01% e si porta a 15.297 punti.

Analizziamo la situazione dei mercati. Le Borse Usa fanno registrare un elevato rialzo. L’avvio di per se era già positivo in virtù dell’entusiasmo degli addetti ai lavori, i quali sperano che gli Usa evitino le conseguenze provocate dal Fiscal Cliff.

Il presidente Barack Obama e i responsabili del Congresso si sono dati appuntamento per la prima volta venerdì scorso dopo le elezioni presidenziali dei giorni passati e hanno concentrato le loro energie sugli sforzi da fare per comprendere come evitare il Fiscal Cliff, una combinazione di tagli automatici di spesa e aumento delle aliquote fiscali che potrebbero trascinare l’economia americana in una pesante recessione.

Come accennato, Martedì l’Eurogruppo darà un nulla osta provvisorio per quanto riguarda il  versamento di una tranche di aiuti da 44 miliardi di euro da recapitare alla Grecia, che dovrà però aspettare sino al 5 dicembre per ricevere i prestiti, sempre che rispetti tutte le condizioni previste.

 

Il Pil dell’Eurozona mette in dubbio le strategie anticrisi

 Il declassamento della Francia da parte di Moody’s, anche se i mercati hanno reagito particolarmente bene, è un chiaro segnale del grande problema che ancora imperversa su tutti i paesi dell’Eurozona che, per la seconda dal 2009, tornano in recessione.

Il 2013 sarà un anno di stagnazione economica, con la Germania che sta perdendo il suo ruolo di traino dell’economia, la Francia alle prese con in tagli del rating, Spagna e Italia che sono ormai in recessione conclamata e il Portogallo e la Grecia per i quali ormai si attende la caduta.

Si tratta, secondo Reuters, di una normale recessione tecnica dell’euro che però, data l’interazione di altri fattori, rilancia al ribasso le prospettive di ripresa attese per il prossimo anno.

La Germania potrebbe riprendersi abbastanza facilmente già dall’inizio dell’estate del 2013, la Francia dovrà scontare, nonostante la leggera crescita del Pil, le conseguenze del deterioramento dei bilanci bancari e la diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie.

L’Italia ha avuto una performance migliore di quanto stimato, ma è necessario continuare ad agire con cautela. Discorso diverso per la Spagna, dove l’unica soluzione sembra il ricorso al salvataggio europeo.

Sorprende l’Olanda, che va male (con una caduta del Pil dell’1,1% contro il -0,2% atteso) e l’Austria che prova a tenere (-0,1%). Nulla da fare per  Grecia e Portogallo che, dopo anni di recessione, non hanno avuto nessun miglioramento e mettono in discussione le strategie di salvataggio europeo.

Moody’s declassa la Francia, ma i mercati tengono

 Le agenzie di rating possono decidere la classe di appartenenza dei debito sovrani degli stati, ma alla fine l’ultima parola spetta ai mercati. E, stando quello che è accaduto dopo il declassamento della Francia, sembra che le agenzie di rating non siano tenute più molto in considerazione.

Prima la Francia ha subito il declassamento da parte di Standard & Poor’s in gennaio, poi oggi Moody’s annuncia che a Parigi non spetta più la tripla A, ma i mercati non hanno subito nessun movimento particolare: i tassi sono saliti dello 0,01% e lo spread con i Bund è passato da 72 a 74 punti base. Economist e Moody’s quindi hanno sbagliato? Non del tutto. Anche se la Francia non può essere certo definita come la “bomba a scoppio ritardato” di cui ha parlato l’Economist, la situazione non è comunque rosea.

La Francia è un paese che, come molti di quelli dell’Eurozona sta facendo i conti con la crisi: il debito pubblico ha superato la soglia del 90%, la spesa pubblica è al 56% del Pil e le imprese non sono più competitive.

Fanno ben sperare però le decisioni prese da Hollande. I tagli alla spesa, gli sgravi alle aziende e le manovre per far rientrare il deficit sono delle ottime mosse, secondo gli analisti, rimane solo il dubbio della tempistica.
Le decisioni dell’Eliseo sono ottime e in linea con le direttive europee, ma forse la Francia necessita di un intervento più deciso.

Fusione Fiat – Chrysler: Marchionne aumenta l’offerta

 Lo Special Committee di Cnh è un consiglio di indipendenti stipendiati dalla Fiat che ha il compito di vagliare le proposte che mano mano vengono fatte per creare le condizioni migliori per una fusione tra la controllata americana e la Fiat.

Le prime proposte avanzate (3,9 azioni per ogni titolo della controllata Usa) furono duramente criticate dagli investitori istituzionali e poi bocciate e, ora, Sergio Marchionne rilancia con una nuova offerta.

Il concambio offerto ora da Marchionne è di 3,82, per un dividendo pari a 10 dollari per ogni azione. Secondo i calcoli della Fiat

l’aggiunta di questo dividendo straordinario alla proposta di Fiat Industrial del 30 maggio rappresenta un miglioramento del 25,6% rispetto al valore implicito dell’offerta iniziale cui si deve aggiungere l’ulteriore valore dato dall’anticipata distribuzione del dividendo.

Anche se in questo modo si va a svuotare il portafogli della famiglia Agnelli, si tratta dell’unico modo in cui la famiglia potrà continuare a mantenere una parte di controllo sul capitale. Agli Agnelli rimarrà il 28%, fattore che renderà molto difficili eventuali scalate societarie di un gruppo italiano che, dopo l’accordo, diventerà olandese per la sede e americano per detenzione delle quote azionarie.

Il termine ultimo per la decisione è mercoledì 21 novembre entro le 23.59 (ora di New York) e l’accordo dovrà essere sottoscritto dalla varie parti in causa entro domenica 25 novembre 2012.

Europa e recessione, un binomio ormai consolidato

La recessione nell’Eurozona prosegue. Lo dimostrano i dati di previsione per il prossimo anno, il 2013. Tra i principali problemi vi sono il Prodotto Interno Lordo che non cresce e le stime dei bilanci parziali troppo negative. Troviamo questo alla base della recessione.

In particolare, il Pil in Europa non è cresciuto durante il 2012. Il Primo trimestre è stato a crescita zero, il secondo trimestre ha fatto invece registrare addirittura un -0,2% e l’ultimo dato che è quello del terzo trimestre denota ancora una fase di recessione con un -0,1%.Un lieve recupero che però non giova all’economia.

Dal canto suo, la Banca Centrale Europea (Bce) ha confermato che la crescita sarà debole nel 2013 anche con il sostegno della stessa Bce e con una maggiore fiducia registrata nei mercati.

Crescita debole Bce in Europa

Le stime sulla crescita dei prossimi anni sono state nuovamente al ribasso e il Pil dovrebbe crescere di poco nel 2013 e migliorare nel 2014.

Il terzo trimestre ha messo in evidenza come anche Germania e Francia abbiano rallentato. Il Pil in questi Paesi è cresciuto dello 0,2%. La Spagna è in recessione come l’Italia e il Pil ha fatto segnare un -0,3% rispetto al trimestre precedente. Dati negativi anche per il Portogallo, anzi ancora in peggioramento con un -0,8% del Pil. Cipro ha fatto registrare un -0,5%, Austria e Olanda un -0,1%. Bene la Finlandia che è passata da un -1,1% ad un più 0,3%.

L’economia tedesca sempre più a rischio, gli Usa sono la nuova speranza

 La Germania, fino a questo momento, è stata considerata il motore dell’Europa, ma la crisi sta facendo sentire i suoi effetti e l’economia del paese della lady di ferro rallenterà la sua crescita. La tendenza è stata confermata dal rapporto di novembre della Bundesbank.

Ancora, grazie ai frutti degli investimenti passati, la situazione è controllabile ma il presidente Weidmann avverte: se non si prenderanno provvedimenti adeguati, entro fine anno lo scenario potrebbe irrimediabilmente cambiare.

Dalla Bundesbank arrivano avvertimenti ben precisi: l’unione bancaria per il salvataggio delle banche in difficoltà non può essere una soluzione per la crisi.

Se fatta in modo corretto, l’unione bancaria può essere un pilastro importante, perfino per sostenere un’unione monetaria stabile. Ma non è la chiave per risolvere la crisi e non dovremmo pretendere che lo sia.

A dare la possibilità ai mercati finanziari stanno subentrando, al posto della Germania, gli Stati Uniti. Sono le decisioni che il presidente Obama ha preso e prenderà sul Fiscal Cliff, e la possibilità, sempre più concreta, di un accordo al Congresso, a dare nuova linfa vitale ai mercati.

Reputiamo che il sentiment positivo sui mercati sia legato all’aumento delle attese degli investitori su un esito favorevole delle trattative tra democratici e repubblicani al Congresso per risolvere il problema del fiscal cliff, il precipizio fiscale, tagli alla spesa automatici e aumento dell’imposizione fiscale per un ammontare complessivo di 607 miliardi di dollari ovvero il 4% del pil del Paese a stelle e strisce.

afferma Filippo Diodovich, market strategist di IG.

Telecom e Sawiris, si deciderà il 6 dicembre

 Il magnate egiziano Sawiris vuole una parte delle quote della Telecom. In una intervista al Financial Times, pur non riferendosi direttamente all’azienda di Bernabè, ribadisce il suo interesse ad entrare in Telecom:

Quando hai sempre fatto affari nelle tlc è difficile lasciarle. Weather II (il veicolo presieduto da Sawiris), intende allocare parte del suo capitale in questa direzione quando le condizioni sono favorevoli. Per la prima volta in vita mia ho zero debiti personali e zero debiti delle mie società. In questo contesto è una posizione salutare.

Quello che succederà lo si saprà solo il 6 dicembre, dopo il cda Telecop al quale parteciperanno sia il presidente Franco Bernabè che l’ad Marco Patuano, il quale si trova in una posizione difficile, dal momento che la sua entrata in Telecom avrebbe dovuto risollevare le sorti della telefonia mobile, cosa che non è avvenuta.

Patuano non sembra essere d’accordo con l’entrata di Sawiris nella società, anche se questo porterebbe un consistente aumento di capitale da sfruttare per allargare il giro di affari in America Latina. Si prospetta un cda difficile, dal quale potrebbe anche nascere una rottura definitiva tra i quadri aziendali, che porterebbe all’estromissione di uno dei due.

General Motors vuole tenersi Opel

 Durante la sua trasferta a Rüsselsheim, in Germania, Dan Akerson, presidente del gruppo General Motors, smentisce le voci su una possibile rottura con il gruppo Opel. E lo fa davanti a 5000 dipendenti dell’azienda, preoccupati per la possibilità, non proprio remota, dati le ultime vicissitudini del comparto automobilistico in Europa e nel resto del mondo, di perdere il posto di lavoro.

Non chiuderemo né molleremo perché siamo un’azienda globale e l’Europa resta indispensabile: abbiamo bisogno di un forte sviluppo prodotto, di centri design e di una rete di concessionari efficace e Opel ha tutte queste cose.

Queste le parole del presidente di General Motors che ha voluto rassicurare i dipendenti Opel che, nonostante i tagli annunciati di circa 2.600 addetti e le altre misure volte al contenimento delle perdite, la GM continuerà a dare il suo sostegno.

Dan Akerson ha confermato che la Opel, grazie ai due nuovi modelli (Mokka e Adam), c’è la possibilità di vendere fino a un milione di nuove autovetture e che, dato che gli impianti hanno un eccesso di produttività, anche la produzione dei modelli della Chevrolet saranno di competenza Opel.

Una strada da percorrere per riuscire a tornare, entro il 2015, ad un pareggio di bilancio dopo dieci anni di perdite.