La Tares arriva a gennaio e sarà più cara

 La Tares, che sarà la sostituta della Tarsu o della Tia, sarà più cara perché dal suo gettito si dovranno trovare le risorse non solo per la gestione dei rifiuti, ma anche per l’illuminazione pubblica, per la manutenzione delle strade etc. Altra differenza con le tasse finora applicate è che la Tares non sarà pagata solo dai proprietari di immobili ma anche da tutti coloro che “occupano o detengono locali o aree scoperte”.

La maggiorazione della tassa sarà mediamente di 30 centesimi (che potranno arrivare anche a 40 in base alle ordinanze delle amministrazioni locali) al metro quadrato, che serviranno per finanziare quelli che vengono chiamati “servizi indivisibili”, oltre all’illuminazione e alle strade sotto questa denominazione ricadono anche asili nido e assistenza domiciliare.

In tutto si stima che nelle casse dello Stato dalla Tares arriverà circa un miliardo di euro, che saranno risparmiati dall’Amministrazione centrale con il taglio del trasferimento di risorse ai comuni.

Come per l’Imu, la cui terza e ultima rata dovrà essere pagata entro oggi per non incorrere in sanzioni, anche la Tares sarà pagabile a rate. Il legislatore ne ha previste quattro (gennaio, aprile, luglio e dicembre): le prime tre saranno calcolate in base agli importi già previsti per le Tarsu e Tia più i trenta centesimi al metro quadrato; mentre la rata di dicembre dovrà essere calcolata in base alle aliquote dei singoli comuni.

Scadenza Imu, le sanzioni in caso di ritardo

 Oggi (17 dicembre) scade il termine ultimo per il pagamento dell’Imu, la tassa sulla casa introdotta dal Governo Monti. Per tutti  coloro che non riusciranno a versare la terza e ultima rata dell’Imu sono previste delle sanzioni, che il governo ha voluto però rendere più morbide in base al principio del ravvedimento operoso: chi riesce a mettersi in regola entro pochi giorni pagherà una mora più bassa.

Infatti, non tutti i mancati pagamenti o i ritardi possono essere imputati a negligenza dei cittadini: l’Imu è una nuova tassa sulla quale c’è stata un’incertezza legislativa prolungata che ha messo in difficoltà i cittadini nei conteggi, che dipendono  inoltre, dalle singole aliquote comunali.

Nel dettaglio le sanzioni previste sono:

– fino a due settimane di ritardo: mini-sanzione pari allo 0,2% per ogni giorno di ritardo;

– dal quindicesimo al trentesimo giorno3% per ogni giorno di ritardo;

dai trenta giorni fino ad un anno di ritardo: sanzione pari al 3,75% dell’imposta dovuta.

A queste percentuali sul totale dovuto si devono aggiungere gli interessi legali per il ritardo che hanno un tasso annuale del 2,5%. Dopo l’anno non si può più usufruire del ravvedimento operoso, per cui, chi ritarda più di dodici mesi la sanzione sarà pari al 30% del totale dovuto.

 

 

Evasione fiscale, una voragine nelle casse dello Stato

 L’evasione fiscale è una delle peggiori piaghe italiane. Secondo il rapporto della Guardia di Finanza mancano all’appello ben 41 miliardi di euro, una cifra desinata a salire con il proseguire dei controlli. Di questi 28 miliardi soldi non denunciati e 13 quelli che, invece, sarebbero finiti in conti correnti esteri.

Per tutto l’anno la Guardia di finanza ha passato al setaccio le attività commerciali italiane riscontrando irregolarità nell’emissione di scontrini o fatture in un esercizio su tre. 7.500 gli evasori totali, ai quali si aggiungono ben 600 milioni di euro non pagati all’Iva.

10.000 denunce per reati tributari, 150 delle quali trasformate in arresto. 375 quelle per frode fiscale e riciclaggio e una segnalazione all’Agenzia delle Entrate di 170 milioni di euro di basi imponibili sottratte all’imposizione fiscale.

Numeri enormi a cui si aggiunge anche la difficoltà per le forze dell’ordine a recuperare il capitale: la GdF ha sequestrato beni per oltre 2 miliardi e 300 milioni di euro, ma ne sono stati incassati solo 900 milioni. I capitali più difficili da recuperare sono quelli che sono stati portati all’estero (per ora le indagini hanno portato ad individuare 2.180 violazioni per un valore pari a 102 milioni di euro, e di sequestrare denaro e titoli per circa 44 milioni di euro).

 

Gli emendamenti al ddl stabilità in dieci punti

 I tecnici del Governo hanno lavorato tutto il fine settimana per perfezionare il nuovo pacchetto di emendamenti per la il ddl stabilità che, dopo questo passaggio in Commissione Bilancio del Senato, arriverà domani mattina al Governo.

Sono tante le novità previste dagli emendamenti, vediamole nel dettaglio.

1. Possibilità di richiedere congedi parentali anche “su base oraria

2. Nascita della fattura elettronica

3. Diritto di prelazione per locatari e concessionari di immobili pubblici da 50 anni  per l’acquisto “al prezzo di mercato”

4. Creazione di un nuovo supercommissario per la gestione dei rifiuti di Roma e provincia.

5. Autocertificazione del rischio prorogata al 30 giugno per i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori.

6. Risorse pubbliche per finanziare gli obblighi di servizio pubblico nel settore trasporti in favore di Trenitalia.

7. Slittamento al primo marzo 2013 del termine entro il quale Mps potrà emettere le obbligazioni da vendere al Tesoro (Monti-Bond).

8. Aiuti a imprese e lavoratori autonomi che abbiano subito danni indiretti (e anche per quelli che hanno subito in danno economico) dal terremoto in Emilia Romagna.

9. Stanziamento di 850 milioni di euro per gli Enti locali (450 milioni ai Comuni, 150 alle province che saranno ristrutturate tra un anno)

10. Proroga contratti in scadenza dei lavoratori a tempo della Pa al 31 luglio.

 

Piccole e medie imprese schiacciate dalla pressione fiscale: più della metà chiede prestiti

 L’indagine condotta dalla Confartigianto e dall’Istituto Ipso ra il 6 il 12 dicembre su un campione di imprenditore dell’artigianato ha messo in evidenza come la situazione delle piccole e medie imprese italiane sia davvero difficile. Negli ultimi tempi è stato rilevato un aumento della pressione fiscale pari al 22,6% che ha delle pesanti conseguenze sul credito delle aziende, costrette a chiedere prestiti per far fronte alle incombenze fiscali, con una conseguente diminuzione degli investimenti e degli occupati.

Le aziende costrette a chiedere un prestito, secondo i dati dell’indagine, sono il 58%, mentre il 33% degli imprenditori ha dovuto ritardare il pagamento dei fornitori, il 29% ha rinunciato a fare investimenti in azienda. La pressione fiscale, poi, è stata causa del ritardo dei pagamenti delle imposte per il 26% delle imprese.Una situazione del genere non può che avere anche delle conseguenze sui dati che riguardano l’occupazione, sia quella attuale che le prospettive future. Circa il 16% delle imprese non può assumere e sono il 16% quelle costrette a ricorrere a licenziamenti o ad ammortizzatori sociali.Come sottolinea il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti le entrate fiscali sono cresciute di 24,8 miliardi nel 2012 e hanno raggiunto il 44,7% del Pil: tra il 2005 e il 2013 è stato stimato che l’incremento delle entrate fiscali ‘assorbe’ il 97,3% dell’incremento del PIL.

 

 

 

Scandalo tassi interbancari: come cambierà la situazione?

 Perquisizioni, arresti e indagini che continuano a portare a galla una situazione che da qualche anno sta mettendo in ginocchio molte famiglie che hanno contratto un mutuo o altri tipi di prestiti. Troppe poche persone a controllare il valore dei tassi di interesse che così, invece di riflettere la situazione economico-finanziaria generale, erano solo l’espressione delle convenienza per l’uno o l’altro istituto.

Londra con le sue banche è stata la prima vittima degli accertamenti, mentre poi è toccato anche a molte delle banche dell’Unione Europea, senza tralasciare lo scandalo che ha colpito la Deutsche Bank.Le indagini hanno portato a scoprire che tutti i tassi bancari sono stati oggetto di aggiustamenti vari, a partire dal Libor, passando per l‘Euribor e tutti gli altri tassi internazionali: Tibor (Giappone), Hibor (Honk Kong), Sibor (Singapore) e Jibor (Sud Africa). Una possibilità data alle banche proprio in base al meccanismo di definizione di questi tassi che coinvolge solo una minima parte degli istituti bancari, che in questo momento temono di essere accusati di creazione di un cartello, il che le porterebbe a dover pagare delle multe milionarie come risarcimento ai propri clienti.

Sono ora le banche centrali, tra cui al primo posto figura la BCE a doversi prendere in carica questo compito. Accanto alla BCE si sono candidate anche le agenzie di informazione finanziaria come Bloomberg e Thomson Reuters e le società di Borsa che stilano gli indici dei loro mercati. Qualunque sia la decisione che verrà presa le banche non potranno che risentirne: se la definizione dei tassi non sarà più in mano loro vorrà dire che si farà in base alle reali transazioni sul mercato interbancario, il che vuol dire una grande perdita di indipendenza e, soprattutto, di guadagni.

Fitch conferma rating italiano: “A-“

 Giudizio negativo di Fitch per il debito italiano. Il rating del nostro paese rimane a “A-” con outlook negativo. Certo non una buona notizia, ma comunque una conferma che, nonostante le previsioni restino negative, l’agenzia di rating ha ben giudicato il processi di consolidamento fiscale messo in atto dal governo e le riforme strutturali di questi ultimi tempi.

Secondo Fitch il deficit del budget per quest’anno sarà sotto il 3% del Pil, un calo notevole rispetto al 5,9% del 2009.L’agenzia di rating ha fiducia soprattutto negli sviluppi futuri del paese, che potrebbero portare ad una stabilizzazione dell’outlook, sempre che le riforme strutturali di cui si è tanto parlato continuino ad essere messe in atto anche nel caso di un cambio al vertice dello stato. Fitch crede che, alla credibilità del potenziale di solvibilità al lungo termine per l’Italia, concorreranno soprattutto riforme strutturali per la competitività e il potenziale di crescita dell’Italia e i bassi rischi legati al settore bancario.L’outlook negativo è stato confermato in ragione della possibilità che il rapporto debito/Pil potrebbe non scendere a partire dal 2014 e del’instabilità politica italiana, la quale potrebbe portare ad una nuova sfiducia nei riguardi del debito sovrano italiano.

Sull’outlook pesa anche la situazione generale dell’Eurozona. La possibilità di un persistere della crisi, se non quella di un suo peggioramento, non possono dirsi completamente scongiurate.

 

 

L’Imu ruba le tredicesime

 Domani 17 dicembre è l’ultimo giorno utile per il pagamento della terza e ultima rata dell’Imu, almeno per quest’anno. Nelle casse pubbliche arriveranno i 14/15 miliardi previsti, che andranno in parte ai Comuni e in parte allo Stato.

Diverse le stime del gettito complessivo che finirà all’Erario: la Cgia di Mestre e la Uil hanno stimato circa 21 miliardi complessivi, mentre per la Confcommercio il gettito totale sarà di 28 miliardi. Comunque sia per gli italiani l’Imu è stata un vero e proprio salasso che si ripeterà anche nel 2013 e nel 21014.

Una tassa indigesta che ha reso il Natale più povero. Infatti, dopo la prima rata pagata dagli italiani secondo l’aliquota minima dello 0,4% (si parla sempre di Imu sulla prima casa) più di un quarto dei Comuni ha alzato la tariffa. Il 3,2% delle amministrazioni locali ha deciso di imporre l’aliquota massima prevista per la prima casa, mentre l’aliquota massima sulla seconda casa è stata la scelta del 56% dei Comuni.

Una tassa, l’Imu, che si è fatta beffa delle tredicesime degli italiani. Quasi la metà, infatti, è stata utilizzata per pagare l’imposta sugli immobili, andando ad erodere ciò che rimane per l’utilizzo tradizionale di questo doppio stripendio, ossia i regali di Natale e il tipico cenone, per i quali gli italiani, secondo la Uil, spenderanno il 5% in meno dello scorso anno.

Aumento delle tariffe dei servizi pubblici, lo studio della Cgia

 Secondo la Cgia di Mestre la spesa annua per le tariffe dei servizi pubblici, come acqua, gas e rifiuti, negli ultimi dieci anni ha subito un aumento del 43,4% (corrispondenti a 601 euro in più per famiglia) causati, in larga parte da un aggravio fiscale che deriva da liberalizzazione e dai tagli ai trasferimenti.

Nel complesso la Cgia ha registrato, incrociando i suoi dati con quelli dell’Istat relativi a popolazione e inflazione (che nel corso di questi dieci anni ha subito un aumento del 24,5%), un aumento del 71,8% dell’acqua, un +59,2% per il gas e il 56,3% per la tassa sui rifiuti.

Questo vuol dire che gli italiani sono passati da una spesa media di 1.385 euro a famiglia nel 2002 ai 1.986 del 2012.

Secondo il segretario degli artigiani di Mestre Giuseppe Bortolussi, la causa di questi aumenti delle tariffe sarebbero la conseguenza delle liberalizzazioni che in questi settori non hanno dato vita agli effetti sperati. Ma gli aumenti non si sono limitati a queste voci. A costituire un esborso maggiore per le famiglie ci sono anche i trasporti ferroviari (+47,8%), i pedaggi autostradali (+47,6%), i trasporti urbani (+46,2%), l’energia elettrica (+41,8%) e servizi postali (+28,1%).

Fanno eccezione solo le tariffe telefoniche che si sono abbassate del 7,5% nel corso del decennio preso in esame.

Bortolucci ricorda anche che, nonostante i prezzi dei servizi siano molto alti, rimangono comunque tra i più bassi d’Europa, anche se la qualità dei servizi stessi non è migliorata di pari passo con l’aumento dei costi.

 

 

Chi paga per il ricongiungimento pensionistico?

 La riforma delle pensioni del Ministro Fornero ha riportato la situazione del ricongiungimento pensionistico alle origini. Una buona fetta di lavoratori che hanno effettuato il passaggio dall’impiego pubblico a quello privato potranno avere un solo assegno pensionistico a costo zero. Sicuramente una buona notizia, ma questa operazione ha comunque un costo che qualcuno deve sostenere.

Il costo totale si aggira sui 900 milioni di euro, una cifra esorbitante, che sarà presa dalle risorse già stanziate per la detassazione del salario di produttività. Si tratta sempre della solita coperta troppo corta che se si tira per coprire un lato, c’è il rischio che l’altro rimanga al freddo per tutta la notte. E, anche questa volta, a rimanere al freddo sono i lavoratori (quelli che la pensione forse neanche ce l’avranno mai) e, in misura minore, le aziende.

Questa perché una parte 900 milioni arriveranno da una sorta di tassazione indiretta: i lavoratori che per gli accordi di produttività lavoreranno di più, vedranno assottigliarsi gli sconti fiscali sulla parte di salario che avrebbe dovuto ‘aiutare’ l’azienda ad alzare i tassi di produttività, lo sviluppo, l’occupazione.

L’altra parte della somma necessaria a sostenere il costo della ricongiunzione non onerosa, sarà prelevata dalle pensioni di coloro che godranno di questa riforma: la nuova ricongiunzione, infatti, darà luogo ad un assegno pensionistico più basso rispetto a quello che sarebbe derivata secondo le vecchie leggi.