Lagarde ammonisce USA: il problema è il Fiscal Cliff, non la crisi europea

 In una intervista alla CNN Christine Lagarde, il numero uno del Fondo Monetario Internazionale, parla con lucidità e chiarezza della situazione economica mondiale e ha invitato gli Stati Uniti a cercare una soluzione al Fiscal Cliff prima che il tempo utile per farlo scada, senza però guardare al problema della crisi dell’Eurozona, perché:

L’economia statunitense è meno vulnerabile a ciò che accade all’esterno, per esempio in Europa o in Cina. Questo non vuol dire che non ci sono conseguenze che arrivano dalla crisi in Europa ma si tratta di conseguenze minori: gli Stati Uniti sono più esposti alle loro stesse difficoltà che a ciò che accade altrove nel mondo.

Nel caso in cui le due parti in causa non riuscissero a trovare un accordo per la riduzione del debito, gli Stati Uniti andrebbero incontro ad un nuovo declassamento, come già accaduto nel 2011 durante le trattative sul tetto del debito, e ad una forte recessione in un momento in cui l’economia americana sembra risollevare la testa. Il capo del FMI invita repubblicani e democratici a cercare

un approccio equilibrato che preveda un aumento delle entrate, alzando le tasse e creando nuove fonti di entrate, e tagli alla spesa pubblica.

 

Il Decreto Milleproroghe ci sarà anche quest’anno

Il Governo Mario Monti sembra ormai essere giunto al capolinea, ma nella corsa contro il tempo per l’approvazione degli emendamenti presentati, figura un decreto che sarà inserito in extremis nel ddl Stabilità, e che potrebbe giovare ad una fetta consistente di italiani.

Stiamo parlando del decreto Milleproroghe, il quale potrebbe passare alla storia come uno degli ultimi approvati dall’esecutivo nella sua breve vita.

Si tratta di un decreto che solitamente viene approvato dal Governo alla fine dell’anno e quest’anno rischia di non vedere la luce. Da qui sorge l’idea e l’esigenza di inserire nel ddl per la stabilità tutte le proroghe necessarie, mediante due emendamenti studiati ad hoc.

Ecco cosa ha dichiarato in proposito il senatore del Popolo delle Libertà, Paolo Tancredi:

“Il Milleproroghe verrà inserito nella legge di Stabilità. Ci sarà così anche la possibilità di trovare una soluzione per il problema dei precari. Abbiamo poi presentato, come relatori, un emendamento che prevede il rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga e del fondo per gli ammortizzatori, che viene riportato a un miliardo e 300 milioni di euro. Infine, lunedì presenteremo un emendamento che prevede il trasferimento dell’Imu ai Comuni. Con questi primi emendamenti in accordo con il governo, si cercherà di risolvere alcune questioni in discussione da parecchio tempo”.

In arrivo la stangata per il ceto medio

Il ceto medio italiano rischia di essere messo in ginocchio dalle troppe voci economiche in uscita.

Si pensi all’Imu (fresca di introduzione), agli aumenti dell’Iva, all’incremento delle accise su benzina, all’addizionale Irpef regionale sui nuclei italiani.

Volendo fare un conto unico, parliamo di un aggravio fiscale pari a 726 euro pro-capite. Ogni famiglia dovrà pagare tanto in più rispetto al 2011. Una vera e propria stangata, che arriva peraltro nel momento di salute peggiore della crisi.

Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia di Mestre, rileva:

“Se si continua ad agire solo sulla leva fiscale siamo destinati ad avvitarci in una crisi dalla quale difficilmente riusciremo ad uscirne in tempi brevi”.

Perché la situazione rischia di tramortire l’intero ceto medio? A spiegarlo è proprio Bortolussi, il quale commenta i dati Cgia:

“Le simulazioni su tre tipologie di famiglie realizzate dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, alla luce delle novità fiscali introdotte sia dal Governo Berlusconi che da quello Monti, mostrano, ad esempio per un giovane operaio senza familiari a carico, con un reddito poco inferiore ai 20.000 euro e con un’abitazione di 60 mq, un aumento del prelievo fiscale pari a 405 euro. Particolarmente pesanti sono gli aumenti riconducibili all’impennata di accise e Iva sui carburanti (+199 euro) e all’introduzione dell’Imu sulla prima casa (+120 euro). Nel 2013 la maggiore tassazione sul 2012 sarà di 55 euro e scenderà a 16 euro nel 2014. Al termine del triennio, rispetto al 2011, questo operaio pagherà 477 euro euro in più”.

 

Prove di accordo sul Fiscal Cliff

Il Fiscal Cliff americano è l’argomento all’ordine del giorno in diverse parti del mondo. Si tratta, infatti, di un problema che non riguarda solo gli Stati Uniti, ma che, nel caso l’accordo non venga raggiunto, avrà delle pesanti ripercussioni sui mercati internazionali.

Repubblicani e Democratici partono da due punti totalmente opposti e sarà molto difficile che si possa riuscire a trovare un accordo indolore per entrambe le parti: per Obama l’unica soluzione è quella di alzare le tasse per i più ricchi in modo da salvaguardare il ceto medio e far, così, ripartire l’economia, mentre i repubblicani non possono accettare questa soluzione, che sarebbe un tradimento per la classe a cui appartengono.

Ma il tempo stringe. Il termine ultimo per arrivare ad un accordo è la fine del 2012. Se non lo si troverà, il Fiscal Cliff – che consiste in un aumento delle tasse e nel taglio della spesa pubblica – partirà automaticamente.

Per questo Barack Obama ha ricevuto a sorpresa il repubblicano John Boehner, speaker della Camera, per cercare di arrivare, almeno, allo sblocco dei negoziati. Un lungo incontro, al termine del quale, però, nessuna delle due parti in causa ha rilasciato delle dichiarazioni ufficiali. Entrambi si sono detti favorevoli a risolvere il problema con tutti i mezzi a disposizione e a lasciare aperto il canale di comunicazione tra le due parti.

La crisi frena i consumi, ma non gli acquisti online

Il rovescio della medaglia della crisi. Gli italiani fanno i conti con un aumento generalizzato delle imposte, al quale per moltissimi si aggiunge il pagamento dell’Imu, da realizzare entro e non oltre il prossimo 17 dicembre.

I consumatori sono sempre più alle prese con tasse e debiti, ai quali dedicano una parte consistente della loro tredicesima. Quella parte che, nella più rosea delle previsioni vorrebbero destinare ai consumi.

Questi ultimi, come fa notare Confcommercio, sono invece (e ce lo si aspettava) in calo di 0,22 miliardi. Confesercenti evidenzia:

“Nel complesso gli italiani spenderanno per Natale 36,8 miliardi, oltre il 3% in meno rispetto al 2011 quando furono 38 miliardi. Con un risparmio che parte dalla spesa in regali, il budget medio scenderà a circa 550 euro, e arriva ai viaggi di fine anno”.

La crisi non ‘tocca’, però, i cenoni. Gli italiani, si sa, rinuncerebbero a tutto ma non al piacere di riempire la propria tavola di ogni ben di Dio.

La novità del 2012, tuttavia, è un’altra. Frenano i consumi ma il rovescio della medaglia dice che crescono e di gran lunga per giunta gli acquisti online. In rete ci sono oltre 5 milioni di compratori. Mezzo milione in più rispetto al 2011.

Pare addirittura che il 34,5% di loro comprerà più regali dello scorso anno, con volumi di vendita in grado di superare i 10 miliardi di euro. Alla faccia (l’altra faccia) della crisi.

Successo per il buy back della Grecia

 L’operazione di riacquisto dei titoli di debito da parte del governo ellenico ha avuto gli effetti sperati. Nelle casse dello stato ellenico erano disponibili solo 15 miliardi di euro per per acquistare un ammontare della sua esposizione pari a 45 miliardi e l’unica soluzione era quindi di proporre un acquisto dei titoli di stato ad un valore minore di quello facciale (tra il 30 e il 40%).

L’operazione è partita lunedì mattina e si è conclusa ieri nel pomeriggio e l’obiettivo è stato raggiunto. Ora che il buy back si è concluso bene, le tensioni sulla Grecia si stanno allentando e, nei prossimi giorni, si attende il vertice tra Fondo Monetario Internazionale e Unione Europea per decidere le modalità di aiuto per il paese. La riduzione del debito era la conditio sine qua nonper ottenere gli aiuti, ma rimane ancora da vedere se la Germania manterrà la sua promessa.Infatti, lo zoccolo duro per il rilascio degli aiuti internazionali alla Grecia è proprio la cancelliera tedesca, poco favorevole in quanto i costi di questa misura di emergenza potrebbero essere maggiori dei benefici per la Germania. E’ stato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble in un’intervista a ‘Bild am Sonntag’ a rilanciare i dubbi sugli aiuti, dopo che Angela Merkel aveva dato un primo consenso.

Infatti sia nel caso che la Germania rinunci agli interessi o alla sua quota di partecipazione ai profitti della BCE, il costo per il paese sarebbe comunque alto (130 miliardi di euro nel primo caso e 2,7 nel secondo). Il ministro comunque ribadisce che

i vantaggi che abbiamo dalla moneta unica sono molto più grandi del costo di tutte le misure di aiuto.

Grecia: stop al buy back e protezione per le banche

 Scade oggi alle 17 (orario di Londra) l’offerta del governo greco di riacquisto dei titoli di stato. Poche ore ancora per gli istituti di credito ellenici che dovranno decidere se e in che misura aderire all’offerta di acquisto, poi l’operazione sarà conclusa.

Il governo ellenico non ha intenzione di portare avanti il buyback partito qualche giorno fa, a smentire quanto riportato dal giornale Kathimerini che aveva ventilato l’ipotesi di un possibile allungamento dei termini per la scadenza. La posizione del governo non è cambiata da quanto annunciato all’inizio dell’operazione, anzi, è molto probabile che al buyback si aggiungerà un ulteriore manovra per la salvaguardia delle banche da possibili richieste di risarcimento da parte di clienti scontenti per le perdite subite.

Infatti, i titoli di stato che sono oggetti del buyback saranno riacquistati per cifre comprese tra il 30 e il 40% del valore delle obbligazioni al momento del loro acquisto d parte degli investitori.

Se dovesse partire una richiesta di risarcimento di massa da parte di coloro che, attraverso questa operazione, rischiano di perdere una parte sostanziosa del capitale investito, le banche greche si troverebbero ad affrontare una situazioni molto difficile, che si va ad aggiungere al declassamento del debito di lungo termine della Grecia da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s

Dal 2013 la produzione Apple torna in America

Apple è pronta a lasciare la Cina e spostare nuovamente la produzione di personal computer Mac negli Usa. Lo ha reso noto Tim Cook, amministratore delegato del colosso di Cupertino, durante un’intervista rilasciata a Bloomberg:

 «Ciò non significa che la Apple farà da sola ma lavoreremo con qualcuno e investiremo il nostro denaro»

Cook ha dunque confermato che una delle brand-line di Apple saranno fabbricate solo ed esclusivamente negli States. Si tratta di una nuova politica, finalizzata ad allontanare alcune critiche piovute di recente circa lo scarso aiuto da parte di Apple all’alimentazione dell’occupazione americana. L’azienda di Cupertino è tacciata di non aiutare gli States a riprendersi dalla crisi finanziaria. Cook, però, su Nbc ha detto:

«Stiamo lavorando da anni per sostenere di più gli Stati Uniti»

Alcune ore dopo l’annuncio dell’azienda californiana, il gruppo Foxconn Technology, considerabile come il principale fornitore di Apple con base a Taiwan, ha dichiarato ieri di volersi espandere in Nord America. Foxconn Technology è un gruppo che conta 1,6 milioni di impiegati, vanta già fabbriche di componenti in California e Texas.

Bloomberg lo descrive così:

“Al momento è il principale produttore di iPod, iPad e iPhone. Sebbene la convergenza delle dichiarazioni di Apple e Foxconn non sembri casuale, non è stata espressa alcuna intenzione, da parte di Apple, di incaricare l’azienda taiwanese per la sua produzione in Usa”.

Controlli fiscali anche per Facebook Italy

 Sono le aziende tecnologiche ad interessare in modo particolare al fisco, non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa. Dopo l’interrogazione parlamentare per Google, che non avrebbe pagato tributi in Italia per circa 96 milioni di euro, adesso è l’azienda fondata da Mark Zuckerberg a essere stata messa sotto controllo.

Le motivazioni sono le stesse: le grandi multinazionali della tecnologia sfrutterebbero le lacune delle leggi tributarie dei vari paesi per non versare quanto dovuto. Nel caso di Facebook Italy, che è una società a responsabilità limitata e appartiene al gruppo Facebook Global Holdings, LLC (Limited Liability Company) con sede nel Delaware, stato che permette alle aziende che vi hanno sede ma che non operano negli Stati Uniti di pagare solo un’imposta fissa annuale di poche centinaia di dollari e nessuna tassa sugli utili.

Per la legge italiana questa modalità operativa non è legale, in quanto la sede italiana di Facebook è una “stabile organizzazione” e quindi deve pagare la sua quota di imposte sul fatturato secondo quanto previsto dalla legislazione nostrana.

Da Facebook replicano:

che la società paga le tasse in Italia come parte della sua attività nel Paese e rispetta molto seriamente i propri obblighi ai sensi della legislazione italiana in materia fiscale. Facebook lavora a stretto contatto con le autorità fiscali di ogni Paese in cui opera per garantire la conformità con la legislazione locale. Facebook ha cooperato pienamente con la Guardia di Finanza nel corso delle indagini e intende continuare a farlo.

Le tre tappe di Van Rompuy per la ricapitalizzazione delle banche

 In sostanza il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy chiede ai paesi dell’Unione Europea di delineare, entro e non oltre il mese di marzo, lo schema di funzionamento della ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del meccanismo di stabilità Esm, che dovrà lavorare in accordo con la super BCE (il controllo unico della BCE per le banche europee).

A Van Rompuy si uniscono anche le voci dei presidenti di Commissione Josè Manuel Barroso, della Bce Mario Draghi e dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker, che si riuniranno la prossima settimana per ridiscutere i termini degli accordi.

Nel rapporto presentato da Van Rompuy si propone un percorso per una maggiore integrazione dei conti pubblici nei 17 paesi dell’Eurozona, che dovrà essere seguito in tre tappe, il cui obiettivo è di frenare l’attuale crisi e di mettersi al riparo da quelle future.

Il primo passo da fare è la definizione del meccanismo di vigilanza unico per il settore bancario da parte della BCE, l’armonizzazione dei sistemi nazionali di risoluzione e dei meccanismi di garanzie sui depositi, e il sistema di ricapitalizzazione diretta delle banche da parte dell’Esm.

A seguire, sarà necessario creare un’autorità comune per la risoluzione e un meccanismo di coordinamento delle politiche di riforme. Dopo il 2014, la terza tappa: la creazione di una “risorsa indipendente e centrale” che sia in grado di “assorbire gli shock economici”