Principali misure del decreto per il taglio dei costi della politica

 Le votazioni di questa mattina della Camera hanno, di fatto, approvato gli oltre 700 emendamenti contenuti nel decreto legge per la riduzione dei costi della politica, con il favore di tutti i gruppi: 368 i favorevoli, 5 i contrari e 75 gli astenuti (Lega e IVD).

Quali saranno i principali cambiamenti se il decreto passerà indenne anche al vaglio del Senato?

La Corte dei Conti, che avrà voce in capitolo per quanto riguarda i bilanci preventivi e il rendiconto consuntivo di Regioni ed enti locali, non potrà, però, fare lo stesso con i singoli atti normativi, amministrativi e di programmazione.

E’ stato previsto un tetto per gli stipendi dei presidenti delle regioni, non potranno superare i 13.800 euro lordi, e a quelli dei consiglieri che saranno limitati a 11.100 euro. Allo stesso tempo non sarà più possibile accumulare indennità ed emolumenti e, nel caso in cui non ci sia adeguamento ai tagli di bilancio saranno consiglieri e assessori a pagare con la decurtazione del 50% dell’immunità.

Stretta anche per spese di rappresentanza, con un giro di vite sulle spese destinate ad auto blu, convegno e sponsorizzazioni. Anche il numero di consiglieri e assessori sarà adeguato al numero degli abitanti della regione.

Uno dei provvedimenti più importanti è quello sui vitalizi. Anche gli amministratori regionali riceveranno la pensione in base ai criteri contributivi.

 

 

 

Mediaset, conti in “profondo rosso”

Brutte notizie per Mediaset, che ha chiuso i primi nove mesi dell’anno in corso facendo registrare una perdita netta di oltre 45 milioni di euro. Se confrontati all’utile di 164,3 milioni dello stesso periodo dell’anno 2011, si percepisce che la situazione è grave.

Nel terzo trimestre il Biscione ha perso 88 milioni di euro.

Sembra che i tempi d’oro dell’azienda siano finiti, al punto che i vertici stanno cercando soluzioni per riparare gli ingenti danni economici. Il primo piano attivato è, inevitabilmente, quello dei tagli dei costi. 220 miloni di tagli già realizzati, infatti, non sono bastati a far quadrare i conti risanandoli. Così il direttore finanziario del Gruppo Mediaset, Marco Giordani ha dichiarato che si in un futuro prossimo ci saranno nuovi tagli: in “soldoni” saranno di  400 milioni nel prossimo triennio.

Per Mediaset chiudere il bilancio in passivo nell’anno in corso sarebbe sarebbe una dura botta.  Secondo Giordani è però prematuro parlarne sin da ora.

I dati tuttavia parlano chiaro e individuano la causa della perdita nella stretta degli investimenti pubblicitari verificatasi sia in Italia sia in Spagna. Le stesse ragioni che hanno portato al crollo delle entrate per quanto riguarda Vodafone.

La raccolta pubblicitaria complessiva di Publitalia ’80 e Digitalia ’08, calata a 1,655 miliardi (-14,9%).

Per rimediare ai danni Giordani sta pensando anche a una partnership per la Pay-Tv.

 

Le banche americane sono contro Obama

 La popolazione americana ha dato il suo consenso per il secondo mandato di Obama, con molte meno incertezze di quanto analisti ed esperti avevano preventivato. Ma questa vittoria non ha accolto i consensi delle banche americane che, già dalla compagna elettorale, hanno dimostrato di volere un repubblicano al potere.

In effetti, l’elezione di un presidente repubblicano, nella fattispecie Mitt Romney, avrebbe garantito alle banche e alle grandi concentrazioni finanziarie di accedere ad una revisione della legislazione più favorevole alla continuazione delle loro attività speculative.

Una preferenza che ha portato fin da subito le sue conseguenze: il giorno dopo l’elezione di Obama la borsa americana ha aperto le contrattazioni con indici al ribasso e le cause principali sono da rintracciarsi nelle regolamentazione prevista dall’amministrazione democratica per la concessione di prestiti e mutui che limita le possibilità di azione dei gruppi finanziari.

La controprova ad un fatto già tangibile arriva dalle stime del Center for responsive Politic (centro studi economico-politico indipendente e apartitico) del denaro che le banche hanno messo a disposizione dei candidati in campagna elettorale. Su un totale di circa sei miliardi di dollari, quattro sono stati stanziati per Romney e solo due per Obama.

In sostanza per Obama si presenta una sfida più impegnativa di quanto previsto: l’appoggio delle banche è determinante nell’attuazione del piano di risanamento dell’economia.

Patrimoniale, Monti chiarisce la sua “apertura”

La notizia di ieri è che il  Premier Mario Monti è favorevole all’introduzione della tassa patrimoniale.

Il Premier aveva detto:
“Dipenderà da come funzionerà e da come sarà utilizzata”.
La notizia di oggi è che Monti  frena, e chiarisce di aver fatto riferimento ad alcune considerazioni fatte dal governo tecnico nei mesi precedenti. L’occasione per fornire “spiegazioni” circa l’introduzione della tassa sulla ricchezza, viene offerta al Professore durante il convegno Italy Summit ‘New Routes for Growth’, organizzato dal Financial Times, a Milano.
Il governo aveva già  pensato all’introduzione della patrimoniale nel dicembre scorso L’ipotesi era stata però accantonata. Monti spiega perché:
“Per via di 1,5 delle forze politiche che sostengono l’esecutivo, e per mancanza di informazioni sulla proprietà dei beni. Il mio è un approccio ‘laico’, senza ‘pregiudiziali’, ma dipenderà da come funzionerà e da come sarà utilizzata, se come strumento fiscale o come misura una tantum da parte di governi che vogliono dare un taglio al passato. Comunque la cosa peggiore sarebbe dire che vogliamo introdurla, senza gli strumenti per farlo”.

Anche la chiesa pagherà l’Imu

 La riformulazione fatta dal Governo al provvedimento per i criteri per il pagamento dell’Imu è piaciuto al Consiglio di Stato che, finalmente, lo ha promosso: anche gli immobili posseduti dalla Chiesa saranno soggetti all’imposta municipale sugli immobili. Ma c’è ancora qualcosa da aggiustare, da qui la riserva posta al nuovo testo.

Il Consiglio di Stato invita il legislatore a rivedere i criteri di esenzione, soprattutto per quanto riguarda la definizione di attività economica, in modo che i nuovi provvedimenti siano in linea con le direttive europee e non si rischi, così, di andare incontro a sanzioni da Bruxelles.

Per la giurisprudenza comunitaria si deve considerare «attività economica» qualsiasi attività che offre beni e servizi in un mercato. Secondo questa interpretazione, quindi, i presupposti per escludere la natura commerciale delle attività non sono legati all’assenza dello scopo di lucro, ma al fatto che le attività svolte abbiano un carattere non economico.

Va da sé, quindi, che anche enti senza scopo di lucro possano svolgere delle attività commerciali di natura economica e, tutti gli immobili destinati a tali attività, sono soggetti al pagamento dell’Imu. Nel caso della Chiesa, il Consiglio di Stato prende in considerazione quegli immobili destinati ad attività ricreative i quali, dal momento che anche se in diverse modalità e in diversa misura è previsto il pagamento di una retta, hanno, nella definizione europea, carattere economico.

Più precisamente, il Consiglio chiede una modifica del provvedimento nella parte in cui si definiscono le attività esenti dall’Imu, in cui deve essere espressamente specificato che oltre a non avere scopo di lucro, le attività devono anche

essere prive del carattere di attività economica come definito dal diritto dell’Unione europea, tenuto conto dell’assenza di relazione con il costo effettivo del servizio e della differenza rispetto ai corrispettivi medi previsti per le stesse attività svolte sul mercato.

 

Record del debito pubblico italiano, si sfiorano i due mila miliardi di euro

 La Banca D’Italia ha conteggiato il debito pubblico italiano e i risultati hanno riservato una brutta sorpresa: rispetto ad agosto nelle casse dello Stato risultano 19,5 miliardi in meno, per un totale di debito che ammonta a 1.995,1 miliardi. Questo vuol dire che, nonostante le tante manovre e gli aggiustamenti di rotta, le amministrazioni pubbliche gravano ancora pesantemente sul bilancio.

Sempre secondo le stime di Bankitalia, il debito pubblico italiano continuerà a salire e questa cifra presto si assesterà sui 2000 miliardi di euro.Le cause di questa costante crescita del debito pubblico sono molteplici e non vanno rilevate solo nelle spese che lo Stato deve quotidianamente affrontare per mandare aventi un apparato statale e parastatale vecchio e farraginoso. Ad incidere sulla spesa sono anche l’aumento degli esborsi necessari a coprire le manovre di solidarietà decise per il salvataggio di alcuni paesi della zona Euro (tra cui anche l’Italia, che beneficia del Fondo Salva Stati) e l’effetto collaterale della crisi sulle entrate provenienti dalle tasse.

Infatti, anche se la pressione fiscale sui cittadini e sulle imprese in questo periodo è andata va via via aumentando, non si ha un corrispondente aumento delle entrate a causa della diminuzione della base imponibile (le aziende in crisi hanno un fatturato sempre più basso) su cui calcolare le tasse da pagare.

Monti, la patrimoniale e la fine del mandato

Mario Monti ha tutta l’aria di essere un Presidente del Consiglio a fine corsa. Già è arrivata l’ora dei bilanci del suo Governo Tecnico. Monti si prende molti meriti. Uno su tutti, quello che forse è il più importante: aver salvato il paese dal baratro finanziario in cui stava precipitando. A riconoscerglielo è  la comunità economica internazionale. Nonostante tale risultato che appare così positivo, Monti sa bene di non avere molte possibilità di manovra da qui fino alla scadenza del suo mandato.

Così i bilanci diventano anticipati e Monti ha già iniziato a parlare di quanto è riuscito a fare, come se fosse all’ultimo giorno di scuola e dovesse esporre la tesina che gli varrebbe il diploma. L’argomento della sua sarebbe senz’altro il seguente: “Come salvare l’Italia dal fallimento“. C’è riuscito? Poteva fare di più? Quello che è certo è che, spostando il verbo al tempo futuro, non potrà fare molto di più. Monti si arroga il diritto di aver salvato il paese dal precipizio economico. Lo ha fatto capire lunedì mattina. Nelle prime ore del giorno il Premier si trovava a “casa sua” a Milano, per parlare prima a un convegno internazionale del Financial Times e poi alla Camera di Commercio.

Monti ha scelto questo contesto per lanciare nuovamente il guanto da sfida, solo che lo ha successivamente ritirato in un paio di ore. Al convegno del tabloid economico britannico Monti ha dichiarato:

“Stiamo studiando la possibilità di un’eventuale patrimoniale, ma non la introdurremo nottetempo”

 

Vodafone è in rosso di 2,5 miliardi

Vodafone ha chiuso il primo semestre con i conti profondamente in rosso. La perdita netta è di 2,47 miliardi di euro (1,9777 miliardi di sterline) mentre l’utile netto risalente all’anno scorso è di 8,3 miliardi di euro (6,679 miliardi di sterline).
Il motivo di questa grave perdita? Pare sia legato alle svalutazioni inerenti al peggioramento della congiuntura economica in Italia e Spagna. In entrambi i Paesi gli utenti stanno risparmiando in tutti i modi sulle bollette telefoniche. Le svalutazioni, pertanto, si aggirano intorno ai 9,4 miliardi di euro (5,9 miliardi di sterline).
Nel frattempo Vodafone ha annunciato inoltre l’intenzione di acquistare azioni proprie da 1,5 miliardi si sterline. Si tratta di un programma di acquisto che verrà finanziato mediante il dividendo di una società che Vodafone controlla al 45%, Verizon. Il dividendo ammonta a 2,4 miliardi di sterline.
RICAVI VODAFONE PRIMO SEMESTRE
Durante i primi sei mesi dell’anno Vodafone ha fatto registrare una cifra pari a 21,78 miliardi di sterline per quanto riguarda i ricavi. Rispetto all’anno scorso parliamo di una cifra in calo del 7,4%. Il margine operativo lordo è invece arrivato a 6,2 miliardi ed è sopra di 8,5 punti.
Il Ceo del gruppo, Vittorio Colao ha dichiarato:
“Continuiamo a fare progressi verso gli obiettivi strategici che ci siamo posti, con una buona crescita nei mercati emergenti  i risultati di breve termine, invece, riflettono le difficili condizioni dei mercati, in particolare nell’Europa meridionale”.

 

Positivo il rapporto di Bankitalia sulle famiglie italiane

Il Rapporto sulla stabilita finanziaria rilasciato da Bankitalia è positivo e sottolinea quanto segue:

“La crisi non sembra aver modificato in misura significativa le condizioni debitorie delle famiglie”.

La Banca d’Italia ha condotto un’analisi relativa ai bilanci delle famiglie italiane.

L’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane condotta dalla Banca d’Italia è chiara a riguardo:

“Con riferimento al 2010, la quota di nuclei familiari indebitati è contenuta (pari a circa un quarto del totale); essa risulta in leggero calo, specie tra le famiglie a basso reddito, soprattutto come conseguenza dell’irrigidimento delle politiche di offerta di credito da parte delle banche”.

Prosegue il Rapporto:

“Le condizioni finanziarie delle famiglie rimangono nel complesso equilibrate, grazie al ridotto indebitamento e all’elevata quota di attività finanziarie a basso rischio. In questa fase il servizio del debito è contenuto soprattutto dal basso livello dei tassi di interesse. Il principale rischio è rappresentato dalla debole dinamica del reddito”.

In definitiva si prosegue verso una ripresa lenta e ancora ricca di dubbi e incertezze:

“L’economia dell’area dell’euro mostra nuovi segni di debolezza, con andamenti difformi tra paesi”.

Il rapporto si concentra anche sulla domanda interna, alquanto debole:

“Risente della perdurante incertezza sull’evoluzione della crisi del debito sovrano, oltre che delle manovre restrittive di finanza pubblica attuate in più paesi. Ha inoltre inciso il rallentamento delle altre principali economie. Solo di recente sono emersi segnali di rafforzamento negli Stati Uniti e in alcune economie emergenti”

Come si spiega tale debolezza della domanda interna?

“La debolezza della domanda interna sta favorendo un significativo miglioramento dei conti con l’estero. Malgrado il peggioramento del quadro economico la politica di bilancio resta orientata al risanamento finanziario. I timori circa i progressi nell’azione di riforma, legati all’incertezza sull’evoluzione del quadro politico, rappresentano un rischio per il costo del debito”.

 

La decisione sugli aiuti alla Grecia è stata rinviata

Grecia, si tornerà a discutere degli aiuti il 20 novembre. Il Parlamento ellenico ha approvato il Bilancio 2013 e l’Eurogruppo ha fatto ulteriori passi in avanti al fine di raggiungere un accordo sui nuovi finanziamenti da destinare ad Atene.

Restano però molte cose da risolvere. Nello specifico alla Grecia si vogliono concedere due anni in più. Il costo dell’operazione si aggira intorno ai 30 miliardi.

Occorre dunque capire dove trovare questi finanziamenti, nonché trovare un’intesa con il Fondo Monetario Internazionale circa la sostenibilità del debito.

Il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker si dichiara ottimista:

“Il 20 novembre tutti i problemi troveranno una risposta. Siamo molto vicini a un accordo e farò di tutto perché sia presa una decisione formalmente corretta”.

Al termine della riunione è stata diffusa la seguente nota:

“I ministri delle Finanze dei 17 si sono trovati d’accordo sull’opportunità di concedere due anni supplementari (dal 2014 al 2016) ad Atene per la riduzione del deficit sotto il 3% alla luce dei recenti sviluppi economici. L’Eurogruppo spera che il 20 ci siano anche tutti gli elementi necessari per dare il via libera alla prossima tranche da 31,2 miliardi di euro in modo che questa possa essere erogata entro fine mese”.

Il presidente Juncker ha dunque sottolineato che venerdì 16 la Grecia non andrà in default attraverso un’operazione di rollover sui titoli di Stato a breve termine.