Costruzione del portafogli di investimento: diversificazione di una singola classe di attività

 Precedere una ulteriore diversificazione all’interno dell’asset location che si è decisa per il proprio portafogli significa proteggere ulteriormente i propri risparmi dal rischio legato agli investimenti sui vari mercati.

Ad esempio, se una parte del proprio patrimonio è riversata nell’investimento sul mercato azionario, diversificare di più l’asset class vuol dire investire su azioni di diverse società. Infatti, se si decidesse di investire tutto il capitale destinato alle azioni in una unica società, ci si affida, per il rendimento delle azioni, completamente ai suoi sviluppi futuri che potrebbero essere un bene, come nel caso della Microsoft, o un grosso danno, come nel caso della Parmalat.

La diversificazione delle asset class, comunque, riduce ma non azzera il rischio. Infatti, se da un lato investire su più società fa sì che nel caso una o più siano in perdita, questa sarà bilanciata da quelle che si trovano in rialzo, dall’altro va sempre considerato il rischio aggregato, ossia quello legato all’andamento dell’economia nel suo complesso.

Un’ulteriore soluzione potrebbe essere quella di spalmare gli investimenti in società di diverse nazioni, soluzione che permette di evitare le contrazioni del mercato di un singolo paese. In questo caso si può puntare anche sulle economie in via di sviluppo.

 

Costruzione del portafogli di investimento: asset location

 L’asset location si può definire come l’esposizione del portafoglio di investimento ai mercati e la sua definizione è tanto importante, nella costruzione del portafogli, quanto la definizione del profilo rischio/rendimento, in quanto nel influenza le performance.

Le attività di investimento (asset class) che vengono prese in considerazione sono tre, ognuna delle quali è caratterizzata da una diversa esposizione al rischio e un diverso potenziale di rendimento.

Liquidità: garantisce la “sicurezza” nel caso si debba realizzare rapidamente una parte dell’investimento;
Obbligazioni: redditività madia ma nel lungo periodo;
Azioni: garantiscono un rendimento più elevato,  ma sono volatili nel breve periodo.

E’ difficile definire la migliore asset location per un portafogli di investimento, ognuna delle tre classi deve essere bilanciata e correlata con le altre in base al profilo di rischio/rendimento dell’investitore e della sua disponibilità di capitale.

Per questo, quando si decide di iniziare ad investire, è sempre meglio affidarsi ad una consulenza finanziaria professionale che sia in grado di capire le esigenze dell’investitore e di fare le scelte giuste in base alle fluttuazioni del mercato.

 

Costruzione del portafogli di investimento: diversificazione o specializzazione?

 Esistono due modi opposti per la costruzione di un portafogli di investimento: la diversificazione e la specializzazione, che rispondono a diverse esigenze dell’investitore e al suo personale profilo rischio/rendimento. Infatti, quando si decide di investire, sono tante le variabili che si devono prendere in considerazione, e, solo dopo che tutte saranno messe in giusta relazione tra di loro si può scegliere se optare per un portafoglio di investimenti specializzato o diversificato.

Diversificazione

Attraverso una strategia di diversificazione del portafogli, cioè la presenza di più attività finanziarie, si riduce la rischiosità dell’investimento complessivo, che viene frazionato su una molteplicità di titoli, che hanno valore e scadenze diverse.

Oltre alla riduzione del rischio, un portafogli diversificato riduce anche i costi di transazione attribuibili ad una serie di singoli investimenti.

Specializzazione 

I portafogli di investimento specializzati sono quelli al cui interno si trovano poche, o un’unica, attività finanziaria. Ne esistono di diversi tipi e con diverso grado di specializzazione:

Fondi Monetari: comprendono titoli obbligazionari (Titoli di Stato; Obbligazioni) con scadenza residua inferiore ai 24 mesi.

Fondi Obbligazionari: prevalenza di investimento in obbligazioni e una piccola parte residua in azioni.

Fondi Bilanciati:portafogli ripartito tra titoli azionari e titoli del mercato obbligazionario.

Fondi Azionari: prevalenza di azioni e una percentuale minima di obbligazioni.

Il rischio connesso ad un investimento di questo tipo, anche se può avere un rendimento atteso maggiore di un portafogli diversificato, è quello di una poca stabilità e sicurezza del rendimento stesso.

 

Rischio finanziario e avversione al rischio

 Quando si parla di investimenti e di attività finanziarie, il rischio è una costante nella decisione della tipologia di investimento da fare. Esistono, infatti, della attività molto rischiose e altre, invece, che vengono definite risk-free, ossia prive di rischio. Alla differenza di rischio tra le varie attività è connessa anche una differenza di rendimento: più è rischiosa un’attività maggiore è il rendimento atteso dall’investitore.

Tra le attività maggiormente rischiose troviamo i titoli azionari. Infatti, un’attività è detta rischiosa se non si possono prevedere in anticipo le fluttuazioni monetarie, e per i titoli azionari non è possibile stabilire se il prezzo aumenterà o diminuirà nel tempo né, tanto meno, si ha un controllo sulle variabili che lo definiscono.

Lo stesso vale per i titoli obbligazionari e i titoli di Stato.

Ora, perché ci sono persone che investono anche su questi titoli e altre che, invece, preferiscono altre tipologie di investimento?

A questa domanda si può rispondere con quello che è stato chiamato dagli economisti il modello dell’avversione al rischio che si basa sui concetti di utilità individuale. Secondo questo modello all’aumentare della ricchezza diminuisce il valore della singola unità monetaria: chi ha solo 1000 euro non deciderà di investirli in una attività che potrebbe far perdere tutto l’ammontare, anche se la vittoria corrisponderebbe alla stessa somma, mentre chi ne ha a disposizione 10 volte tanto, la perdita di 100o euro non cambierebbe la sua situazione.

 

 

Caratteristiche e regolamentazione dei fondi pensione complementari

 La disciplina che regolamenta i fondi pensione complementari è il decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che definisce questo tipo di fondi come organismi che hanno la funzione di raccogliere i contributi dei lavoratori (o dei datori di lavoro) e di gestirli in maniera collettiva. Il lavoratore che vi partecipa ha diritto, al termine della sua attività lavorativa, ad un vitalizio o ad un capitale.

In Italia, diversamente da quanto accade in altri paesi, i fondi pensione complementari non hanno avuto un grande successo, soprattutto perché i benefici non erano paragonabili alle prestazioni. La previdenza pubblica, infatti, garantiva alte prestazioni ed è mancata una politica fiscale adeguata. Con le nuove manovre del governo si sta procedendo ad una semplificazione e promozione di questi fondi pensione.

I vantaggi dei fondi pensione complementari sono sia per i lavoratori che decidono di sottoscriverli (come, ad esempio, la  regolarità e la prevedibilità delle entrate e delle uscite), sia per le imprese (hanno fondi da investire) e per i sistema economico in generale, in quanto provvedono a garantire risorse per investimenti ad alto rischio che non sarebbe possibile reperire altrove.

I fondi pensione complementari sono vigilati dalla COVIP, Commissione di Vigilanza sui fondi Pensione, secondo le direttive del Ministero del Lavoro e di quello del Tesoro.

 

 

SGR – Società di Gestione del Risparmio

 Le SGR, sigla che identifica le Società di Gestione del Risparmio, sono state introdotte in Italia con il D. Lgs. 24 febbraio 1998 n. 58  in recepimento della Direttiva europea 85/611/CEE.

Questo tipo di società hanno la possibilità di svolgere attività come la promozione, istituzione ed organizzazione dei fondi comuni di investimento; la gestione del patrimonio degli organismi di investimento collettivo del risparmio; la gestione di portafogli di investimento per conto terzi e di fondi pensione.

Esistono diverse tipologie di SGR che si distinguono in base alle funzioni che svolgono: le principali sono SGR promotrici e SGR di gestione.

Le SGR, per svolgere le loro attività, devono essere autorizzate dalla Banca d’Itali e dalla Consob (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) che, nel caso rivelino un non ottimale gestione del risparmio possono revocarla. I requisiti delle SGR sono:

– essere una società per azioni;

– avere sede legale e direzione generale nella Repubblica Italiana;

– avere un capitale minimo di  1 milione €;

– avere statuto, atto costitutivo e programma di attività iniziale;

Le SGR hanno diritto di voto sugli strumenti finanziari dei fondi amministrati, diritto che devono esercitare nell’interesse dei partecipanti alla società. Inoltre, per una maggiore trasparenza e sicurezza dei risparmiatori, devono far revisionare i bilanci ad una società di revisione iscritta in apposito albo della Consob.

Tipologie e caratteristiche dei fondi di investimento chiusi

 La tipologia di fondi comuni di investimento maggiormente utilizzata da coloro che decidono di rivolgersi a delle società per la gestione del loro risparmio sono i fondi di investimento aperti, in quanto flessibili e anche facilmente monetizzabili.

Ma ne esistono anche altre tipologie che possono rappresentare una valida alternativa in base al capitale a disposizione per l’investimento e del profilo specifico del cliente. Tra questi troviamo i fondi comuni chiusi e i fondi speculativi.

Il fondo di investimento chiuso

Diversamente dai fondi di investimento aperti, il cui capitale è in costante variazione, i fondi chiusi hanno un patrimonio predefinito, che non varia a seguito di nuove sottoscrizioni o rimborsi e sono, quindi, caratterizzati da un numero fisso di quote.

Inoltre, le quote del fondo di investimento chiuso sono soggette anche ad altre limitazioni: possono essere sottoscritte solo nella fase di offerta (limitatamente alla disponibilità massima del fondo) e anche il rimborso è possibile solo alla scadenza della stessa.

Le principali aree di investimento dei fondi chiusi sono strumenti finanziari poco soggetti alla fluttuazione delle liquidità e di lungo termine come gli immobili, i crediti e le società non quotate.

Le caratteristiche di questa tipologia di fondo di investimento li rende poco adatti al profilo dell’investitore privato, ma sono ampiamente utilizzati per gli investimenti istituzionali in quanto la sottoscrizione è solitamente piuttosto alta, i tempo per il rimborso sono lunghi e, dato che spesso si tratta di investimenti su piccole e medie imprese, sono anche ad alto rischio.

 

Tipologie e caratteristiche dei fondi di investimento aperti

 In sostanza, per fondo comune di investimento si indica uno strumento finanziario che raccoglie il denaro dei risparmiatori e lo mette in mano a una società di gestione del risparmio. Al decreto legge che definisce i fondi di investimento comune si affianca il decreto del Ministero del Tesoro n. 228/99, che individua tre diverse tipologie di fondo comune: fondo aperto, fondo chiuso e fondo speculativo.

Il fondo di investimento aperto

Il fondo di investimento comune aperto si caratterizza per una variazione continua del suo patrimonio (sia in composizione che in valore). Si suddivide in quote (il valore di ognuna di queste è dato dal rapporto tra il totale delle attività del fondo e le quote emesse) delle quali i partecipanti possono richiedere il rimborso in qualsiasi momento.

Le tipologie principali dei fondi di investimento aperto sono:

Fondi di diritto italiano armonizzati UE

Gestiti da società italiane con sede legale in Italia che si adeguano alle direttive comunitarie per quanto riguarda le garanzie per i sottoscrittori.

Fondi di diritto italiano non armonizzati UE

Istituiti dalla Banca d’Italia nel 1999 sono caratterizzati da maggiore libertà di investimento. Appartengono a questa categoria i fondi speculativi (o hedge funds) e i fondi di fondi.

Fondi immobiliari

Si caratterizzano per il fatto che la maggior parte del patrimonio viene investito in immobili.

A chi affidare i propri risparmi?

 Quando un cittadino decide di provare ad aumentare il suo capitale attraverso degli investimenti, ha due opzioni: la prima è quella di fare tutto da solo, la seconda è di affidare i propri risparmi a persone o strutture qualificate, le quali hanno a disposizione i mezzi e gli strumenti per la corretta gestione del risparmio.

La seconda opzione è ovviamente la migliore ma, prima di affidare i propri risparmi a qualcuno, è necessario conoscere quali sono le possibilità di scelta e il modo di operare di ognuna di queste.

Impossibile dare una lista esaustiva e completa, ma è possibile, invece, capire quando un investitore si può considerare qualificato (ossia adatto a operare in questo settore).

Secondo il decreto del Ministero del Tesoro n. 228 del 24/5/1999, gli investitori qualificati sono:

– le imprese di investimento, le banche, gli agenti di cambio, le società di gestione del risparmio, le SICAV, i fondi pensione, le imprese di assicurazione, le società finanziarie capogruppo di gruppi bancari e i soggetti iscritti negli elenchi del testo unico bancario;
– i soggetti esteri autorizzati a svolgere le medesime attività di cui sopra;
– le fondazioni bancarie;
– le persone fisiche e giuridiche e gli altri enti in possesso di specifica competenza ed esperienza in operazioni in strumenti finanziari.

Questi soggetti devono svolgere le seguenti funzioni:
intermediazione (collegamento tra soggetti in surplus e in deficit finanziario);
investimento, in base alle esigenze del soggetto (profilo rischio/rendimento);
gestione collettiva delle risorse;
consulenza.

Risparmio gestito

 Con la locuzione risparmio gestito si intende il capitale che ogni risparmiatore decide di affidare ad uno o più gestori professionali. Questi hanno il compito, una volta accettato il mandato, di amministrare le risorse del contribuente nel miglio modo possibile.

All’interno della definizione di risparmio gestito ricadono diverse tipologie di attività, tra le quali si trovano i fondi comuni di investimento mobiliare, le SICAV, l’attività di gestione di patrimoni mobiliari individuali e le attività di investimento operate dai fondi pensione e dalle compagnie di assicurazione (previdenza complementare).

Tutti i prodotti finanziari che rientrano nel risparmio gestito hanno la caratteristica comune che i rischi legati alle oscillazioni dei titoli del portafogli sono a carico dell’investitore, diversamente da quanto accade per i prodotti dell’intermediazione bancaria.

Esiste anche una definizione più ristretta di risparmio gestito, con la quale si indicano le sole gestioni di portafogli, che possono essere collettive e individuali.

Il risparmio gestito è regolamentato dal TUIF (Testo Unico delle disposizioni in materia di Intermediazione Finanziaria, decreto legislativo n. 58 del 24/02/1998), un testo che, andando a sostituire alcuni articoli del codice civile, ha dato la possibilità di avere una legislazione uniforme in materia che viene costantemente aggiornata attraverso i regolamenti attuativi emanati da Consob e Banca d’Italia.