Molti negozi a settembre chiuderanno, soprattutto bar e ristoranti, negozi di abbigliamento e librerie, imprese che probabilmente hanno un lungo passato imprenditoriale alle spalle ma anche attività nate di recente. «Per molti – chiariscono alla Confesercenti – la chiusura del negozio in cui hanno lavorato tutta la vita, magari insieme alla famiglia, è una sconfitta personale. Per questo qualcuno approfitta delle ferie per chiudere».
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I primi dati realizzati da Confesercenti asseriscono che tra luglio e agosto, nel settore del commercio, per ogni nuova impresa che ha aperto due hanno chiuso. E la cosa peggiore è che questi dati (2603 aperture rispetto a 5463 chiusure) ripetono quelli del 2013, che fino a ieri era stato in assoluto l’anno peggiore di sempre. Oggi – denuncia Confesercenti – un’impresa su 4 resiste addirittura meno di tre anni: a giugno 2014 più del 40% delle attività aperte nel 2010 – circa 27mila imprese – non esiste più bruciando investimenti per circa 2,7 miliardi.
«L’avvio del 2014 è stato peggiore di quanto ci aspettassimo dice il segretario generale di Confesercenti, Mauro Bussoni. Siamo entrati nel terzo anno di crisi e molte imprese semplicemente non ce la fanno più, schiacciate dalla diminuzione dei consumi e l’aumento della pressione fiscale». A preoccupare, inoltre, «la doppia batosta Tari/Tasi», senza tener conto poi dei «danni» delle liberalizzazioni volute da Monti: avrebbero dovuto rilanciare consumi e occupazione e sono state «un vero flop: i previsti effetti benefici sono tuttora “non pervenuti”, ed il settore ha perso oltre 100mila posti, registrando allo stesso tempo 28,5 miliardi di minori consumi da parte delle famiglie».