Meno consumi, ma più qualità, e più fatturato: è questo il trend che ha registrato il consumo di vino in Italia l’anno scorso. Salgono in classifica i vini doc, quelli che nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO) vengono a costare oltre i 5 euro a bottiglia, ma guadagnano quote di fatturato anche i vini di pronta beva, specialmente i frizzanti e i bianchi di ogni giorno.
Alla fine dello scorso anno le vendite nell’ambito della Gdo (che catalizza il 65% di tutto il vino venduto in Italia) sono diminuite del 6,5%, mentre nel 2012 erano calate del 3,7%.
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Il fatturato complessivo è tuttavia cresciuto del 3,1%, raggiungendo un valore complessivo di 1,5 miliardi di euro, e ciò in virtù degli aumenti di costo della materia prima e dei ritocchi medi (+10%) apportati ai listini.
Complessivamente negli ultimi cinque anni i consumi di vino in Italia sono calati di 4 milioni di ettolitri, una diminuzione che si riflette sulla spesa mensile pro-capite scesa da 5,2 a 5 euro, contro la contestuale crescita registrata dalla spesa destinata alla birra, che tra il 2007 e il 2012 è aumentata da 2 a 2,5 euro pro-capite.
Secondo l’indagine Wine Monitor di Nomisma, le cause della contrazione vanno ricercate non solo nella crisi che ha investito i consumi in generale, ma anche e soprattutto nell’emergere di nuovi modelli di “fruizione del bere”, strettamente connessi alle fasce d’età dei consumatori. Infatti le quantità medie consumate in un anno dalle generazioni degli over 60 (soprattutto durante i pasti) superano di quattro volte il consumo dei giovani, quantitativamente meno rilevante in quanto legato più a specifiche occasioni e a momenti conviviali che non al pasteggio.