Diminuiscono sia le assunzioni che i licenziamenti. Così, alla fine luglio scorso il bilancio parla di un saldo di nuovi contratti di lavoro in linea con quanto accaduto nel 2014.
Nel mese scorso, secondo i dati del Ministero del Lavoro che non considerano il comparto della Pa e quello domestico, sono stati creati 135mila nuovi contratti, per effetto di circa 767mila accensioni e di 632mila cessazioni. L’anno scorso, i due dati erano rispettivamente 774mila e 644mila, per un saldo di 130mila nuovi contratti.
A seguito delle misure del governo (prima la decontribuzione dei contratti stabili, in vigore da gennaio, poi le tutele crescenti del Jobs Act di marzo), aumenta la quota di contratti aperti a tempo indeterminato: a luglio, sono risultati il 18% del totale (il 61,8% delle attivazioni è a tempo determinato), contro il 13,9% di un anno fa. Ma a ben vedere, nello scorso mese i nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato attivati ammontano a 137.826, mentre le cessazioni sono 137.779: in sostanza, i nuovi posti di lavoro sono 47, la differenza tra le attivazioni e le cessazioni.
Nel progressivo del 2015, cioè tra gennaio e luglio, un’altra tabella del Ministero del Lavoro dice che le assunzioni a tempo indeterminato nell’arco di sette mesi hanno superato il milione, con una crescita del 30% rispetto alle 830mila dello stesso periodo del 2014. A “pagare dazio” sono state le tipologie di contratto di apprendistato (-13,8% le attivazioni) e i contratti di collaborazione (-15%). Boom anche per le trasformazioni da determinato a indeterminato: sono salite quasi del 40%. Se nel gennaio-luglio dell’anno scorso, il saldo tra attivazioni e cessazioni di tempi indeterminati era positivo di 197mila unità, quest’anno si è ampliato a 420mila unità. Sul totale delle attivazioni, gli indeterminati sono passati a pesare dal 17,6% al 22%, sempre raffrontando i sette mesi. Nel complesso, il saldo di nuovi contratti tra il gennaio-luglio 2014 e 2015 è migliorato di 116mila unità.