Sono le aziende tecnologiche ad interessare in modo particolare al fisco, non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa. Dopo l’interrogazione parlamentare per Google, che non avrebbe pagato tributi in Italia per circa 96 milioni di euro, adesso è l’azienda fondata da Mark Zuckerberg a essere stata messa sotto controllo.
Le motivazioni sono le stesse: le grandi multinazionali della tecnologia sfrutterebbero le lacune delle leggi tributarie dei vari paesi per non versare quanto dovuto. Nel caso di Facebook Italy, che è una società a responsabilità limitata e appartiene al gruppo Facebook Global Holdings, LLC (Limited Liability Company) con sede nel Delaware, stato che permette alle aziende che vi hanno sede ma che non operano negli Stati Uniti di pagare solo un’imposta fissa annuale di poche centinaia di dollari e nessuna tassa sugli utili.
Per la legge italiana questa modalità operativa non è legale, in quanto la sede italiana di Facebook è una “stabile organizzazione” e quindi deve pagare la sua quota di imposte sul fatturato secondo quanto previsto dalla legislazione nostrana.
Da Facebook replicano:
che la società paga le tasse in Italia come parte della sua attività nel Paese e rispetta molto seriamente i propri obblighi ai sensi della legislazione italiana in materia fiscale. Facebook lavora a stretto contatto con le autorità fiscali di ogni Paese in cui opera per garantire la conformità con la legislazione locale. Facebook ha cooperato pienamente con la Guardia di Finanza nel corso delle indagini e intende continuare a farlo.