Crisi, alcuni esempi di aziende italiane che sono “sopravvissute”

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 C’è stata una vera e propria selezione «darwiniana», da cui affiorano 1200 super-pmi, forti contro ogni avversità. E altre 7500 che crescono in maniera lieve, ma hanno tutti i presupposti per avere successo. C’è da fare una premessa: nel 2007, anno iniziale della grande crisi, in Italia erano presenti 55.709 piccole e medie imprese con fatturato tra 5 e 50 milioni di euro. Di anno in anno, dopo il disastro economico-finanziario a fine 2013 se ne contano 8841: il 16% delle Pmi ha chiuso la propria attività. Vuol dire 120 miliardi andati in fumo e 405 mila posti di lavoro che non ci sono più. Ma vicino a queste, le 46.868 che hanno resistito (l’84,1%), pur tra preoccupazioni finanziarie in aumento, negli anni più difficili hanno avuto una crescita totale del 26%, il 4,8% medio annuo.

INPS – Registro d’impresa – Sezione matricola e paga

La prima rilevazione dell’Osservatorio sulla competitività delle Pmi, condotto dal Knowledge Center della Sda Bocconi, va oltre individuando  quel gruppo di «eroi», che – purtroppo non proprio numeroso – di piccole imprese di successo. I ricercatori della Bocconi coordinati da Federico Visconti hanno selezionato le Pmi in base a tre requisiti. Crescita positiva nel periodo di crisi (è così per la metà delle imprese), una redditività maggiore alla media (e qui ne resta il 3,2%). L’avere avuto un rapporto tra debito e mol al di sotto della media. Restano  così 1165 Pmi, il 2,5% del totale. Sono aziende che nella crisi sono cresciute del 77% (contro il 26%) cioè del 12,4% medio annuo (anziché il 5%), con una redditività operativa all’incirca raddoppiata. Si trovano per lo più nel Nord-Est, Veneto, ma anche Emilia Romagna, Piemonte e Liguria.

 

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