La Bce non è responsabile del danno subito nel 2012 dai detentori privati di titoli di credito greci nel quadro della ristrutturazione del debito pubblico dello Stato greco.
La colpa va attribuita ai rischi economici normalmente insiti nelle attività del settore finanziario. A stabilirlo è stato il Tribunale Ue secondo il quale, proteggendo i titoli greci detenuti dalle banche centrali nazionali e da lei stessa, la Bce ha esclusivamente agito con l’obiettivo di mantenere la stabilità del mercato monetario.
Il caso concerne le decisioni dell’Eurozona per gestire la crisi greca e gli effetti sui risparmiatori e investitori. Nel febbraio 2012, Bce, banche centrali nazionali, governi dell’Eurozona e Grecia avevano concluso un accordo in base al quale i titoli del debito greco sarebbero stati scambiati contro nuovi titoli aventi valore nominale, tasso d’interesse e date di scadenza e di pagamento degli interessi identici a quelli dei titoli scambiati, ma con numeri di serie e date di emissione diversi. Atene e il settore privato avevano concordato contemporaneamente uno scambio volontario e uno scarto di garanzia del 53,5% dei titoli detenuti da investitori private (l’operazione si chiamava ‘private sector involvement’, in sostanza la ristrutturazione del debito il cui onere ricadeva sui privati). Di fatto, i detentori privati hanno allora visto il valore nominale dei titoli scambiati ridursi del 53,5%.
All’inizio di marzo, poi, la Bce stabilì, come garanzia per le operazioni creditizie dell’eurosistema, di subordinare l’utilizzo dei titoli di debito greci che non raggiungessero la soglia minima di qualità creditizia alla prestazione, da parte della grecia a favore delle banche centrali nazionali, di un rafforzamento creditizio, sotto forma di programma di riacquisto.