Si riapre il dibattito sulle pensioni. La notizia era arrivata proprio qualche giorno fa dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti. In un’intervista a «La Stampa» aveva affermato: «Una flessibilizzazione delle uscite sarebbe utile, specie per chi è stato espulso dal mondo del lavoro in età più avanzata, non trova impiego e non può maturare il diritto alla pensione. Nella Legge di Stabilità in autunno cercheremo di costruire un “ponte” per queste persone». Un “ponte”: cioè un congegno per permettere a chi ha perso il posto di lavoro di «saltare» le regole della legge Fornero, e andare in pensione prima dei 66 anni fissati dalla riforma del governo Monti. E aspettando la Legge di Stabilità al ministero di Via Veneto e a quello dell’Economia si è dato inizio agli studi per riuscire a mettere nero su bianco le possibilità per concretizzare questo «ponte».
> I docenti che potranno andare in pensione con l’emendamento Quota 96
Il fine del governo – che però è improbabilmente fattibile – in concretezza è molto più ambizioso. Anche sotto la stretta di gran parte del Pd, dei sindacati ma anche di tante medie e grandi aziende, se fosse possibile il governo vorrebbe cercare un modo per velocizzare la cosiddetta «staffetta generazionale» tra lavoratori più anziani e giovani nel settore privato.
Permettere quindi, ai tanti lavoratori attivi che hanno raccolto numerosi contributi ma hanno soltanto 60-62 anni di età di andare in pensione. E rendere liberi posti per le assunzioni di giovani, che avrebbero un costo minore e renderebbero di più anche ai loro datori di lavoro. Il problema come sempre rimane quello dei costi. Un ostacolo che sarà difficile superare.