Chi si attendeva un rimbalzo dell’attività economica cinese, una volta superate le festività per il Capodanno, è rimasto per ora deluso. Il PMI markit flash per marzo ha marcato il quinto calo a fila (48.1 da prec 48.5 vs attese per 48.7), facendo segnare il minimo da 18 mesi a questa parte. Uno sguardo ai dettagli permette di attribuire la debolezza principalmente alla domanda interna, mentre ‘”export business” si è leggermente ripreso. Nondimeno, il dato è stato salutato da significativi recuperi degli indici locali (Shanghai +0.9% HSCEI addirittura +2.8%) e da gli indici asiatici in generale.
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A sostenere il sentiment, presumibilmente, la convinzione che il contesto sia tale da indurre le autorità a varare misure di stimolo fiscale all’economia, onde evitare che il tasso di crescita si allontani troppo dal target ufficiale del 7.5% (al momento, è tanto se raggiungiamo il 7%) spiega Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr. Il ministro delle finanze Lou Jiwei in un discorso nel week end ha escluso grossi pacchetti di stimolo, lasciando implicitamente la porta aperta a misure minori come l’anticipo di progetti pubblici.
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Oltre a ciò, le banche locali sono state galvanizzate dalle aperture della China Securities Regulatory commission nel week end, circa la possibilità di emettere preference shares, una nuova fonte di raccolta di mezzi finanziari. Peraltro, scottati dai primi default da 15 anni a questa parte, gli investitori locali stanno cominciando a liquidare i bond di aziende i cui bilanci non li convincono, e ciò sta facendo salire i rendimenti in particolare in quei settori affetti da eccesso di capacità produttiva come rinnovabili, acciaio etc. Un fenomeno previsto e controllato dalle autorità, ma che in generale inasprisce le condizioni finanziarie.
Positiva, per una volta, anche Tokyo, un altra piazza in predicato di ottenere ulteriore stimolo, monetario in questo caso, per soccorrere una crescita diventata anemica e controbilanciare l’impatto dell’aumento dell’IVA (1 aprile).