Quella che Consiglio e Parlamento europeo stanno mettendo a punto prima delle elezioni europee di maggio è una corsa contro il tempo. Cora finalizzata alla creazione di un meccanismo unico di gestione delle crisi creditizie. Esso è un elemento cruciale per auspicare la futura unione bancaria.
Nei giorni scorsi i ministri delle Finanze hanno tenuto una serie di incontri per cercare di trovare un punto di incontro su un nuovo mandato, più flessibile da afidare alla presidenza greca dell’Unione che sta negoziando con Strasburgo.
Sulla questione si stanno tenendo due trattative parallele. La prima è quella tra i governi in vista di un trattato internazionale che deve servire a creare un fondo di risoluzione da associare al meccanismo unico di gestione delle crisi creditizie.
Il secondo negoziato si sta svolgendo tra Consiglio e Parlamento, e riguarda la creazione della nuova istituzione che sarà chiamata a gestire il fallimento o la ristrutturazione di un istituto di credito in crisi.
Sul primo versante i Ventotto stanno discutendo principalmente della velocità della messa in comune delle risorse finanziarie del fondo a cui sarà chiamato a contribuire il settore bancario.
Le questioni aperte su cui discutere sono molteplici. Non ci sono solo da gestire quelli che sono i dettagli più importanti. Appare opportuno scegliere anche cosa introdurre nel trattato e cosa invece riservare al regolamento che servirà alla creazione del meccanismo unico di gestione delle crisi bancarie.
Quest’ultima scelta non è banale, se è vero che il Parlamento è critico della decisione di usare un trattato per creare il fondo di risoluzione. Secondo Strasburgo, questa scelta mette a rischio il processo di codecisione tra Parlamento e Consiglio.