Se da un certo punto di vista alcuni indicatori macroeconomici mostrano che l’economia italiana ed europea sta imboccando una prima fase di ripresa, la stessa cosa non si può ancora dire per l’economia reale, che stenta a recepire quei miglioramenti che servirebbero a confermare il superamento della fase di recessione.
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Un indicatore di primaria importanza da questo punto di vista, può essere rappresentato proprio dai consumi, che ancora mostrano i segni di una costante riduzione. Secondo una delle più recenti indagini compiute da Unioncamere, nel corso del 2013 gli italiani hanno ridotto i loro consumi nell’alimentare di altri 2 miliardi di euro.
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E’ ancora molto viva, cioè, l’attenzione verso il contenimento della spesa, processo del tutto naturale come conseguenza della riduzione del potere d’acquisto e dei salari. I consumatori, cioè, sembrano essere tornati indietro alle abitudini alimentari degli anni Sessanta, quando le spese erano ridotte all’essenziale e si preferivano le pietanze fatte in casa, più genuine ed economiche di quelle industriali.
Gli italiani, inoltre, non sembrano preoccupati dalle rinunce. Meno dolci, bevande gassate, vino e merendine, ma anche diverse abitudini di acquisto, come meno fedeltà alla marca, predilezione dei punti vendita in cui vengono praticati prezzi concorrenziali e acquisto di prodotti di primo prezzo o quelli che recano il brand del distributore – in genere più economici.
Infine, nei prossimi sei mesi gli alimentari subiranno il caro Iva, che oggi ancora stenta a stabilizzarsi, e dunque ci potrà essere un rialzo dell’inflazione, con una conseguente ulteriore riduzione degli acquisti.