Da quando il Giappone ha deciso di lavorare sullo yen, d’indebolirlo per rilanciare l’economia in difficoltà, si è tornati a parlare, a livello internazionale, di guerra delle valute. Ci è voluto un po’ di tempo e un meeting europeo, per ricucire gli strappi e arrivare alla conclusione che non esiste alcuna battaglia valutaria.
►Con Abe cambia il Giappone e il suo futuro
Di fatto la strategia scelta da Shinzo Abe per il suo paese è la definizione di una politica monetaria piuttosto che l’insistenza sul rilancio della produttività del paese. Questa caparbietà ha fatto sì che il primo ministro perdesse il sostegno di alcuni uomini chiave ed ora, del suo nuovo obiettivo, quello di raggiungere il 2 per cento d’inflazione, si parla con molto scetticismo.
►L’avvio di settimana di Wall Street e Tokyo
Fino a questo momento Abe ha proposto la stampa illimitata di denaro ed ha indebolito lo yen del 13 per cento rispetto al dollaro. Per raggiungere il traguardo del 2 per cento d’inflazione, bisogna rintuzzare l’aggressività della politica monetaria. Non è d’accordo con la linea definita, il ministro delle finanze, contrario all’acquisto di titoli di Stato stranieri per indebolire lo yen.
Sembra sia venuto a mancare anche il sostegno della Banca centrale giapponese che dichiara di non avere gli strumenti necessari per raggiungere i nuovi obiettivi che comunque diventeranno tangibili soltanto a distanza di mesi. L’ultimo ostacolo al new deal di Abe è rappresentato dal fatto che questa insistenza sulla debolezza dello yen sta diventano ingestibile e presto provocherà si una guerra, ma interna al Giappone.