Nei primi sei mesi del 2013 in Europa sono arrivati ben 65 miliardi di dollari dagli Stati Uniti, sotto forma di investimenti da parte dei principali fondi pensione americani e da varie istituzioni.
Una cifra del genere non si registrava dal 1977 e questo trend ha una sola spiegazione: gli Stati Uniti credono nelle capacità dell’Europa, e delle sue aziende, di uscire dalla crisi e di tornare competitive sui mercati e, a giudicare dal flusso costante di denaro affluito sui mercati europei, gli States credono in una ripresa molto veloce, che dovrebbe arrivare entro la fine di quest’anno.
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I primi segnali della ripresa, che purtroppo non interessano l’Italia, è stata già tracciata dll’Eurostat, così come anche la rinnovata fiducia dei consumatori. Fattori che piacciono ai grandi investitori americani che, con le loro immissioni di denari, stanno ulteriormente rafforzando i titoli azionari delle imprese del vecchio continente.
Le prospettive, quindi, sembrano essere ottime per l’Europa, grazie anche all’azione diretta ed incisiva di Mario Draghi: dal giugno 2012 le azioni europee sono risalite del 27 per cento; da inizio 2013 il Ftse Mib è salito del 7,4%, il Dax dell’8,5%, il Cac 40 di oltre 13 punti percentuali.
Secondo Hsbc, inoltre, in futuro la situazione potrebbe volgere ulteriormente al meglio, dato che al momento le azioni della zona euro sono ancora sottovalutate del 15% rispetto al loro reale valore nel lungo periodo, discrepanza che si risolverà presto grazie alla ritrovata fiducia degli investitori.
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L’Europa, però, se vuole davvero tornare ad essere un attore economico e finanziario importante deve fare attenzione ad alcune variabili fondamentali: la direzione degli investimenti americani e le sue conseguenze e, soprattutto ora, la possibilità di un attacco Usa in Siria.