Eni è pronta ad ‘accendere’ la piattaforma Goliat, il gigante da 64mila tonnellate programmato per resistere alle tempeste artiche ed estrarre centomila barili di petrolio al giorno.
Ne dà notizia la stampa Usa, secondo la quale più di un decennio dopo la scoperta di petrolio nel Mare di Barents e con due anni di ritardo in confronto alla tabella di marcia, la struttura da 5,6 miliardi di euro è ai test finali ed è pronta a produrre. La compagnia italiana ha il 65% del progetto, la parte restante è della norvegese Statoil.
Come ricordano le fonti, si tratterà del secondo progetto petrolifero in fase di produzione nella regione polare e quello più a nord del mondo: 80 kilometri dalle coste norvegesi. Come ricorda il sito dell’Eni, la piattaforma è giunta a destinazione il 17 aprile scorso: ha navigato 63 giorni, oltre 15mila miglia nautiche dalla Corea, precisamente dal cantiere di Ulsan a metà febbraio. “Ha viaggiato attraverso l’Oceano Indiano attorno all’estremità sud dell’Africa, per poi puntare a nord attraverso l’Atlantico fino alle isole britanniche e raggiungere Hammerfest, nella Norvegia settentrionale”.
Sempre in quell’occasione, il Cane a Sei Zampe parlava del progetto come “uno degli obiettivi principali del 2015 per Eni, sarà il primo giacimento a olio in produzione nel Mare di Barents, con impatto ambientale minimo, grazie all’alimentazione elettrica da terra e al concetto operativo “zero discharge”. La piattaforma – FPSO di tipo Sevan 1000 – veniva definita come il “più grande e sofisticato impianto di produzione e stoccaggio cilindrico del mondo, costruitocon le più avanzate tecnologie per vincere le sfide tecnico-ambientali legate all’operatività in ambiente Artico”. I dubbi degli analisti riguardano la convenienza dell’estrazione, che sarebbe sostenibile solo con il petrolio a 80-90 dollari al barile, dagli attuali 50.