In Grecia è nuovamente allarme liquidità. Atene inoltre non ha raggiunto un’intesa con i creditori che sia in grado di sbloccare una nuova tranche di aiuti: così i soldi nelle casse dello Stato potrebbero finire a metà maggio.
Il Governo Tsipras ha provato sin dall’inizio del 2016 a limitare le uscite lavorando di fno: nel primo trimestre le spese primarie pubbliche sono state di 1,34 miliardi inferiori rispetto al budget previsto di 10,5 miliardi. L’esecutivo ha pagato regolarmente pensioni e stipendi ma ha risparmiato su tutto il resto, compreso i pagamenti alle strutture sanitarie. La prudenza però non è bastata: il 21 aprile il ministero della Salute ha inviato agli ospedali una lettera nella quale chiede di spostare tutta la loro liquidità su un conto speciale della Banca Centrale. E’ la stessa strategia utilizzata lo scorso anno tra maggio e giugno, quando – con i negoziati con i creditori in stallo e con il paese sull’orlo del default – Atene ha obbligato tutte le realtà statali a girare i soldi in cassa su un conto centralizzato, utilizzato poi come garanzia per raccogliere nuovi fondi a brevissimo termine sul mercato obbligazionario e per tenere in piedi la macchina pubblica.
L’allarme sulla liquidità della Grecia è chiaro anche ai creditori. “La situazione è preoccupante – ha detto nei giorni scorsi Klaus Regling, il numero uno del Meccanismo europeo di stabilità -. C’è il serio rischio che il governo sia costretto di nuovo a indebitarsi sul mercato domestico”. La speranza di tutti è che le trattative di queste ore portino a un’intesa tra il Partenone e l’ex Troika che consenta di sbloccare una nuova tranche di aiuti da 5 miliardi, necessaria per pagare i 3,6 miliardi di prestiti in scadenza a giugno e dare un po’ di ossigeno alle casse dello stato. L’obiettivo resta quello di arrivare al redde rationem in un Eurogruppo straordinario che potrebbe essere convocato già per giovedì. Ma la strada è ancora in salita.