Un recente studio rivela che gli hedge fund gestiti da donne hanno generato mediamente, dal 2007 in poi profitti del 59 per cento; mentre i fondi speculativi amministrati da uomini, nello stesso periodo, hanno avuto un ritorno del 37 per cento.
Non è una differenza di poco conto: probabilmente vale un bel po’ di miliardi, in sterline, euro, dollari o qualsiasi altra valuta. “Put women at the top”, mettete le donne al comando, sottinteso della finanza, titola infatti il quotidiano della City: cifre alla mano, non c’è dubbio che sono più brave dei maschi ad amministrare i nostri risparmi. I dati raccolti dalla Hfr, la società di analisi finanziarie citata dal Ft, parlano chiaro: le donne alla guide dei fondi di investimenti hanno fatto in media meglio degli uomini in qualunque classifica, misurandone il rendimento su un anno, su tre, su cinque o su otto.
E perché sono più brave? Commentando il rapporto, il columnist Stephen Foley nota che altre ricerche analoghe condotte in precedenza indicano la stessa conclusione, a sua volta suffragata da una mole di studi psicologici e comportamentali. Gli investitori di sesso femminile risultano migliori nel calcolo del rischio, meno sedotti da scommesse folli, meno propense a vendere o comprare come conseguenza della volubilità dei mercati e generalmente più favorevoli a scegliere il lungo termine. Benissimo allora, dovrebbe essere la conclusione, diamo i nostri soldi alle donne.
Senonché la cosa non è così facile a causa di un piccolo ostacolo oggettivo: di donne alla guida di hedge fund ce ne sono poche. Pochissime. Su circa 2 mila fondi speculativi analizzati dal rapporto della Hfr, soltanto 60 sono gestiti da manager donne: il 3 per cento del totale. L’editorialista del Financial Times nota varie iniziative per allargare la presenza femminile nei fondi speculativi, tra cui network come Women in Hedge Fund e Girls Who Invest, che ne evidenziano il ruolo positivo e ne favoriscono l’ingresso nel mercato del lavoro. Ma Foley teme che non bastino. Perciò suggerisce una misura radicale: stabilire quote riservate alle donne. Un’idea che non piace alla City, ammette. Ma che farebbe bene all’eguaglianza tra i sessi, alla salute del capitalismo speculativo e ai nostri soldi.