Il 2012 per i Comuni potrebbe passare alla storia come un anno di svolta nella caotica vicenda del federalismo fiscale italiano. I dati che emergono dal report diffuso dall’Istat su “I bilanci consuntivi delle amministrazioni comunali”, pone in evidenza almeno tre elementi: l’aumento, anche se non alto, delle entrate riscosse dagli enti (+1,4% sul 2011); la brusca caduta delle spese per investimenti (-19%); la crescita del grado di autonomia impositiva (+3,2 punti percentuali), aumentata a fronte di una contestuale riduzione dei trasferimenti statali.
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Il totale delle entrate riscosse dagli enti nel 2012, dice l’istituto di statistica, ha passato di poco i 75 miliardi di euro – con una crescita, appunto, dell’1,4% – a fronte però di un calo del 14% delle entrate in conto capitale (prodotte soprattutto dalla voce “trasferimenti”) e da quelle per prestiti (-8,1%). E a conferma dell’attivismo dei sindaci sul territorio potrebbe bastare la quota del 53% destinata all’acquisto di beni e servizi (un anno prima era stato del 51,7%) – senza tener conto di un 28,4% di spese destinate alla retribuzione del personale, ma la percentuale sfiorava il 30% nel 2011 – e il 22% stanziato per il territorio e l’ambiente.
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Nel contempo le quote destinate a viabilità e trasporti (13,5%), sociale (12,3%) e istruzione pubblica (9%), peraltro in linea con la spesa tenuta in precedenza. Un altro dato significativo è dato dalla discesa del 16% delle entrate in conto capitale – a quasi 11,5 miliardi – dovuto a una frenata del 64% delle riscossioni crediti, dalla contrazione delle dismissioni di beni patrimoniali (-32%) e da un -4,1% dei trasferimenti.