Christine Lagarde, pur mantenendo blandi i termini della sua dichiarazione, ha dato il via a quella che potrebbe essere la svolta epocale per il Fondo Monetario Internazionale:
Non è scontato che una liberalizzazione totale sia un obiettivo appropriato per tutti i paesi e in tutti i tempi. I flussi di capitale possono avere benefici importanti per singole nazioni tra i membri del Fondo e nell’economia globale, ma comportano anche rischi, perché possono essere volatili e vasti in rapporto alle dimensioni dei mercati domestici.
Con queste parole il Fondo Monetario Internazionale si dota di una nuova arma: il capital controls al fine di difendere la stabilità di economia e mercati globali. Il documento che è stato presentato ieri ha fatto scalpore nel mondo dell’economia, soprattutto perché segna il passaggio del FMI da un liberismo spinto a posizioni meno aperte, sullo spunto di ciò che si verifica nelle economie emergenti, paesi come il Brasile, l’Islanda, la Corea Sud etc, in cui i governi hanno adottato misure che limitano i movimenti di capitali.
Nel documento, infatti, si sottolinea come la libera circolazione dei capitali più di una volta è stata seguita da destabilizzazioni finanziarie (il Messico nel 1994-95, la Turchia nel 1994 …) e come, per contro, economie “meno aperte” hanno reagito meglio alla crisi attuale.