Arrivano buone notizie dal Rapporto Istat di quest’anno. Il documento mette in luce un Paese che già dagli ultimi mesi del 2014 scorso sta cercando con tutte le sue forze di lasciare la crisi.
Sicuramente, i segnali sono deboli, e non uniformi: gli occupati già durante lo scorso anno sono cresciuti dello 0,4 per cento, 88.000 in più, tuttavia i livelli precrisi sono ancora molto distanti, e la disoccupazione di lunga durata vanta un’incidenza del 60 per cento sul totale dei senza lavoro, con tempi di ricerca che arrivano a due anni. Nel contempo la crescita è focalizzata nel Centro e nel Nord, mentre il Sud sprofonda, con una perdita di mezzo milione di occupati dall’inizio della crisi.
Il presidente Istat, Giorgio Alleva, ha dichiarato:
Per il 2015, gli indicatori delineano prospettive positive in Italia e nel complesso dell’Unione economica e monetaria. Il Mezzogiorno è da molti anni assente dalle priorità di policy. La dimensione del problema è tale che, se non si recupera il Mezzogiorno alla dimensioni di crescita e di sviluppo su cui si sta avviando il resto del Paese, sviluppo e crescita non potranno che essere penalizzati rispetto agli altri Paesi.
Per la prima volta dal 2008 ad oggi il potere di acquisto delle famiglie nel 2014 si è stabilizzato, e i consumi sono cresciuti dello 0,3 per cento. Migliora la situazione di chi vive in condizioni particolarmente difficili: infatti l’indicatore di grave deprivazione materiale, che tra il 2010 e il 2012 era passato dal 6,9 al 14,5 per cento, è arretrato all’1,4 per cento, a vantaggio soprattutto delle coppie senza figli o con un figlio, e tra gli anziani; lo stato di sofferenza permane per le famiglie con almeno tre figli minori o le famigli dove ci sono disoccupati.