C’è voluto un bel po’ di tempo, ma ora la situazione si è aggiustata. In virtù del provvedimento del gip milanese, Fabrizio D’Arcangelo, dopo due mesi dall’entrata in vigore della legge ‘Salva Ilva’ il miliardo e 172mila euro di beni sequestrati al defunto Emilio e al fratello Adriano Riva, al momento ancora in Svizzera presso i conti della banca Ubs, entrano nella disponibilità dell’Ilva in amministrazione straordinaria.
Si tratta della parte più elevata della ricca dote dell’Ilva, che prevede anche i 400 milioni di euro di finanziamenti (300 saranno erogati da Cassa depositi e prestiti e 100 dalle banche) coperti da garanzia di Stato e i 156 milioni provenienti dal contenzioso Fintecna.
Il gip ha accolto le richieste dei commissari straordinari del siderurgico di Taranto – Pietro Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi – respingendo e disposto il trasferimento delle somme all’Ilva in amministrazione straordinaria. Ma il trasferimento non poteva avvenire sic et simpliciter, perché le somme sono comunque legate ai destini del procedimento penale nel quale sono coinvolti con il defunto Emilio Riva e il fratello Adriano anche Franco Pozzi ed Emilio Gnech, tutti accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato, trasferimento di valori (solo i fratelli Riva) riciclaggio (i due consulenti).
Nel decreto del gip si applica quanto contemplato dalla legge ‘Salva Ilva’, che prevedeva un sofisticato meccanismo tecnico per permettere al colosso siderurgico italiano di utilizzare quei fondi e destinarli al risanamento e al rilancio, applicando tutte le prescrizioni del Piano ambientale ma nello stesso tempo poter garantire i diritti dei soggetti coinvolti dal processo penale. Un sofisticato meccanismo giuridico-finanziario capace di soddisfare i giudici elvetici, frutto dei suggerimenti del procuratore aggiunto milanese Francesco Greco e dell’impegno del consigliere strategico di Matteo Renzi, Andrea Guerra.