Esiste un grosso gap tra prezzi di vendita delle case all’asta e prezzi sul mercato. Lo sottolinea l’Omi, Osservatorio del mercato immobiliare curato dall’Agenzia delle Entrate, considerandolo tra gli effetti della ‘crisi del mattone’. Vi è una parte di mercato che dunque non attira acquirenti, neanche in caso di saldi. Perché le vendite all’asta sono a tutti gli effetti saldi.
I prezzi dati dall’Omi sono dunque molto distanti dai prezzi delle case all’asta. I ribassi sono anche di due cifre percentuali.
Nelle Marche, ad esempio, il Fisco considera un appartamento di taglio medio (appartenente alla categoria standard A/2) valente 220.000 euro. In alcuni casi anche 100.000 euro in più. Nel mercato all’asta viene ‘svenduto’ a 99.000 euro. Prezzi reali, dunque, inferiori di quattro volte rispetto a quelli suggeriti dall’Omi.
Uno studio di Confediliza, effettuato su 40 città capoluogo, offre una fotografia ancor più vasta. Lo studio arriva in concomitanza ai passi decisivi che porteranno alla riforma del Catasto.
A questo punto occorre entrare nel vivo della messa a punto di nuovi strumenti di misurazione del valore reale degli immobili. Parliamo degli immobili a regime, quelli in cui il processo di valutazione sarà completato nel corso dei prossimi anni, sia di immobili transitori.
Il pericolo viene dalle procedure di valutazione e rivalutazione sempre più automatiche per il mercato. Il catasto basato su un algoritmo, come desiderato dalla riforma, preoccupa. Spaventa. In altri Paesi ha rivelato margini di errore. Sono molti e concreti i casi di appartamenti, molti dei quali a uso residenziale, finiti all’asta durante lo scorso anno.