Industria e commercio deludono. I dati di marzo, per entrambi i segmenti economici (due segmenti alquanto importanti per la ripresa italiana) sono negativi.
Successivamente a un filotto pressoché positivo durato ben quattro mesi, durante marzo le vendite al dettaglio hanno fatto nuovamente registrare a livello congiunturale, cioè nel raffronto con il mese prima. Si registra, secondo quanto riportato dall’Istat, un calo dello 0,8% in volume in confronto a febbraio, mentre in valore il calo è dello 0,6%. Rispetto a marzo 2015, cioè a livello tendenziale, le vendite crescono complessivamente, sia in volume (+1,9%) sia in valore (+2,2%). L’incremento più sostenuto è stato fatto rilevare per i prodotti alimentari: +3,7% in valore e +4,2% in volume.
Dal canto suo, l’Istituto italiano di statistica commenta non proprio positivamente l’attuale situazione riferendosi in particolar modo al calo delle vendite interne e alla diversificazione degli indici:
Se è vero che tutti i grandi istituti economici attribuiscono alla domanda interna il ruolo di timone della ripresa, viste le difficoltà dei Paesi emergenti che impattano sull’export, non è una buona notizia il fatto che nella media del trimestre gennaio-marzo 2016, l’indice in valore registra una variazione nulla, mentre l’indice in volume aumenta dello 0,1% rispetto al trimestre precedente.
Riguardo invece a quelle che sono le tipologie di negozi che riescono ad ottenere un aumento dei loro affari, l’Istat è tornata a parlare di una dinamica positiva per ciò che concerne la grande distribuzione (+2,9%) in confronto alle imprese che operano su piccole superfici (+1,6%). Gli aumenti più consistenti in valore sono relativi alle imprese da 6 a 49 addetti (+2,8%) e a quelle con almeno 50 addetti (+2,7%).