Sono arrivate a destinazione nella casella delle lettere di ben centocinquanta mila italiani le prime “buste arancioni” inviate dall’Inps, i documenti che informano sulla data probabile della loro pensione e sul valore del loro futuro assegno.
Si tratta solo di un primo campione, ma nel corso del 2016 dovrebbero essere 7 milioni i cittadini raggiunti dalla lettera, che è alternativa al sistema di calcolo “La mia pensione” presente sul sito Inps per coloro che hanno attivato il Pin dell’Istituto. Una informativa che sarà operativa dopo alcune false partenze, che cade in un periodo caldissimo sul fronte previdenziale, dove imperversano le richieste di estendere il bonus da 80 euro anche ai pensionati e di correggere la riforma Fornero reintroducendo la flessibilità in uscita dal lavoro. Tutti elementi da contemperare con la tenuta finanziaria del sistema.
L’operazione dell’Istituto della previdenza punta a informare i cittadini della propria situazione finanziaria futura, in ottemperanza del fatto che le ultime riforme non hanno soltanto allontanato l’età del ritiro dal lavoro, ma anche assottigliato gli assegni. Se i lavoratori più anziani, che si ritirano con il vecchio metodo “retributivo”, ambiscono a tassi di sostituzione (cioè la percentuale dell’ultimo assegno che si porta in pensione) superiori all’80%, quelli dei futuri pensionati col sistema “contributivo” faticheranno ad arrivare al 60%. Col rischio per alcune generazioni, come i nati negli anni Ottanta, di potersi ritirare “solo a 75 anni”; un allarme lanciato dallo stesso presidente dell’Inps, Tito Boeri. Nelle simulazioni della busta arancione gioca un ruolo fondamentale la previsione della crescita del Paese e dell’aumento dell’aspettativa di vita: assunzioni che hanno fatto discutere, visto che l’Istituto ha messo alla base delle sue stime un +1,5% del Pil, che pare ora difficilmente raggiungibile.