Le banche italiane domanderanno alla Banca centrale europea fino a 34 miliardi di euro nel contesto della maxi-iniezione di liquidità decisa da Mario Draghi il 5 giugno. Gli amministratori delegati di UniCredit Federico Ghizzoni e di Mps Fabrizio Viola, hanno già fatto le loro richieste informali, per un ammontare rispettivamente a 14-15 miliardi e 6 miliardi. E Carlo Messina, il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, ha detto di aver bisogno di circa 13 miliardi. La prima tranche ci sarà già a settembre, quando è prevista la prima delle due aste per un totale di 400 miliardi con il fine di aumentare il flusso dei crediti all’economia reale dell’Eurozona.
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“Abbiamo intenzione di ricorrere ai Tltro (Targeted longer-term refinancing operations, cioè proprio l’immissione di liquidità negli istituti subordinata ai prestiti a famiglie e imprese,) della Bce per altri 13 miliardi e il beneficio di questi verrà parzialmente girato sui nostri clienti”, ha affermato Messina durante la presentazione di un accordo con Confindustria. Solo “parzialmente”, quindi, sebbene i nuovi prestiti con scadenza a 4 anni e tassi di interesse molto propizi siano stati valutati proprio perché le banche li usino per fare prestiti. E non, come successo dopo l’operazione di rifinanziamento da oltre 1000 miliardi fatta tra 2011 e 2012, per acquistare titoli di Stato o rifinanziare obbligazioni in scadenza. D’altra parte le banche italiane, al contrario delle banche europee, devono ancora restituire all’Eurotower gran parte di quei fondi. Solo Intesa ha restituito i soldi alla Bce, ma convertendo una parte dell’ammontare restante in strumenti di finanziamento con scadenza più ravvicinata.