Sul calendario degli italiani è segnata con un cerchio la data del 1° ottobre 2013, giorno in cui potrebbe arrivare il tanto temuto aumento dell’Iva, l’imposta sul valore aggiunto, che passerebbe così dal 21 al 22%.
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Si tratterebbe del settimo aumento in 40 anni, da quando, cioè, con il D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972, voluto dall’allora ministro delle Finanze Athos Valsecchi durante il secondo Governo Andreotti, quando la vecchia imposta generale sulle entrate (IGE), che colpiva l’intero valore del bene per ogni suo trasferimento, venne sostituita con l’Iva, ossia con una tassa da calcolare solo sul valore aggiunto che il bene acquisisce lungo il ciclo produttivo.
Pur avendo delle aliquote molto basse, l’IGE aveva si ripercuoteva su quelle imprese che si occupano di tutto il ciclo di produzione, una distorsione che è stata corretta dall’Iva, certamente non priva di difetti.
Ma ciò che più pesa di questo tributo è il suo continuo aumento nel corso degli anni. Se, infatti, al momento della sua entrata in vigore il 1° gennaio del 1973, l’aliquota da applicare al valore aggiunto del bene per il calcolo dell’Iva era del 12%, più alta di quella dell’IGE per compensare la perdita del gettito dovuto ai minori importi sui quali si applicava la tassa, è stata portata al 14% già nel 1977.
► I possibili effetti dell’aumento dell’Iva ad ottobre 2013
Da lì in poi una cascata di aumenti: l’aliquota è stata portata al 15% nel 1980, al 18% nel 1982, al 19% nel 1988, al 20% nel 1997 e con D.L. n. 138 del 13 agosto 2011, l’aliquota è arrivata al 21%.
Se non si troveranno le coperture, ad ottobre potrebbe scattare il settimo aumento, che porterà l’aliquota Iva ordinaria al 22%