La riforma dell’Università che ha portato alla divisione del ciclo di studi accademico in due parti, il famoso 3+2, è stata particolarmente contestata sia dai docenti che dagli studenti che si sono trovati a dover gestire un numero infinito di corsi ed esami da sostenere.
Sono passati dodici anni dall’entrata in vigore della riforma e Almalaurea ha tirato le somme di questo lungo periodo, focalizzando la sua attenzione su coloro che hanno deciso di fermarsi al primo step, ovvero i possessori di una laurea breve.
Il laureato triennale è una figura di incerta collocazione nel mondo accademico e tanto più nel mondo del lavoro. Non solo l’Università ha delle grandi difficoltà in Italia a fare da ponte tra il periodo della formazione e il momento dell’entrata nel mondo del lavoro, quest’ultimo si è trovato impreparato ad accogliere una figura professionale diversa da tutte le precedenti.
Ma, stando almeno ai dati che ha riportato Almalaurea, con il tempo la situazione lavorativa dei laureati triennali si è normalizzata e, per alcuni corsi di laurea, ha garantito un livello occupazionale alla fine del percorso di studi pari all’80%.
I titoli triennali più spendibili sono quelli che danno delle effettive competenze tecniche o pratiche. Il maggior numero di laureati triennali che hanno trovato lavoro si è registrato per i corsi di laurea per professioni sanitarie, quelli in scienze dei servizi giuridici, scienze dell’amministrazione e dell’organizzazione e in scienze dell’educazione e della formazione.
Ottime performance anche per i laureati in scienze e tecnologie informatiche che hanno trovato lavoro anche con un titolo triennale nel 60% dei casi.