Il nuovo programma di Unicredit al 2018 contempla un taglio di 18.200 dipendenti, compresa la vendita della controllata in Ucraina e la società paritetica con il Santander e i fondi sulla controllata del risparmio gestito Pioneer, due operazioni mediante le quali usciranno dal perimetro aziendale 6mila dipendenti.
Gli altri 12.200 lavoratori lasceranno il gruppo per effetto di razionalizzazioni nei centri direzionali (dove è previsto un calo del 17% rispetto alla forza lavoro 2014) e nella rete di banca commerciale in Germania, Austria e Italia e Centro Est Europa (-9%), così da portare la forza lavoro a 111mila dipendenti fra tre anni.
In Italia gli esuberi nuovi dovrebbero riguardare 540 persone, per la maggior parte dirigenti. Nel marzo 2014, infatti, Unicredit concordò con le rappresentanze sindacali un piano al 2018 che contemplava 5.100 esuberi (di cui 2.400 già avvenuti, e 2.700 da effettuare). Mentre secondo fonti sindacali il nuovo documento, che traguarda la stessa scadenza triennale, implica l’uscita di altri 540 dipendenti. Nella presentazione che Unicredit ha diffuso allegata al piano strategico si parla per l’Italia di 6.900 uscite, ma questo numero ricomprende sia i vecchi accordi sia i dipendenti di società basate in Italia ma che operano in altri paesi dove la banca è presente. La nota parla anche del taglio di 800 filiali entro il 2018 da parte della commercial bank in Italia, Austria e Germania. Al settembre scorso, già 928 sportelli erano stati chiusi.
Anche per effetto delle riduzioni di personale (che comunque costeranno 1 miliardo al lordo delle imposte), l’istituto otterrà un contenimento dei costi per 1,6 miliardi di euro, e potrà rilanciare la redditività, con un obiettivo di utile netto a fine piano di 5,3 miliardi. Nel bilancio 2014 Unicredit ha guadagnato 2 miliardi. L’azione a Piazza Affari ha allungato il passo dopo la diffusione delle linee guida del piano industriale. I titoli, che salivano di quasi il 2%, hanno accelerato superando la soglia dei 6 euro.