Un anno di rinvii in attesa delle decisioni delle corti, che è probabile giungano con il 2018. La riforma in spa delle banche popolari con un patrimonio oltre gli otto miliardi, una delle più importanti della legislazione Renzi, è rimasta ferma per alcuni dubbi di costituzionalità. Così, per gli unici due istituti che non hanno fatto il salto, le Popolari di Sondrio e di Bari, è iniziato un lungo periodo di riflessione.
Bloccati anche i piccoli soci, quelli che vorrebbero vendere ed esercitare il diritto di recesso di fronte alla trasformazione della banca popolare in società per azioni. La riforma prevede che il diritto al rimborso delle azioni possa essere limitato e addirittura escluso. A Bari, nel corso del 2016, il titolo ha visto una prima svalutazione da 9,53 a 7,50 euro, ribassato fino a 6,60 – il 12% in meno, limite massimo di scostamento consentito – nelle oscillazioni nel borsino HI-Mtf. Ma il Gruppo guidato dal presidente Marco Jacobini sostiene ormai la necessità del passaggio alla nuova configurazione in spa e prepara il traghettamento dello storico istituto a conduzione familiare, verso un rilancio che passa dalla via del mercato.
I primi passi sono stati compiuti attraverso l’accordo con Cerved per la gestione delle sofferenze e delle inadempienze probabili e con la prima operazione della banca sui mercati capitali: la cartolarizzazione dei mutui ipotecari residenziali, affidata all’esperienza della statunitense JP Morgan.
L’incertezza riguarda anche gli investitori e a Sondrio il fondo anglosassone Amber ha depositato due atti di intervento al Consiglio di Stato e alla Corte costituzionale, attaccando la mossa attendista dei soci storici e la confusione generata dalla sospensione di fatto del diritto di recesso. Il management della Popolare rimane affezionato all’idea di costituire la holding cooperativa dove trasferire il sistema una testa un voto, possibilità negata con forza da Banca d’Italia ma rimessa invece in discussione dallo stop del maggiore organo di giustizia amministrativa.