Il rappresentante del Fondo Monetario Internazionale (FMI), Poul Thomsen, continua a chiedere alla Grecia ulteriori sforzi relativi alle pensioni, non vedendo altra strategia per raggiungere l’obiettivo di un avanzo primario del 3,5% del pil nel 2018, concordato con gli altri 2 creditori pubblici (UE e BCE) nell’estate scorsa, quando ha trattato le condizioni per l’ottenimento di un terzo piano di aiuti per 86 miliardi in 3 anni.
Affinché questo target possa essere centrato, saranno chiesti ad Atene con ogni probabilità nuove misure di austerità fiscale per 7,2-9 miliardi di euro, pari al 4-5% del pil. Non si vedono altri sbocchi, se non alternative al taglio della spesa previdenziale, dove si concentrano i maggiori squilibri del bilancio pubblico ellenico.
Ogni anno, lo stato interviene al fine di coprire la spesa pensionistica con risorse derivanti dalla fiscalità generale per il 10% del pil, quando la media europea è del 2,5%. Ecco, quindi, che la Troika intende aggredire proprio questo capitolo insostenibile di spesa pubblica, ma la cui riforma sta scatenando una nuova ondata di proteste nel paese. Oggi è stato il turno degli agricoltori, che nelle vie della capitale hanno lanciato anche pietre contro le forze dell’ordine.
La tensione sociale è tornata molto elevata, dopo mesi di relativa calma. Pur in considerazione che le pensioni stiano assolvendo da anni una funzione assistenziale più ampia, che non solo quella propria di tutela della vecchiaia, i creditori non possono accettare che i greci vadano in quiescenza prima dei loro colleghi europei e a condizioni più generose. Per questo, minacciano ancora una volta di non erogare la nuova tranche di aiuti, necessaria perché Atene onori le prossime scadenze.