Per tutti i nuovi assunti che sottoscrivono con l’azienda un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, dovranno fare i conti con un licenziamento più facile e una nuova procedura di conciliazione. Entrambi spiegati in modo chiaro dal Jobs Act. Proviamo ad analizzare la norma e alcuni dei suoi punti più critici.
Il Jobs Act ha definito un nuovo tipo di contratto indeterminato a tutele crescenti che cambiano in modo molto profondo l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ridefinendo le modalità di reintegro in caso di licenziamento illegittimo per nuovi assunti. Non si esclude la possibilità di conciliazione.
> Il licenziamento nel contratto indeterminato a tutele crescenti
Il diritto al reintegro nel posto di lavoro sulla base del Jobs Act, sarà valido soltanto in caso di:
– licenziamento discriminatorio, o nullo,
– licenziamento intimato in forma orale,
– licenziamento per motivi disciplinari per cui sia stata dimostrata l’insussistenza del fatto materiale in giudizio.
Il diritto di reintegro previsto dall’articolo 18 è sostituito con l’indennizzo economico quando si è in presenza di un licenziamento illegittimo per giustificato motivo oggettivo e in tutti i casi di licenziamento per giustificato motivo o giusta causa.
Rispetto al licenziamento, le novità riguardano quello per giustificato motivo oggettivo, per esempio per motivi economici. In questo caso non è previsto il reintegro. Anche nel caso di licenziamenti disciplinari il ritorno sul posto di lavoro è molto più difficile. E infatti qui si concentrano tutte le difficoltà interpretative della norma. Si cerca infatti di comprendere a pieno la questione dell’insussistenza del fatto materiale.
Il problema di fondo è che anche la norma rende licenziabile un lavoratore per un fatto che sussiste, il lavoratore potrebbe aver stipulato un contratto che non prevede il licenziamento per quel fatto stesso. Come comportarsi quindi se il licenziamento non è una misura proporzionata al motivo che ha originato questo provvedimento del datore di lavoro?