Un caffè può portare al licenziamento per giusta causa. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7819/2013. Il caso è stato quello di un impiegato di banca che si è preso una pausa dal lavoro nonostante alla cassa di sua competenza fossero in attesa ben 15 persone.
Il licenziamento per giusta causa è utilizzato dal datore di lavoro in caso di inadempimenti gravi del lavoratore, non solo contrattuali. In questo caso, la Corte di Cassazione ha dato ragione all’istituto bancario, confermando il licenziamento e condannando il lavoratore anche al pagamento di una sanzione di 3.500 euro più le spese processuali.
► Cos’è il licenziamento per giusta causa?
Il primo motivo riconosciuto dalla Cassazione, in questo caso, è stato il rallentamento delle attività di cassa, anche se il dipendente aveva lasciato il compito della gestione della sua cassa ai colleghi.
Poi, come da legislazione, questo tipo di comportamento è stato ritenuto lesivo degli interessi del datore di lavoro – in questo caso si tratta di interessi patrimoniali – ed è aggravato dalla lesione degli interessi pubblici, dal momento che il lavoratore, in questo caso, si trova ad amministrare soldi non suoi, ma dei clienti che ripongono la massima fiducia nella banca della quale scelgono di diventare clienti.
I motivi del licenziamento per giusta causa
Infedeltà all’azienda e scarso rendimento
Mancata comunicazione delle assenze e falsi certificati
Irreperibilità e cumulo di impieghi
Outsourcing e ridimensionamento
Comportamenti scorretti nei confronti del datore di lavoro
Uso privato degli strumenti aziendali
Eccessi nella condotta professionale e privata
Uso improprio del telefono privato e aziendale
Altri motivi di licenziamento per giusta causa