Molti cittadini, per risparmiare sull’acquisto di una casa o di un altro bene, in genere, prendono parte alle aste, ma in qualche caso questi strumenti si rivelano dei tranelli. O meglio, l’acquirente, in buona fede acquista un cespite pignorato e poi si trova con la famosa gatta da pelare.
Il fisco o meglio la giustizia, arrivano in soccorso dell’acquirente e viene premiata la buona fede espressa nell’atto d’acquisto. La storica decisione è stata presa dalle Sezioni unite civili della Corte di Cassazione attraverso la sentenza 21110/12, pubblicata il 28 novembre.
L’acquisto di un cespite pignorato, effettuato da una terza persona in buona fede, proprio nell’ambio di un’asta, deve essere premiato e resta valido, nonostante il titolo che giustificata l’esercizio dell’asta, in realtà sia venuto meno.
La buona fede va dimostrata, nel senso che non devono venire fuori collusioni tra gli acquirenti e i creditori e l’asta deve essersi svolta secondo le regole.
L’esecutato, tra l’altro conserva il diritto di ottenere il ricavato dalla vendita ma poi ha la possibilità di chiedere un risarcimento del danno nei confronti del creditore.
Il ricavato della vendita spetta al contribuente che ha anche la possibilità di fare causa ad Equitalia per responsabilità processuale aggravata. Tutte le indicazioni sono state annunciate nei migliori siti dedicati al mondo delle aste immobiliari.