I prezzi delle materie prime si aggirano attualmente intorno ai minimi degli ultimi tredici anni. Su base annua, le commodities lasciano sul terreno quasi il 28%, trascinate certamente dal tonfo delle quotazioni del petrolio, più che dimezzatesi nel contempo, ma un ruolo non secondario lo ha giocato anche l’oro, che rispetto a un anno fa mostra un prezzo del 14,5% più basso.
In confronto a un mese fa, i prezzi delle materie prime sono calati dell’8,5%. Un crollo vero e proprio, stavolta poco correlato con il rafforzamento del dollaro, che nell’ultimo mese ha guadagnato appena l’1,3% e nell’ultima settimana ha perso lo 0,3%.
Eppure, il metallo ha guadagnato posizioni nell’ultima settimana. Se il 5 agosto scorso quotava 1.085 dollari l’oncia, adesso viaggia 1.116, arrivando a 1.117 dollari, il livello più alto delle ultime 3 settimane, segnando un rialzo del 3% in 5 sedute. Un segnale non da poco, se si considera il clima “bearish” attorno all’oro, in questi mesi.
Va detto che il trend rialzista è iniziato prima che la Cina svalutasse lo yuan, ma sembra chiaro che la mossa di Pechino starebbe sostenendo il metallo. Il perché potrebbe essere meno immediato di quanto s’immagini. Tutto ciò che rafforza il biglietto verde, infatti, dovrebbe impattare negativamente sulle quotazioni, ma in questo caso starebbe prevalendo un altro ordine di ragionamento, ovvero che la svalutazione dello yuan potrebbe portare a un pò di disordine finanziario e scatenare una guerra valutaria. E allora, meglio mettersi al riparo dalle turbolenze possibili. Inoltre, la Federal Reserve potrebbe rinviare la stretta monetaria, se intuisse che il rialzo dei tassi a settembre rafforzasse eccessivamente il dollaro, quando i maggiori competitor svalutano.