Ancora è molto presto per dire addio al contante. Il 30 giugno dello scorso anno, infatti, è entrata in vigore la legge che impone a commercianti e professionisti di accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito, nel casi in cui la somma è superiore ai trenta euro.
Una legge che, però, non ha profuso gli effetti sperati. La norma non ha stimolato l’utilizzo della moneta elettronica, anche perché sprovvista di sanzioni per il mancato utilizzo. “Il dato, tuttavia, è in crescita. Anche se siamo lontani persino dai vicini francesi qualcosa si muove. Il problema, però, è soprattutto culturale” dice Enrico Susta, responsabile dei sistemi di pagamento di Banca Sella che aggiunge: “La questione non è più infrastrutturale, la quota pro capite di carte in Italia è 1,1, mentre i Pos sono circa 1,5 milioni. Non siamo lontani dalla media europea”.
Insomma neppure la legge aiuta l’utilizzo della moneta elettronica. Anche perché senza una sanzione per chi è sprovvisto di bancomat, tanti cercano ancora di aggirare la legge risparmiando in questo modo una cifra che oscilla tra i 25 e 180 euro annui per l’installazione del Pos, oltre ai costi variabili legati ai prezzi delle transazioni.
E se il responsabile innovazione del Pd, Sergio Boccadutri afferma che “il problema non è nelle sanzioni, ma piuttosto nella cultura”, Susta gli fa eco sottolineando che per spingere l’utilizzo della moneta elettronica “occorre individuare le giuste leve tecnologiche che perché le carte diventino un oggetto di utilizzo quotidiano”. In questo modo aumenterebbero le transazioni e probabilmente si ridurrebbero i costi d’utilizzo, anche per i commercianti: “I prezzi – prosegue Susta – sono già diminuiti e i commercianti non fanno i conti sul rischio di avere molto contante in casse”, per l’Abi il costo del contanti arriva a 10 miliardi di euro l’anno.