Debiti Pa, Italia fanalino di coda in Europa

Malgrado i tempi di pagamento siano scesi di 10 giorni (ora sono necessari 170 giorni per pagare i fornitori ad un’amministrazione locale), il nostro Paese è ancora annoverato all’ultimo posto per quanto riguarda la contrazione del debito nel Vecchio Continente.

Dodici mesi fa, le fatture erano saldate mediamente dopo 180 giorni. Nel 2013, secondo l’elaborazione rilasciata dalla Cgia di Mestre, i fornitori devono aspettare 170 giorni.

Solo la Grecia, situata nella graduatoria generale al penultimo posto, ha fatto meglio: per l’anno in corso ha accorciato i tempi di pagamento di 15 giorni.

La lieve diminuzione dei tempi per il pagamento dei debiti della Pa è data, secondo la Cgia, dagli effetti della nuova legge nazionale entrata in vigore dal primo gennaio di quest’anno che ha metabolizzato la direttiva europea contro i ritardi dei pagamenti, e al fatto che nel Paese è cresciuta di gran lunga la sensibilità nei confronti di questo problema.

Ad oggi, dunque, c’è una maggiore celerità nel pagamento dei propri fornitori da parte delle Pubbliche amministrazioni. Secondo Giuseppe Bortolussi “Questa è un’inversione di tendenza importante, ma non ancora sufficiente, visto che rimaniamo fanalino di coda a livello europeo. Se in questo ambito le Pubbliche amministrazioni di Grecia e di Cipro continuano ad essere più efficienti della nostra, vuol dire che il lavoro da fare è ancora molto”.

Il distacco con il resto dell’Ue è tuttavia ancora abissale. Se la nostra Pa salda le fatture mediamente dopo 170 giorni, la media europea è di soli due mesi.

Il crollo del dollaro australiano continua

 L’Australia era considerata una nazione florida e in buona salute, capace di offrire numerosi posti di lavoro, soprattutto ai giovani. La popolazione di questo paese, infatti, è insufficiente e coprire tutte le offerte del mercato.

Peccato che il mercato sia peggiorato in un batter d’occhio e oggi, a distanza di pochi mesi, si possa parlare di crollo del dollaro australiano. Una caduta senza fine che ha sorpreso tutti gli analisti valutari e gran parte degli investitori del settore Forex. L’Aussie, infatti, ha iniziato la sua fase di ribasso ed è finito sotto gli 0,9730 che è il limite minimo raggiunto da giugno 2012.

Il mercato forex è ancora favorevole al dollaro

Per capire bene la portata di questa flessione è sufficiente prendere in esame la coppia AUD/USD, dollaro australiano/dollaro americano che ha perso il 6,5 per cento del suo valore. La flessione è stata resa ancora più considerevole dal taglio dei tassi d’interesse della RBA, la cui azione ha portato il costo del denaro fino ai livelli minimi di sempre, fino al livello 2,75%.

L’Australia in crisi finora aveva resistito

Sembra che ad influire sulla flessione, comunque, sia stata anche la debolezza delle commodities e poi anche il fatto che la crescita economica australiana non ha rispettato le attese degli analisti.

Il mercato forex è ancora favorevole al dollaro

 Il mercato valutario è molto sensibile alle indicazioni sulle variazioni economiche e finanziarie dei vari paesi. Ogni mattina è fatto il punto sui mercati e anche nel Morning Adviser di oggi si spiega che la situazione è invariata rispetto ai mesi scorsi, così come la chiave di lettura del mercato.

Quando il dollaro investito frutta davvero

In pratica, il mercato odierno è tutto sbilanciato a favore del dollaro americano che vince su tutte le altre valute, compreso lo yen. La situazione contingente del Forex si lega alle strategie delle banche centrali che stanno lavorando sugli spread e che pensano a svalutare le monete delle aree economiche di riferimento.

Il piano monetario contro il dollaro

Nella giornata di ieri è stato pubblicato il dato relativo alle Richieste di disoccupazione degli Stati Uniti e si è visto che il dato è in aumento fino a 360 mila unità, mentre ci si aspettava uno stop a 300 mila unità. Il dato superiore alle attese, chiaramente, è un segnale negativo. Un segnale che comunque va nella direzione opposta ai dati macroeconomici riferiti all’America.

Ad ogni modo il sentiment pro-dollaro è ancora preponderante perché nonostante i piccoli cedimenti dell’economia, le borse hanno tenuto bene, non hanno fornito segnali di cedevolezza e anzi sono risultate in una case di accumulazione.

L’oro ancora al ribasso va verso i livelli minimi

 Un analista finanziario di Saxo Bank, Steve Lucas, ha fatto un’analisi accurata delle quotazioni auree spiegando che in futuro ci saranno ancora dei ribassi. Una prospettiva che, sebbene contraddica tutte le precedenti visioni, soprattutto quelle della fine del 2012, introduce al trend più “plausibile”.

Oro sotto i 1500 dollari l’oncia

L’analisi di Lucas parte da un’idea molto precisa del trend dell’oro. In questi mesi, il mercato ha registrato i massimi mensili più bassi da novembre 2012 ad oggi. I prezzi dell’oro hanno chiuso una serie di minimi annuali più alti. Tutto fa pensare che siamo davanti ad un sentiment ribassista. Ad aprile, però, c’è stato un rimbalzo che ha fatto recuperare le quotazioni dell’oro e fa intuire una rottura del trade basso del 2011.

Nessuno si spiega il crollo dell’oro

Oltre all’analisi, Saxo Bank fornisce anche delle indicazioni precise per gli investimenti dei prossimi mesi. In particolare offre tre parametri ed un suggerimento. I parametri indicati nel report sono sostanzialmente tre. L’entry, lo stop e il target. Il primo parla di un mercato a 1400 dollari l’oncia. Lo stop è equivalente invece al massimo livello di quotazioni raggiunte a maggio che equivalgono a 1487,6 dollari l’oncia. Infine il target che è dato da 1321,5 e 1284,3, dove il primo è il minimo raggiunto nel 2013 e il secondo è un pull back del 38 per cento calcolato al rally decennale del periodo 2001-2011.

La rata dei mutui scende se sono accesi online

 I mutui accesi tramite una banca online o sfruttando le risorse del web, sono sicuramente i più economici. In generale, questo, non è un momento per chiedere un prestito finalizzato all’acquisto della casa, ma è vero che si possono comunque trovare delle soluzioni al risparmio.

Primo trimestre 2013 nero per i mutui

I mutui online rientrano in questa categoria perché sembrano essere estranei alla logica delle banche tradizionali. Supermoney ha provato a fare un confronto online delle offerte disponibili in rete. L’esempio è quello della richiesta inoltrata da un impiegato a tempo indeterminato di 35 anni che abbia uno stipendio netto di 1800 euro al mese. La richiesta d’esempio è fatta per un mutuo di 100 mila euro da rimborsare in 25 anni, a tasso variabile con cap. L’indicizzazione è quella con il tasso BCE, in modo da poter approfittare di un ulteriore tagli o dei tassi.

Come si usa lo stipendio degli italiani

Le offerte più convenienti per questo tipo di richiesta sono quelle della Banca Sella, della BNL e della Deutsche Bank. La prima delle tre propone il mutuo Ambra On Line BCE Acquisto con un TAEG del 3,64 per cento. Il tasso variabile BCE è fissato allo 0,50 per cento cui si aggiunge uno spread del 2,80 per cento. Da aggiungere ai costi le spese di perizia, 200 euro e le spese d’istruttoria di 1000 euro.

Primo trimestre 2013 nero per i mutui

 Il primo trimestre del 2013 doveva essere un periodo di ripresa per il settore dei mutui, invece i primi report riferiti ai mesi di gennaio, febbraio e marzo, si conferma triste per il credito alle famiglie. Il Crif descrive molto bene la situazione: in primo luogo c’è stata la contrazione delle domande dei potenziali mutuatari che sono scese dell’11 per cento. E poi i loan to value delle banche restano troppo bassi.

Come si usa lo stipendio degli italiani

La contrazione delle domande di mutuo del primo trimestre del 2013 segue la contrazione delle domande del 2012 che è stata del 42 per cento su base annua. Se poi si vuole analizzare il numero reale delle abitazioni acquistate nel 2012, sfruttando la banca dati dell’Agenzia del territorio e dell’Agenzia delle Entrate, allora si scopre che c’è stata una riduzione degli acquisti del 38,6 per cento. Sono state effettuate soltanto 155.466 compravendite.

Come sospendere le rate del mutuo

La situazione descritta per quello che riguarda i mutui, influisce direttamente anche sul mercato immobiliare e su quello edilizio, considerati cruciali per l’economia nel suo intero. I clienti delle banche, però, hanno ormai perso la fiducia nei loro istituti di credito che non finanziano più del 60 per cento del valore dell’immobile. Il primo passo da compiere, quindi, sarebbe un ritorno ai finanziamenti che superano l’80 per cento.

Come si usa lo stipendio degli italiani

 La Confederazione italiana agricoltori ha realizzato uno studio sulle spese compiute dai nostri connazionali. Il risultato è che il 60 per cento degli stipendi degli italiani è usato per quelle che si chiamano “spese obbligate”, vale a dire il mutuo o l’affitto, la rata della macchina e le bollette, nello specifico acqua, gas e luce.

La Grecia torna sul mercato dei bond

Per questo motivo, visto il rallentamento del mondo del lavoro e vista la riduzione degli stipendi, si assiste ad una battuta d’arresto dei consumi. Le famiglie infatti, una volta pagate le spese obbligate, si trovano a dover risparmiare, o meglio tagliare, tutto il resto.

La casa non è una spesa per tutte le famiglie italiane

Ogni famiglia è chiamata in questo periodo di crisi a definire delle priorità di spesa, a scegliere se investire nel settore alimentare, piuttosto che nel vestiario. La recessione è ad ogni modo inevitabile e infatti, nel primo trimestre del 2013 c’è stato un crollo dei consumi del 4,2 per cento.

Le famiglie, dice la Confederazione italiana agricoltori, punta al risparmio rinunciando anche alla qualità. L’analisi è compiuta su un insieme di 13,8 milioni di famiglie che per rinunciando ai brand hanno iniziato, ad esempio, a servirsi degli hard-discount.

Chi non ha rinunciato ai marchi, invece, fa molta più attenzione alla spesa e cerca soltanto le offerte speciali, gli sconti e le promozioni in vigore.

Sale la domanda di carburanti ad aprile

 Per la prima volta a partire dal lontano 2011 in Italia ad aprile torna a salire la domanda relativa alla vendita di carburanti ed è come un timido raggio di sole nel mare buio dei consumi in negativo. Una timida inversione di tendenza, dunque, dovuta principalmente, dicono gli esperti dell’ Unione Petrolifera, ad una discreta crescita dei consumi per il gasolio da autotrazione.

>Aumentano i carburanti Eni e no logo

Solo nel mese di aprile, infatti, la domanda totale di carburanti è salita dello 0,6%, dato che si rileva sulla base dei numeri realizzati nel corso dell’ anno precedente. E’ il primo rialzo dopo due anni, forse ancora episodico, per cui è ancora presto per parlare di vera ripresa. Ma il dato di fatto è che nel mese di aprile il consumo del gasolio da autotrazione è salito dello 0,9%, mentre quello della benzina è rimasto invariato.

>Finalmente il prezzo dei carburanti inizia a scendere

Il gasolio di autotrazione è il carburante in genere usato da camion e furgoni, quindi questo dato potrebbe significare anche una lieve ripresa del commercio su gomma. Non bisogna tuttavia pensare che il dato positivo abbia influenzato tutto il comparto dei carburanti, dal momento che questo ultimo ha subito nei primi quattro mesi dell’anno una diminuzione abbastanza forte del 7,2%.

Asse bipartisan tra le Regioni contro il patto di stabilità

 Le politiche di rigore applicate agli enti locali stanno piano piano uccidendo gli enti locali. E’ per questo che quattro governatori di quattro regioni italiane si sono riuniti in un asse bipartisan per chiedere al Governo Letta di allentare la rigidità delle politiche di austerity connesse con il patto di stabilità.

I Comuni non subiranno alcun deficit di liquidità

L’ iniziativa è stata presa dai presidenti delle Regioni Lazio, Nicola Zingaretti, Puglia Nichi Vendola, Lombardia Roberto Maroni e Veneto, Luca Zaia, come confermato anche nel corso di una conferenza stampa congiunta, al fine di limitare la compressione delle spese imposta dal patto di stabilità , e sarà seguita da una campagna di informazione e di mobilitazione.

L’Ance avverte il Governo: il decreto non basta a frenare il debito delle Pa

Per Vendola, ad esempio, l’ idea principale è quella di raccogliere tutti gli alleati possibili e costituire al più presto un movimento istituzionale. Un movimento che si opponga alla cecità dei tagli lineari e del contenimento delle spese volute dall’ Europa, e che dimostri che, procedendo di questo passo sarà molto difficile arrivare anche solo al 2014.

Anche per Zingaretti il patto di stabilità europeo sta colpendo in maniera non corretta le amministrazioni locali, bloccando in maniera non utile i patrimoni. E’ necessario quindi allentarne i cordoni che riducono le possibilità di spesa.