Finito il Cda Telecom, panico in borsa

 Il consiglio di amministrazione di Telecom si è tenuto nella giornata di ieri e all’ordine del giorno c’era l’approfondimento del progetto di integrazione con 3 Italia oltre che lo scorporo della rete. Da discutere, inoltre, i dati dei conti del primo trimestre del 2013.

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Il Consiglio di amministrazione è durato circa sei ore e sono stati messi sotto la lente d’ingrandimento i conti aziendali, con la rispettiva valutazione dell’integrazione tra Telecom, H3G e 3 Italia. L’integrazione possiamo dire che non è in discussione, mentre è sicuramente oggetto di disputa lo scorporo della rete.

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Il consiglio d’amministrazione, a detta di Fitoussi, è andato molto bene anche se oltre questa dichiarazione, né lui né gli altri consiglieri hanno rilasciato delle interviste ai giornalisti. Il mese prossimo ci sarà quindi un ulteriore consiglio di amministrazione.

Questo primo meeting doveva servire a chiarire le idee ai soci di Telecom che non erano ancora ben disposti verso l’integrazione delle diverse realtà telefoniche. Come al solito la mancanza di una visione univoca, di una prospettiva unitaria, ha determinato un andamento altalenante del titolo Telecom che ha chiuso la giornata di contrattazioni con un -0,62%. Perde anche Telefonica, il socio spagnolo, con un -0,81 per cento.

I market mover del 9 maggio

 Il mercato valutario oscilla anche sulla base dei dati economici che giorno per giorno sono diffusi dalle agenzie dei vari paesi. Questi dati costituiscono i market mover di giornata. Il 9 maggio, il mercato valutario, sarà condizionato dalla diffusione dei dati sull’occupazione validi per l’Australia e per la Nuova Zelanda.

La Nuova Zelanda parte dal kiwi

Secondo gli analisti questo dato dovrebbe restare stabile e ci dovrebbe essere perciò una flessione del dato neozelandese. Questo dato sarà diffuso durante la notte. Mentre la mattina sarà condizionata dai movimenti dell’euro definiti dalla BCE e dalla sterlina.

Crescente il cambio euro dollaro

La BCE, infatti, rilascerà il Bollettino con le informazioni e i dati statistici definiti dall’ultimo meeting del consiglio direttivo. La decisione della Banca Centrale Europea, infatti, è stata quella di tagliare i tassi. Per quanto riguarda la sterlina, invece, ci sarà l’influenza del dato sulla produzione manifatturiera che è data in calo dallo 0,8% allo 0,4 per cento. Qualora il market mover in questione sia superiore alle attese, è probabile che la sterlina subisca una spinta al rialzo.

La sterlina, che come dicevamo è la grande protagonista di giornata, sarà influenzata anche dall’appuntamento della Bank of England, che annuncerà nel pomeriggio le decisioni sulla politica monetaria.

Crescente il cambio euro dollaro

 Dopo una fase che potremmo definire di stasi, legata al fatto che la crisi economica, collegata alla crisi valutaria ha messo in ginocchio il Vecchio Continente ma non ha risparmiato il resto del mondo, adesso il mercato valutario sta vivendo una nuova fase “crescente” almeno per quanto riguarda il volume degli scambi.

La Nuova Zelanda parte dal kiwi

La prima notizia presente nel mercato riguarda il cambio tra il dollaro neozelandese e il dollaro americano che tutti conoscono come kiwi. Questo è arrivato ai minimi storici, fino a quota 0,8350, ed ora la Nuova Zelanda ha deciso di avviare una politica economica di svalutazione della valuta locale per far ripartire l’economia.

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Per quanto riguarda il cambio tra euro e dollaro, entrano in ballo i rapporti economici e le prospettive di crescita del Vecchio Continente e dell’America. Ad influenzare questo cambio, di recente, è intervenuto il dato sulla produzione industriale della Germania. Il dato diffuso che ha subito colpito gli investitori, si è dimostrato superiore alle aspettative, almeno in relazione al mese di marzo.

Oggi il cambio euro/dollaro si assesta intorno al +1,2 per cento che è anche lo 0,5% in più del mese precedente. Nel giro di pochi minuti dalla diffusione dei dati sulla produzione industriale tedesca, la coppia euro/dollaro è passato da 1.3106 a 1.3138.

 

Amazon vuole crescere col mobile

 Negli Stati Uniti sta crescendo in modo esponenziale il commercio elettronico e anche per questo sta crescendo una realtà come quella di Amazon che sta per esplodere in un settore molto caldo e lucroso com’è quello del commercio mobile.

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Amazon.con Inc è conosciuta nel settore pubblicitario come il più grande rivenditore di Internet e dentro Amazon, elaborando i dati messi a disposizione da questo sito, si ha la possibilità di conoscere i gusti e le scelte della gran parte dei consumatori distribuiti nel mondo.

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Amazon, però, non ha mai sfruttato a pieno il suo potenziale. Adesso, grazie ai report di Business Intelligence, si comincia a parlare di quello che può succedere in futuro. In primo luogo la diffusione di uno smartphone siglato Amazon e poi la possibilità di Amazon di diventare anche un attore importante nel mercato pubblicitario mobile.

Amazon, quindi, avrebbe delle buone intenzioni per aggredire il mercato, partendo da alcuni settori importanti: il primo è senz’altro la vendita di tablet, il secondo, invece, è la vendita di software tramite l’Appstore, poi c’è la vendita dei supporti e infine la vendita di smartphone.

Il punto focale, però, sarà la vendita di annunci per cellulari.

La Nuova Zelanda parte dal kiwi

 Il mercato Forex è senz’altro uno dei mercati più interessanti per chi investe nelle opzioni binarie visto che scommettere sui trend descritti da una moneta è apparentemente più semplice che investire sulle scelte economiche dei singoli stati.

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Per individuare un trend monetario, infatti, è bene che siano selezionati i giusti market mover. Oggi, sotto la lente d’ingrandimento, c’è il dollaro neozelandese visto che è la valuta più venduta tra le major currencies.

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Il governatore della Banca Centrale di Wellington, vale a dire la Reserve Bank of New Zealand, ha impresso la sua direzione al mercato valutario visto che ha deciso che sul mercato sarebbe stato messo un freno al continuo apprezzamento della valuta nazionale.

Il dollaro neozelandese, infatti, è cresciuto al ritmo del 10 per cento circa sul mercato delle monete estere. Il tasso di cambio tra dollaro neozelandese e dollaro americano, nel Forex, comunemente chiamato “kiwi”, è crollato ed è arrivato ai minimi storici, vale a dire a 0,8350.

Diametralmente opposto il cambio EUR/NZD che è salito fino a 1,5710 il valore massimo dalla fine di marzo. Adesso è probabile, come prevede anche Credit Suisse, che si provveda ad un ulteriore taglio dei tassi d’interesse per indebolire il dollaro neozelandese.

La Germania deve ripensare all’austerità

 Le banche centrali, chi in un modo, chi in un altro, stanno procedendo compatte verso la creazione della moneta e a guidare questo percorso ci sono sempre la Federal Reserve americana e la Banca del Giappone. La politica economica che ora va per la maggiore è quella secondo cui il denaro cartaceo è la base della crescita.

Record di disoccupati in Spagna

In questo movimento e pensiero, l’unica banca che si sta muovendo in direzione opposta è la Banca centrale europea dove prevale il sentimento o meglio il pensiero tedesco. Purtroppo per la Germania, negli ultimi mesi, il malcontento è stato crescente e anche la determinazione tedesca è stata compromessa.

 Tutti i pareri sull’austerità

In tutta questa storia è poi arrivato anche il Federal Open Market Committee che con un comunicato ha spiegato che non ci sarà un nuovo quantitative easing. Il programma di stimolo americano sarà presto interrotto. Questa dichiarazione sta lanciando nel panico anche gli investitori. Di fatto persistono delle situazioni di disagio che non si riescono a sanare.

 Strategie per uscire dalla crisi

Per esempio nella zona euro, il numero dei disoccupati cresce e le disparità tra un paese e l’altro aumentano. Questo vuol dire che in qualche modo il concetto dominante di austerity è stato nella pratica messo in discussione e si dovrà ripensare tutto sull’argomento.

La laurea? Serve sempre a meno

 Molti di loro hanno preso 110 e lode, ma non se ne fanno nulla. Se gli va bene lavorano come camerieri o in una ditta di pulizie. E lo fanno senza batter ciglio. Lo conferma un’indagine effettuata intervistando 9.000 under trenta. La crisi continua a pesare moltissimo qualità della vita dei ragazzi che, a livello europeo, vedono compromesse le loro prospettive per un futuro autosufficiente dalle famiglie, vero ammortizzatore sociale di questo Stato.

Lasciano la casa dei genitori e mettono su famiglia più tardi degli altri.

Tra gli intervistati, un giovane su quattro ormai si accontenterebbe anche un impiego ben lontano dal lavoro desiderato. E al Sud il rapporto sale ad uno su tre.

Il problema, però, è arrivare a fine mese contenti. A volte il problema è arrivarci con qualcosa da mangiare in frigo.

In altri termini, tra stage sottopagati – che a differenza del nome diventano un vero e proprio lavoro – e impieghi di fortuna, il principale motivo di frustrazione che emerge dal rapporto è legato alla retribuzione, inadeguata per il 47% degli intervistati.

Una consolazione c’è. Per fronteggiare la difficile situazione, i laureati disoccupati le provano tutte e spesso decidono di mettersi in proprio rischiando e costruendosi il futuro. Ce la faranno? Si, perché posseggono uno spiccato senso dell’imprenditoria.

Le “sirene” cinesi ammaliano Telecom

Per Telecom c’è un’importante offerta: quella del miliardario cinese Li Ka Shing, che contempla la fusione di Telecom con la sua H3G.

La trattativa con Li Ka Shing proseguirà su un via parallela. Prima c’è da capire come si andrà avanti per ciò che riguarda l’operazione dello scorporo sulla Rete.

Si ipotizza una quotazione della società della Rete con una quota dell’Ipo (offerta pubblica iniziale) riservata al Fondo Strategico. In questa maniera a determinare il valore dell’infrastruttura sarà direttamente il mercato. Ad essere scorporata e societarizzata, comunque, non dovrebbe essere l’intera rete, ma solo il cosiddetto “ultimo miglio”, quello che va dagli armadietti nelle strade fin dentro le case. Quanto può valere? Le stime che circolano sul mercato parlano di 14 miliardi, inclusi 10 miliardi di debito che dovrebbero essere trasferiti nella newco.

Il fondo, tuttavia, può soltanto acquistare quote di minoranza.

Tuttavia, scorporare la rete e quotarla successivamente sul mercato potrebbe complicare le cose. Se Li Ka Shing dovesse diventare il socio di maggioranza di Telecom, è palese che il governo non potrebbe comunque permettere che a controllare l’infrastruttura (anche con il 60%) fosse l’imprenditore cinese. Il punto è che una volta quotata la rete, l’unico modo per sottrarla a Li Ka Shing sarebbe una costosa offerta pubblica d’acquisto. La strada per l’integrazione di 3, insomma, sembra essere decisamente in salita.

 

L’Europa non è più una priorità per gli italiani

 Il 53% degli italiani non sente più l’appartenenza all’Unione Europea come un’opportunità di sviluppo, bensì come uno svantaggio. E un italiano su due teme che in futuro non sarà in grado di garantirsi «condizioni di vita dignitose».

Nel contempo l’Europa fatica a uscire dalle sabbie mobili. La crisi la consuma ormai da sei anni.

Nel frattempo l’indagine Ipsos-Publicis “Gli europei e la fine della crisi” commissionata da sei importantissimi quotidiani europei, Sueddeutsche Zeitung, Le Monde, Gazeta Wyborcza, El Pais e il Guardian, vede l’Italia come uno Stato immerso in un pessimismo più accentuato rispetto a quello che affligge i cittadini del resto d’Europa. E due italiani su tre non credono che le ricette adottate per superare la recessione saranno efficaci (nella Ue è il 58%). Il 73% pensa anzi che il nostro Paese ne uscirà «lievemente» o «fortemente» indebolito (contro il 66% della media europea).

Al di là della contingenza, del pessimismo delle prospettive a breve (il 26% pensa che peggioreranno «molto”, il 52% «lievemente») è come se si respirasse ovunque un clima da cambio di paradigma, da «fine dell’eta dell’oro». Soltanto l’Est Europa si salva dalla sensazione – ancora una volta più forte in Italia che negli altri 26 Paesi dell’Unione -. che stia tramontando un’era, che le generazioni future staranno peggio.

Sono cambiate molto anche le abitudini degli italiani, nel corso della Grande crisi. Consumano e sprecano meno. Tuttavia, tirano la cinghia ma non rinuncerebbero mai allo stipendio.

Prime richieste per il rimborso dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni

 Un decreto stilato e firmato in fretta e furia quello che obbliga le Pubbliche Amministrazioni a pagare i debiti contratti nei confronti delle aziende e delle imprese italiane.

► Primi problemi per lo sblocco del pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni

Fin dall’inizio il decreto non ha riscosso molto consenso, né da una parte né dall’altra, ma, data la situazione critica in cui versa l’economia italiana, della quale le imprese sono la colonna portante, ci si è adattati e sono iniziate a pervenire le prime richieste di pagamento dei debiti contratti alla Cassa Depositi e Prestiti.

Lo fanno sapere dal Ministero del Tesoro che, in una nota di poche ore fa, riferisce  che sono già pervenute oltre 1.500 domande per un totale di circa 6 miliardi di euro da restituire.

Sul totale delle richieste pervenute la maggior parte è arrivata dalle Amministrazioni Comunali, 15 sono le domande presentate dalle Amministrazioni provinciali e 25 le richieste degli altri Enti locali.

► Chi pagherà i debiti delle imprese?

Questi soldi non ci sono tutti: il decreto prevede per il Fondo dedicato agli Enti locali risorse per un totale di 4 miliardi di euro da erogare in due anni, quindi, al momento, la soluzione è stata quella di dividere quanto disponibile tra tutti i richiedenti.

Le prime anticipazioni di liquidità saranno erogate entro il prossimo 15 maggio e  saranno effettuate a seguito del perfezionamento dei relativi contratti.