La Cassazione sulla modifica dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori

 La Sezione Lavoro della Suprema Corte di Cassazione ha emesso, all’ interno della sentenza n. 10550/2013, alcune precisazioni in merito alle modifiche relative all’ articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori volute dalla Legge Fornero, la legge 92 del 2012.

Vademecum sulla riforma del lavoro – L’interpretazione

Secondo la Cassazione, dunque, in estrema sintesi, la modifica dell’ articolo 18 prevista dalla Legge Fornero, “impone un approccio diverso alla qualificazione giuridica dei fatti, incompatibile con una sua immediata applicazione ai processi in corso”.

La riforma Fornero non piace alle imprese più piccole

Tradotto in altre parole, le aziende che fin da subito volessero appellarsi in Cassazione per vedere applicata una delle possibilità previste dalla nuova legge del lavoro in caso di licenziamento considerato illegittimo (che vanno dal reintegro del dipendente all’indennizzo di un minino di 12 mensilità), sappiano che la legge ha in realtà introdotto una complessa e articolata disciplina che regola i licenziamenti stessi.

Di conseguenza, il nuovo sistema introdotto dalla legge Fornero prevede «distinti regimi di tutela a seconda che si accerti la natura discriminatoria del licenziamento, l’ inesistenza della condotta addebitata o la sua riconducibilità tra quelle punibili solo con una sanzione conservativa”.

Poiché quindi, stando così le cose, la qualificazione giuridica dei fatti risulta particolarmente complessa, per la Cassazione non è possibile una applicazione immediata della legge ai processi in corso.

La disoccupazione giovanile è un problema globale

 73,4 milioni di giovani saranno disoccupati nel 2013. Lo dice il Rapporto ILO’s Global Employment Trends for Youth 2013 dell’International Labour Organization, che fotografa una situazione per cui, a parte alcune differenze regionali, i giovani sono la categoria più a rischio.

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Il tasso di disoccupazione globale nel 2013 raggiungerà il 12,6%, percentuale molto simile a quella che l’Onu ha registrato nel 2009, l’anno più nero della crisi economica. Ed è un trend rialzista che non accenna a fermarsi e, entro il 2018, il dato potrebbe crescere ancora fino a raggiungere il 12,8%.

A questo punto, come spiegano International Labour Organization, non si tratta più di una disoccupazione dettata dalla crisi economica – dopo il 2009 c’erano stati dei segni di ripresa – ma un problema proprio delle economie avanzate che sono caratterizzate da

disoccupazione persistente, una proliferazione di posti di lavoro temporaneo e un aumento di giovani scoraggiati; mentre nei paesi in via di sviluppo predominano posti di lavoro di bassa qualità, informali e al limite della sussistenza.

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Per questo motivo diviene sempre più necessario mettere in campo degli interventi mirati che si concentrino sull’istruzione e la formazione dei giovani che portino ad una interazione positiva tra la scuola, i giovani e il mondo del lavoro che, allo stato attuale, sembrano essere treni che corrono su binari paralleli.

 

Un accordo antiriciclaggio tra Vaticano e Stati Uniti

 Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha oggi dato notizia della stipula di un accordo d’ intesa tra l’ Autorità di Informazione Finanziaria (Aif) della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano e il Financial CrimesEnforcement Network (FinCen) di Washington, al fine di contrastare il riciclaggio di denaro e il finanziamento di operazioni terroristiche.

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Da questo momento in avanti, quindi, tra i due istituti internazionali avverrà, sulla scia di una alta cooperazione, un regolare scambio di informazioni utili per contrastare i fenomeni sopra descritti.

In realtà l’ AIF, istituita nel 2010 da Benedetto XVI, rappresenta un organismo indipendente rispetto agli altri enti della Santa Sede, sui quali appunto esercita funzioni di controllo, e la sua competenza si estende anche alla supervisione dello IOR.

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Proprio per questo motivo l’ accordo che l’ istituto della Santa Sede ha siglato con le istituzioni americane è analogo ad altri protocolli di intesa che sono in questo momento oggetto di trattative, ma che potrebbero venire a breve parimenti ratificati, sempre in vista di una più incisiva lotta al riciclaggio di denaro e al terrorismo internazionale, denaro  di cui quest’ ultimo si serve.

Calano il fatturato e gli utili di Enel

 In Italia il primo trimestre del 2013 si è chiuso con una netta diminuzione delle vendite di energia elettrica, che hanno comportato, di conseguenza, un calo del fatturato e degli utili del gruppo Enel.

Le vendite di energia elettrica in questi ultimi tre mesi hanno infatti subito un decremento del 7,1% in relazione al mercato italiano, francese e spagnolo, mentre gli utili netti (852 milioni di euro) hanno visto una diminuzione del 26,2%, accompagnato da una perdita del’ 1,5% nel fatturato.

Cresce l’utile di Enel Green Power

Al calo della domanda di energia in Italia e in Spagna ha fatto poi seguito anche un calo della produzione della stessa pari all’ 8,9% , sia per quella estera che per quella italiana, e  un calo della distribuzione.

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La situazione che sta interessando il gruppo Enel può essere dunque letta in questo modo: il calo dei ricavi del gruppo è imputabile principalmente al calo dei ricavi dalla vendita di energia che non sono stati sufficientemente compensati dai ricavi del trasporto dell’ energia e da quelli derivanti dalla sua produzione.

Infine l’ Ebitda, cioè il margine operativo lordo del primo trimestre del 2013 (4.077 milioni di euro) segna una contrazione del 4,2% rispetto all’analogo periodo del 2012 e riflette la riduzione del margine di generazione in Italia e Spagna.

Anche la Camera dà il via libera al Def

 Dopo quello di ieri pronunciato dal Senato, è arrivato, anche da parte dell’ Aula della Camera, il via libera al Def, il Documento di economia e finanza che è stato approvato con 419 voti a favore.

> Il Senato dà il via libera al Def

Nella Risoluzione la maggioranza ha così espresso la sua volontà di superare la rigida austerità di bilancio degli ultimi mesi, per aprire verso una politica che ripercorra la strada della crescita e dell’ occupazione. L’ obiettivo del Governo sarà dunque quello di continuare a razionalizzare la spesa pubblica, ma accanto alle misure di contenimento, si troverà anche spazio per accrescere gli investimenti produttivi e per alleggerire la pressione fiscale che al momento grava sulle spalle di famiglie e imprese.

Dai dividendi dello spread le risorse per l’IMU e la Cig

Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze Fabrizio Saccomanni ha quindi ricordato che l’ approvazione del Def da parte del Parlamento è un passo sicuramente importante anche nei confronti degli incontri con Bruxelles che si verificheranno a breve.

Il primo passo, infatti, è comunque costituito dalla chiusura della procedura di disavanzo, ma successivamente ci si dedicherà ad una revisione del Def in relazione anche alle riforme strutturali annunciate dal Governo.

Baretta rassicura i Comuni sui soldi dell’IMU

 Il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta ha rilasciato al Messaggero una intervista in cui ha chiaramente assicurato che il Governo troverà i soldi necessari per la compensazione del congelamento della rata IMU di giugno.

Dai dividendi dello spread le risorse per l’IMU e la Cig

Come è noto, infatti, il provvedimento che il Governo Letta si appresta a breve a ratificare tramite decreto, avrà un costo complessivo di 2 miliardi di euro, 2 miliardi su cui le amministrazioni locali e i Comuni italiani sperano di poter contare, chiedendo garanzie in merito.

Il vero costo dell’IMU

Il sottosegretario ha inoltre affermato che il blocco dell’ IMU di giugno non dovrà assolutamente costringere le amministrazioni ad operare tagli sui servizi ai cittadini, altrimenti l’ intero provvedimento rischierebbe di trasformarsi in uno svantaggio.

I Comuni, ha continuato il sottosegretario, dovranno considerare la compensazione IMU come un anticipo di cassa che la futura legge di Stabilità avrà il compito di risolvere e definire, una volta che l’ Italia sarà uscita dalla procedura europea.

Per quanto riguarda, invece, il rifinanziamento della Cig, la Cassa Integrazione in deroga, Baretta ha confermato la necessità del recupero di circa 1 miliardo e mezzo di euro, come già annunciato da altri esponenti del Governo e la volontà di quest’ ultimo di procedere per gradi, in modo da non rendere necessaria alcuna manovra aggiuntiva.

Dai dividendi dello spread le risorse per l’IMU e la Cig

 Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze Fabrizio Saccomanni ha riferito ieri in Senato nel corso della discussione per l’ approvazione del Def, il Documento di economia e finanza, facendo luce su una eventuale possibilità per il recupero di quelle risorse necessarie a finanziare i provvedimenti – e le emergenze – del Governo Letta.

Il Senato dà il via libera al Def

Il Ministro ha infatti suggerito che l’ attuale calo dello spread, ovvero del differenziale tra i titoli italiani e quelli tedeschi, unito alla relativa calma dei mercati finanziari e alla riduzione dei tassi di interesse delle ultime settimane, potrebbero fornire alle finanze pubbliche italiane quelle risorse utili a finanziare, ad esempio, il congelamento dell’ IMU e le nuove erogazioni relative alla Cig, la Cassa Integrazione in deroga.

Saccomanni conferma la Nota di aggiornamento del Def

Ma allora, sulla base delle ottimistiche previsioni del Ministro Saccomanni, quanti  soldi sarebbe in effetti possibile recuperare dal calo dello spread? Dal momento che il Def è stato redatto dal Governo Monti nel mese di aprile quando lo spread si collocava su circa 308 punti, i soldi che in previsione sarebbe possibile recuperare nei prossimi 3 anni ammonterebbero fino a 7 miliardi (entro il 2015).

Una cifra considerevole, dunque, che permetterebbe all’ Italia di risolvere non pochi problemi relativi al recupero delle risorse. Purché lo spread resti, appunto, lì dove si trova ora, cioè sotto i 260 punti.

Ecco i presidenti delle Commissioni parlamentari

 Dopo alcuni giorni di attesa e dopo una serie di incontri tenuti tra i principali esponenti delle forze politiche italiane della maggioranza (PD, Pdl e Scelta Civica), nella giornata di ieri, martedì 7 maggio sono stati finalmente decisi e diffusi i nomi dei presidenti delle Commissioni permanenti di Camera e Senato.

> Ecco la nuova squadra di governo

Con la nomina delle ultime poltrone, dunque, la squadra di governo di Enrico Letta dovrebbe così essere al completo, se non fosse per alcune nomine che restano al momento ancora di difficile soluzione per la mancanza di un accordo tra le parti contendenti.

La lista dei nuovi Ministri presentata da Enrico Letta

Mancano, ad esempio, ancora all’ appello il nome del presidente della commissione Giustizia del Senato, per il quale non si è trovato un accordo su Nitto Palma, candidato Pdl, e della cui nomina si ridiscuterà proprio questo pomeriggio.

Non è stato poi raggiunto un accordo neanche sui nomi dei presidenti delle Commissioni che di norma spettano all’ opposizione, ovvero la Commissione di vigilanza sulla RAI e il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (COPASIR), sulla cui identità dovranno decidere nuovamente gli esponenti del Movimento 5 Stelle e di Sinistra Ecologia e Libertà.

Ecco quindi i nomi dei presidenti neo eletti:

I presidenti di Commissione eletti alla Camera

Francesco Boccia (PD) -> Commissione bilancio
Fabrizio Cicchitto (PdL) -> Commissione esteri
Daniele Capezzone (PdL) -> Commissione finanze
Giancarlo Galan (PdL) -> Commissione cultura
Francesco Paolo Sisto (PdL) -> Commissione affari costituzionali
Donatella Ferranti (PD) -> Commissione giustizia
Elio Vito (PdL) -> Commissione difesa
Guglielmo Epifani (PD) -> Commissione attività produttive
Pier Paolo Vargiu (Scelta Civica) -> Commissione affari sociali
Ermete Realacci (PD) -> Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici
Cesare Damiano (PD) -> Commissione lavoro
Michele Meta (PD) -> Commissione trasporti
Luca Sani (PD) -> Commissione agricoltura
Michele Bordo (PD) -> Commissione politiche UE

I presidenti di Commissione eletti al Senato

Anna Finocchiaro (PD) -> Commissione affari costituzionali
Mauro Marino (PD) -> Commissione finanze
Antonio Azzolini (PdL) -> Commissione bilancio
Pier Ferdinando Casini (UdC) -> Commissione esteri
Nicola Latorre (PD) -> Commissione difesa
Maurizio Sacconi (PdL) -> Commissione lavoro
Massimo Mucchetti (PD) -> Commissione industria
Altero Matteoli (PdL) -> Commissione lavori pubblici
Francesco Marinello (PdL) -> Commissione ambiente
Emilia Grazia De Biasi (PD) -> Commissione sanità
Roberto Formigoni (PdL) -> Commissione agricoltura
Andrea Marcucci (PD) -> Commissione istruzione e beni culturali.

Classifica Fortune 500: ecco le aziende Usa col maggior fatturato

 Fortune 500 altro non è una classifica stilata ogni anno dalla rivista Fortune, che mette in fila le prime cinquecento aziende Usa sulla base del loro fatturato. Le società prese in considerazione dagli analisti della rivista sono tutte quelle i cui bilanci sono disponibili pubblicamente.

Tra le tantissime celebrità presenti da anno in classifica, c’è una new entry nella top ten nell’edizione 2013 della classifica Fortune 500. A guidare la lista delle prime 500 aziende statunitensi per fatturato è un’azienda non nuova per chi conosce “Fortune 500“: si tratta di Wal-Mart Stores, ed è una catena commerciale. Il suo fatturato? 469,2 miliardi. L’anno scorso Wal-Mart Stores ha registrato utili per 16,99 miliardi.

La novità di quest’anno in classifica è…Apple. Per la prima volta Appel è tra le prime dieci, dal momento che ha scalato 11 posizioni, passando così dal 17esimo posto al sesto. L’azienda fondata da Steve Jobs ha fatturato nel 2012 156,5 miliardi di dollari. Gli utili si sono fermati appena al di sotto dei 42 miliardi.

Classifica Fortune 500: la top ten

1 Walmart: FATTURATO: 469,2 – UTILI: 16,999 

2 Mobil: FATTURATO: 449,9 – UTILI: 44,880

3 Chevron: FATTURATO: 233,9 – UTILI: 26,179 

4 PhilLips 66: FATTURATO: 169,6 – UTILI: 4,124 

5 Berkshire Hathaway: FATTURATO: 162,5 – UTILI: 14,824

6 Apple:  FATTURATO: 156,5 – UTILI: 41,733

7 General Motors: FATTURATO: 152,3 – UTILI: 6,188- 

8 General Electric: FATTURATO: 146,9 – UTILI: 13,641 

9 Valero: FATTURATO: 138,3 – UTILI: 2,083

10 Ford: FATTURATO: 134,3 – UTILI: 5,665

 

La ricetta della Germania per l’occupazione

 In Europa il tasso di disoccupazione medio è del 10,9%. In Italia, dove la mancanza di lavoro si avverte in maniera drammatica, è dell’11,5%.

► Il lavoro? E’ in Germania

In Germania, invece, la percentuale dei senza lavoro è solo del 5,4%, per un totale di persone che è già sotto ai tre milioni di persone e che scenderà ancora il prossimo anno. Com’è possibile?

La ricetta è semplice quanto intelligente. In Germania c’è il minijob, altrimenti chiamato anche “400-euro-job”, in quanto la retribuzione massima prevista da questo contratto è di 400 euro al mese, che sono diventati 450 all’inizio dell’anno. Introdotto nel 2003, questo tipo di contratto aveva lo scopo di rilanciare l’occupazione, e così è stato, ma ci sono anche dei lati oscuri.

Ad essere impiegati in Germania con questo tipo di contratti sono circa 7,3 milioni di persone, più del doppio del numero dei disoccupati, tutte persone che non pagano tasse e che possono anche usufruire degli ammortizzatori sociali ma che, di contro, non hanno neanche ferie né malattie.

► Disoccupazione in aumento nel 2013 e nel 2014

Ad essere assunti con questo contratto sono soprattutto i giovani sotto ai 25 anni, gli immigrati e il personale non qualificato.

Sicuramente il minijob è un’ottima opportunità per chi non ha alcun reddito, ma ridimensiona di molto il clamore intorno al basso tasso di disoccupazione tedesco.