Le esenzioni per la TARES

 La Tares è la tassa sullo smaltimento dei rifiuti che sarà incrementata di 0,30 centesimi di euro per metro quadro a partire da Natale. Insomma a dicembre si prevede un nuovo salasso per i contribuenti che si chiedono se c’è un modo per evitare la tassa.

Chi pagherà i debiti delle imprese?

Nei giorni passati abbiamo già visto che la Tares deve essere usata non solo per pagare lo smaltimento di rifiuti ma anche per il pagamento di alcuni servizi pubblici, quali ad esempio l’illuminazione delle strad.

La Tares è stata studiata a lungo, posticipata più volte ma ora semora inevitabile. A maggio si pagherà secondo le vecchie modalità ma per dicembre non c’è scampo. A dirlo è lo stesso Decreto Salva Imprese che abbiamo preso in esame.

Le regole tecniche per la TARES

Esistono però delle possibilità di esenzione. Per esempio la Tares non sarà applicata alle aree scoperte pertinenziali, o a quelle accessorie alle abitazioni civili, ma non sarà neppure applicata alle aree condominiali. Non ci sono categorie di utenti “esentate” dal pagamento ma ci sono delle pertinenze, chiamiamole così, su cui questa tassa non si calcola. In questo modo chi vive in un condominio o ha delle aree scoperte penitenziali, non sarà messo alle strette.

Oltre il fisco gli aumenti delle bollette in arrivo

 I servizi si pagano, è per questo che si versano le tasse all’Erario, ma ci sono dei servizi che si pagano a parte all’azienda erogatrice, per esempio il gas o l’enegia elettrica, i cui prezzi sono disciplinati dall’Autorità garante.

Ancora un rinvio per la TARES

L’AEEG, tre mesi fa, ha annunciato il calo delle bollette del gas e tutti hanno tirato un sospiro di sollievo ma, questa pausa nella tassazione era soltanto finalizzata al perfezionamento di un nuovo sistema per la definizione del prezzo del gas, soprattutto in relazione ai clienti che hanno aderito al mercato di maggior tutela dal primo aprile 2013.

La notizia che dunque non ci aspettavamo di ascoltare è quella di un aumento in arrivo. A cosa si deve e in quanto consiste questa variazione? La precedente riduzione dell’imposta, su base annua, era stata calcolata in 50 euro. Questa riduzione sarà stoppata visto che si prevedono circa 280 milioni di spese in più da spalmare sulle bollette degli utenti.

Non basta la bolletta dell’elettricità per dimostrare la residenza

C’è in corso anche un procedimento sanzionatorio da parte dell’AEEG , nei confronti di 6 compagnie che sono in ritardo con i pagamenti e avrebbero dovuto versare circa 400 milioni di euro tra il 1 dicembre 2011 e il 31 maggio 2012.

Cipro e la Grecia presto fuori dall’euro

 La Grecia prima e Cipro poi, sono state costrette e ristrutturare il loro debito ma gli sforzi chiesti alla popolazione e al governo, potrebbero essere male assorbiti dai due paesi in questione e alla fine dei giochi sia l’uno che l’altro potrebbero lasciare l’euro.

L’abbandono della moneta unica, anche da parte di un paese periferico e in crisi, non è ben vista da nessuno. Si pensi soltanto che la Germania è molto esposta sulle banche cipriote e ha tutto l’interesse a mantere questo pseudo paradiso fiscale nell’orbita della moneta unica.

L’euro è troppo forte?

Il fatto che presto potrebbero uscire dall’euro, è stato vaticinato da Citigroup che avverte sulla possibilità di altre ricadute.

Citigroup ha spiegato che il passo falso di Atene e quello dell’isola stato, sono molto vicini poiché le speranze di una ripresa subitanea si stanno allontanando. La Grecia e Cipro permangono all’interno di un’aurea di crisi e per loro, lasciare l’euro, sarebbe praticamente auspicabile.

Citigroup spiega le sue previsioni in considerazione della recessione europea che durerà non solo per tutto il 2013 ma anche per tutto il 2014.

Il modello giapponese di riferimento per la Grecia

Cipro in questo momento, aspetta gli aiuti definiti a livello europeo ma poi dovrà fare i conti con una ristrutturazione importante del debito sovrano che potrebbe minare la sua resistenza nella zona UE.

Rich Ricci cacciato da Barclays

 La cronaca finanziaria è ricca di articoli dedicati al baby pensionato Rich Ricci, un uomo importante in passato per la Barclays, che è stato cacciato dall’istituto di credito in questione dopo lo scandalo Libor.

Rich Ricci di Barclays si mette in tasca 18 milioni

Rich Ricci ha incassato un premio di 17 milioni di sterline e poco dopo è stato cacciato. Si è messo in tasca la bellezza di 20 milioni di euro ed ha avuto anche un milione di euro come anticipo del salario. Tutti desidererebbero la sua stessa fortuna.

Eppure Rich Ricci è un banchiere molto controverso che in questo momento difficile per le banche, rappresenta la cultura del rischio, rappresenta quella classe dirigente che ha ottenuto bonus eccessivi ed ha contribuito all’affossamento della City di Londra. Messi in tasca tutti i soldi che abbiamo già spiegato, Ricci è stato messo alla porta.

Banche in crisi si torna a parlare di esuberi

La banca ha annunciato infatti che da giugno non avrà più l’incarico nel settore investimenti. E cosa farà Ricci? Le sue passioni le conoscono tutti: le ville, gli yatch, la bella vita e l’ippica. Di certo, non solo per ragioni economiche, Ricci non avrà modo di lavorare di nuovo a breve. Infatti è stato responsabile insieme ad altri dirigenti, dello scandalo Libor e non è ben visto nemmeno dall’opinione pubblica.

L’euro è troppo forte?

 Il partito anti-euro è sempre più pericoloso e, al di là della sua rappresentanza nell’uno o nell’altro parlamento, sottolinea il problema della forza della moneta unica. Un paradosso, oggi giorno, ossessiona gli analisti: se l’euro diventa più forte, potrebbe minacciare la resistenza dell’euro stesso?

La crisi secondo Jens Weidmann

Il fatto è che una moneta forte scoraggia la ripresa economica. Basta vedere quello che sta succedendo in Giappone dove la banca centrale ha deciso di iniettare continuamente liquidità sul mercato per evitare l’apprezzamento dello yen e sostenere l’economia locale.

Il modello giapponese di riferimento per la Grecia

Nello stesso tempo, l’Europa, ha bisogno che gli investitori credano nella ripresa del Vecchio Continente e se questo accade vuol dire che l’euro è di nuovo in salita.

Dunque c’è bisogno che l’euro cresca per consolidare la fiducia ma c’è anche bisogno che l’euro resti ai minimi livelli per sostenere la ripresa economica. Un passaggio monetario non facile da superare.

La situazione dell’euro è la seguente: la moneta unica, negli ultimi 15 mesi ha toccato la sua punta massima, è arrivata ad essere scambiata 1.3711 contro il dollaro. Il rialzo in termini percentuali è stato del 14 per cento ed è cresciuta di 4 punti percentuali soltanto in riferimento alla prima parte dell’anno.

Una lieve flessione si deve soltanto alla gestione un po’ maldestra del salvataggio di Cipro.

Tod’s pensa di andare all’estero

 Della Valle, in un momento di crisi, riesce a tirare fuori il coniglio dal cilindro e stavolta si tratta dell’espansione del business all’estero. Dall’assemblea dell’azienda, intanto, vengono fuori dati incoraggianti. In primo luogo è stato autorizzato il dividendo di 2,7 euro per azione. In più si è parlato dell’incremento del 7,4 per cento dell’utile che è arrivato a 145,7 milioni di euro. Gli investitori e gli azionisti sanno adesso su chi puntare.

La possibile espansione di Geox

Diego Della Valle, durante l’assemblea, ha risposto ad una domanda relativa ai prossimi passi dell’azienda ed è venuto fuori che in futuro si guarderà soprattutto all’estero. I piccoli azionisti che hanno investito nel marchio, infatti, vogliono avere delle rassicurazioni, vogliono capire se il dividendo di 2,7 euro apra la strada alla ripresa o sia un fuoco di paglia prima della crisi.

Otto motivi per investire nelle azioni Tod’s

Tod’s, comunque, ha deciso di puntare sulla rete internazionale perché, conoscendo le problematiche macroeconomiche nazionali, sa che muoversi in Italia sarebbe troppo rischioso vista la prudenza degli investitori.

“La solidità del gruppo, il grande apprezzamento per i nostri prodotti e il rispetto per i nostri marchi che i clienti ci riconoscono, gli adeguati costi di struttura e l’ottima qualita del nostro management siano tutti elementi che ci permettono di pensare all’anno in corso, ed anche ai prossimi, con tranquillità ed ottimismo” dice Della Valle.

La crisi costringe alla chiusura le imprese

 Unioncamere ha diffuso i dati sulla base di Movimprese per constatare che la situazione, dal 2004 ad oggi si è aggravata. Il deficit, cioè il bilancio tra aperture e chiusure delle imprese, non era così grave dal 2009 ad oggi. Il 2009 è stato l’anno più duro della crisi.

La BCE chiede attenzione per le PMI

Il 2013, dunque, è iniziato con una serie d’imprese che hanno chiuso, un numero più ampio di quelle del 2009. A livello di numeri, nel primo trimestre dell’anno, hanno incrociato le braccia circa 31 mila aziende. A dirlo è Unioncamere sulla base di Movimprese che ricorda come anche nel 2009, nel primo trimestre dell’anno, a chiudere furono 30 mila unità.

Secondo Unioncamere, il fatto che s’iscrivano meno imprese rispetto al 2012, è ancora più grave delle chiusure d’impresa. Infatti mentre nel 2012 hanno aperto 120.178 imprese contro le 118.618 del 2013, le imprese che hanno chiuso sono state 149.696 nel 2013 e 146.368 nel 2012.

L’aumento IVA ci sarà o no?

Secondo gli analisti e gli esperti d’impresa, la preoccupazione sale nella misura in cui lo stallo politico continua senza che si prendano le contromisure dalla situazione contingente. Oggi, infatti, urge ridare credito alle imprese approvando delle misure ad hoc per sostenerle nella loro attività.

L’Europa crede nella BCE e nell’economia cinese

 Le borse, in questo  momento, navigano in territorio positivo e sperano che la cina faccia vedere un bel rimbalzo degli indici già nel secondo o nel terzo trimestre dell’anno. E le speranze degli analisti, in questo momento, bastano a Piazza Affari.

La ripresa è più lontana e le borse tremano

La borsa di Milano registra il miglior risultato di giornata, proprio quando anche Francoforte va in territorio negativo. Il Fondo Monetario, invece che parlare della Cina riporta i riflettori sul Vecchio Continente e spiega che la BCE ha tutti gli strumenti per tamponare la crisi e favorire dunque l’espansione europea. Wall Street, in tutto questo marasma, prova a rimbalzare.

Tagliato anche l’outlook della Cina

L’Europa in questo momento si augura una ripresa repentina dell’economia cinese e spera che con la ripresa della Cina, magari già nel secondo o nel terzo trimestre dell’anno, anche la BCE si decida a studiare un modo per combattere la crisi.

Nel nostro paese, poi, la situazione è più grave di quelle europea visto che l’instabilità politica sta zavvorando anche la politica. Lo stesso ministro Vittorio Grilli, presente agli incontri del FMI, spiega che nel nostro paese è necessario definire un governo, visto che non fare alcuna scelta è sintomo di deolezza e tutti vanno a guadagnarci, fuorché il nostro paese.

Piazza Affari, nonostante le notizie di Grilli, riesce a fare molto bene e guadagna l’1,81 per cento.

L’Italia s’indebolisce senza decisioni

 Qualche economista l’aveva anticipato: il grosso problema dell’Europa è che presto le crisi politiche si trasformeranno in crisi economiche. Il ritardo nella scelta del presidente del consiglio e nella scelta del Presidente della Repubblica, potrebbero condizionare parecchio i mercati.

I rischi italiani dell’uscita dall’euro

E’ convinto di questa interpretazione anche il ministro dell’Economia Vittorio Grilli che, presente al meeting del Fondo Monetario Internazionale, ha detto:

“L’importanza di una soluzione politica veloce in Italia è soprattutto per gli italiani, perchè un’Italia che non decide ed è debole penso che possa far comodo ai nostri competitor”.

Questo non vuol dire, come spiega Grilli, che l’economia globale è in pericolo ma di certo per l’economia italiana non c’è da star tranquilli. Il fatto è che l’indecisione sottolinea soltanto una fragilità difficile da sanare.

Per l’Italia, secondo Grilli, è prima di tutto necessario ritrovare forza e stabilità così da presentarsi più forti al cospetto dei competitors.

Per l’OCSE sarà recessione fino a giugno

Grilli è intervenuto anche sui debiti della Pubblica Amministrazione, spiegando che il fondo di 40 miliardi di euro non è soltanto un fondo compensativo ma povrà essere usato a sostegno del settore bancario in modo che i rischi connessi ai prestiti si riducano.

E’ recente la notizia degli italiani che in un momento di crisi, stretti nella morsa creditizia, non hanno ottenuto fondi dalle banche e si sono rivolti agli strozzini.

Il brutto rapporto tra credit crunch e usura

 Il credit crunch è la stretta creditizia, la mancanza di disponibilità delle banche a concedere prestiti a cittadini ed imprese. Il fatto che gli istituti di credito siano meno disponibili, non vuol dire che poi i debitori abbiano meno bisogno di soldi. Ecco allora che la malavita o meglio, l’illecito, s’inseriscono nel meccanismo.

Prestiti in calo, che fare?

In pratica i debitori, pur di ottenere la liquidità di cui hanno bisogno subito, sono disposti a restituirla anche a tassi d’usura. Gli strozzini, dunque, con questa crisi, fanno la fortuna. Di media, dice una recente indagine condotta soprattutto in Campania e a Roma, gli strozzini offrono denaro con interessi fino al 20% al mese che vuol dire che ottengono in un anno più del doppio della cifra versata, per l’esattezza 2,4 volte la “posta”.

Gli italiani, in un periodo di crisi, hanno dimostrato di saper rinunciare a tantissime cose, per esempio a trovarsi un lavoro decente, a ricomprare la macchina, o gli elettrodomestici più comuni. Hanno addirittura rinunciato a cercare casa.

La crisi costringe alla chiusura le imprese

Il Crif parla chiaro: la domanda di mutui è diminuita del 42 per cento e le flessioni delle richieste nei primi tre mesi del 2013, sono state rispettivamente del 14, del 10 e del 9 per cento. Dall’inizio della crisi 35 persone su 100 hanno smesso di rivolgersi alle banche per coronare il sogno di una casa.

Paradossalmente, però, hanno accumulato debiti e sono sull’orlo del fallimento. Le famiglie non riescono più sostenere le spese comuni e nemmeno quelle impreviste e siccome l’economia langue, hanno difficoltà ad accedere a banche ed agenzie e si rivolgono agli strozzini.