Le offerte di Ubi Banca su Mutuionline

 Tutto avviene alla fine di marzo, poco prima delle vacanze di Pasqua: su MutuiOnline approda una nuova banca che è quella del Gruppo UBI che ha attivato sia per l’intermediario citato, sia per il Segugio.it una serie di offerte di mutuo a tasso fisso e di mutuo a tasso variabile tramite i suoi istituti di credito.

Il mutuo PreFix della Banca Carime conviene davvero?

Quindi, da oggi potete trovare a tassi convenienti le offerte di mutuo della Banca Carime, della Banca di Valle Camonica, della Banca Popolare del Commercio e Industria, della Banca Popolare di Ancona, della Banca Popolare di Bergamo, della Banca Regionale Europea e del Banco di Brescia.

Scadono a marzo offerte e moratoria

Il gruppo Ubi Banca offre un mutuo a tasso fisso molto conveniente e un mutuo a tasso variabile Sempre Light che ha già scalato le vette del gradimento tra gli aspiranti mutuatari. Tutti e due i finanziamenti devono essere usati per l’acquisto della prima e della seconda casa ma i soldi erogati dalla banca possono essere destinati anche alla ristrutturazione di un immobile.

Uno dei grandi vantaggi del prodotto è nelle spese d’istruttoria ridotte sia per il tasso fisso, sia per il tasso variabile. La soluzione “fissa” prevede un piano d’ammortamento tra 5 e 30 anni e il calcolo del tasso è la somma tra l’IRS di periodo e lo spread al 3,25 per cento.

Mentre per il mutuo variabile Sempre Light, l’indicizzazione è quella dell’Euribor 360 a 1 mese, oppure l’indice BCE cui deve essere aggiunto lo spread al 3 per cento.

Fiscalmente a carico ma solo con un certo reddito

 E’ stata avviata la stagione delle dichiarazioni dei redditi e come tutti sapete le prima pagine dei modelli sono da dedicare ai dati anagrafici, ai quadri che s’intende compilare, alle dichiarazioni del 5 e dell’8 per mille e infine c’è un quadro dedicato alla composizione del nucleo famigliare del contribuente.

Detassare i premi di produttività

In questo ultimo spazio si deve indicare sempre ogni componente della famiglia, prima il coniuge e poi i figli. Per questi ultimi e per il partner si può chiedere che sia considerato un “famigliare a carico”.

La validità della dichiarazione resa dipende dalla condizione patrimoniale della persona che si considera a carico. Una delucidazione in merito è arrivata dall’Agenzia delle Entrate grazie alla sollecitazione di un contribuente a Fisco Oggi.

In pratica è stato chiesto all’Erario quali sono i limiti reddituali per essere considerati famigliari a carico. In particolare l’interrogativo chiedeva se nel limite di 2840,51 euro dovessero essere considerati anche i redditi dominicali di terreni non affittati e soggetti ad IMU e poi il reddito catastale dell’abitazione principale.

L’anagrafe si ma con la protezione dei dati

La legge prevede che possano essere considerati a carico i famigliari che hanno un reddito complessivo di 2840,51 euro. Nella soglia indicata rientrano anche le retribuzioni da parte di enti ed organismi internazionali, i redditi corrisposti dal Vaticano o da enti gestiti dalla Chiesa, i redditi da lavoro dipendente frontaliero, i redditi da lavoro autonomo, i redditi impresa e i redditi assoggettati ai regimi dei nuovi minimi. Rientrano nei redditi anche i fabbricati tassati con la cedolare secca.

Detassare i premi di produttività

 I premi di produttività, tipici dei contratti da dipendente, possono essere detassati. Nella Gazzetta Ufficiale del 2013 sono state inserite le modalità attuative della nuova normativa.

Strategie per uscire dalla crisi

I lavoratori dipendenti del settore privato che hanno avuto dei premi di produttività possono ottenere uno sconto sulla dichiarazione dei redditi in virtù del Dl 93/2008 dedicato all’incremento della produttività del lavoro. L’agevolazione, quindi, ha come obiettivo quello di dare una spinta propulsiva alla produttività delle imprese e fa riferimento ai premi di produttività percepiti in esecuzione di accordi e contratti.

Per il 2013 – dal primo gennaio al 31 dicembre – le modalità attuative dello sconto sui premi di produttività, sono state inserite nel Dpcm del 22 gennaio che è stato pubblicato sull’ultima Gazzetta Ufficiale di Marzo.

Le sfide economiche per l’Italia

La detassazione prevede che si applichi un’imposta sostitutiva al 10 per cento dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali fino a quando finirà il budget definito dalla legge di stabilità equivalente a 950 milioni di euro.

Il decreto ha anche fissato a 2500 euro lordi il limite per i premi di produttività che una persona può percepire a livello individuale e su questo importo va calcolata l’imposta sostitutiva, ma sempre a patto che nel 2012 il reddito da lavoro dipendente non abbia superato i 40 mila euro.

Più esteso lo sconto IRPEF per l’energia solare

 Chi fa opere edilizie che incrementano il risparmio energetico dell’unità immobiliare e ne migliorano al tempo stesso l’efficienza energetica, può contare su uno sconto del 36% sull’IRPEF, ma adesso sembra che anche in assenza di un’opera edilizia vera e propria si possa ottenere una detrazione.

Gli sconti sull’IRPEF dell’affitto degli studenti

Per costruire un impianto fotovoltaico direcco che sia responsabile della produzione di energia elettrica per un immobile, si sostengono delle spese d’acquisto dei materiali che non sono da trascurare. Queste spese, secondo quanto riportato dal Tuir, sono detraibili al 36 per cento.

Lo sconto massimo sui veicoli ecologici

Questa detrazione, infatti, è valida per gli interventi:

“relativi alla realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici con particolare riguardo all’installazione di impianti basati sull’impiego delle fonti rinnovabili di energia”.

L’Agenzia delle Entrate, però, ha recentemente precisato sull’argomento, con la risoluzione n. 22/E del 2 aprile che per l’individuazione degli interventi di risparmio energetico si deve far riferimento agli impianti fotovoltaici per la produzione di energia.

Ha chiesto chiarimenti all’Erario anche il ministero dello Sviluppo Economico che nel dettaglio ha domandato se possano essere considerate risparmio energetico tutte le operazioni di riduzione dei consumi oppure se rientri nella definizione anche il minor assorbimento di energia elettrica per effetto dell’istallazione dei pannelli fotovoltaici.

Le banche centrali abbandonano l’euro al suo destino

 La moneta unica è in crisi e quello che sta succedendo sul mercato valutario lo testimonia. Le banche centrali, infatti, hanno deciso di seguire la scia tracciata da molti investitori, e mettono nei forzieri yuan e dollaro australiano lasciando per strada l’euro.

La coppia euro/yen nell’ultimo mese

Secondo l’ultimo report sulle riserve delle banche centrali si apprende che nei nuovi paesi industriali le riserve di euro sono calate di ben 34 miliardi. Se prima la moneta unica rappresentava il 31% delle riserve valutarie delle banche centrali, adesso rappresenta soltanto il 24% delle riserve. In flessione, come l’euro, anche il dollaro che oggi è al 60%. In ascesa invece ci sono le riserve della moneta cinese e di quella brasiliana, nonché le “classiche” riserve auree.

La coppia euro-dollaro nel mese di marzo

Questo spiega bene perchè le nuove potenze economiche come Brasile e India, Corea e Indonesia, Messico e Thailandia, oppure anche Turchia, Singapore e Malaysia, siano considerati astri nascenti della finanza globale. Ma soprattutto si spiega come i paesi che non hanno ancora l’euro, per esempio la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ucraina, crescano meglio dei paesi che fanno parte già dell’Eurozona.

Il servizio dedicato alle riserve valutarie delle banche centrali è stato realizzato dal settimanale Frankfurter Allgemaine che si riferisce direttamente alle notizie del Fondo Monetario Internazionale.

 

Come sta cambiando la Grecia post crisi

 Se la Grecia sia uscita definitivamente dalla crisi non possiamo ancora saperlo, ma conosciamo gli sforzi messi in campo dal governo e le difficoltà affrontate dalla popolazione. Il malcontento si è nutrito facilmente in questi mesi e qualcosa sta cambiando.

Chi c’è dopo Cipro?

Il partito che ha incarnato la protesta è quello d’ispirazione nazista che l’anno scorso prima si è presentato ad Atene, in Parlamento, con grande sorpresa di tutti, poi però ha iniziato ad avere adepti in giro per il mondo, sempre tra i cittadini greci all’estero.

L’Europa è il continente adatto su cui investire

La Grecia, quindi, dall’affrontare esclusivamente una crisi del debito, adesso dovrà fare i conti con una nuova crisi politica. Il pericolo arriva direttamente da un partito, quindi non da un movimento che finora è rimasto in sordina. L’ideologia nazista è portata avanti dal partito Alba Dorata che è sempre rimasto all’estrema destra del Parlamento. Nel 1980, tanto per fare un po’ di storia, era diventato un’organizzazione sovranazionale con sedi in Germania, Australia, Canada e Stati Uniti.

Ultima vittima di questa ideologia neonazista è la Grecia dove Alba Dorata è considerato dai sondaggisti il terzo partito del paese. Attualmente ci sono 18 deputati di questo partito che siedono in parlamento.

Eni vuole un risarcimento da Report

 L’Eni ha deciso di chiedere un risarcimento alla giornalista e conduttrice di Report, Milena Gabbanelli per un servizio che ha messo in cattiva luce il business di questa azienda, danneggiandola in alcune operazioni molto importanti.

Certo è che Report è considerato da tutti una fonte d’informazioni indipendente capace di far luce in modo asettico su buone e cattive pratiche messe in campo dalle aziende, anche quelle importanti come l’ENI.

Rinnovabili: il mercato è in crisi

Il risarcimento chiesto dal gruppo di Scaroni a Report si aggira sui 25 milioni euro perchè è l’immagine stessa dell’Eni ad essere stata compromessa. Il gruppo, in questo momento, può vantare circa 79 mila dipendenti e un fatturato di 100 miliardi di euro all’anno.

Tasso di cambio ed esportazioni sono legati

L’azienda Eni, contesta qualsiasi cosa della puntata di report andata in onda nel dicembre dell’anno scorso ma Milena Gabanelli dichiara di essere pronta a dimostrare il lavoro fatto.

Sotto la lente d’ingrandimento ci sarebbe il maggior costo del gas, legato ai contratti take or pay stipulati con la Russia e alla pratica di caricare questo costo sulle bollette. In più ci sono dei contratti fatti con il Kazakistan le cui condizioni sono poco chiare e tutta una serie di obiezioni legate alla scarsa attenzione posta alla questione ambientale in Basilicata.

L’accusa di Madoff a JP Morgan

 La banca d’affari JP Morgan è in grado di influenzare le considerazioni degli investitori sui paesi del Vecchio Continente e sulle singole imprese. Adesso ha avuto una critica dall’interno, a cura di Madoff che è tra l’altro rinchiuso in carcere.

Per chi investe in opzioni binarie o ha a che fare con il mondo azionario, queste notizie sono fondamentali ed esclusive visto che determinano il cambio di rotta, la modifica dei trend, una variazione nelle quotazioni.

La crescita in Europa e ai livelli del secolo scorso

JP Morgan, quindi, sembra essere stata messa alle strette. Bernard Madoff aveva messo a punto una truffa da 50 miliardi di euro e la banca JP Morgan, pur sapendo ogni cosa, non ha detto alcunché.

L’ex consulente finanziario di JP Morgan, quindi, Bernard Madoff in persona, dal carcere ha inviato un’email al giornale MarketWatch spiegando che le banche sapevano tutto della sua operazione criminosa ed anzi, l’hanno praticamente sostenuta e coperta.

Qualche errore comune per chi investe nell’oro

Insieme a JP Morgan, in questa opera di opacizzazione dei traffici, sarebbero state coinvolte anche la Bank of New York Mellon, la HSBC e Citicorp. Questo il risultato di una prima ricognizione ma la lista potrebbe essere più nutrita.

L’FBI non si è lasciata sfuggire l’ultima dichiarazione di Madoff ed ha pensato di approfondire la questione per capire se siano stati truffati soltanto gli investitori o se qualcuno fosse al corrente della truffa Madoff.

La crescita in Europa e ai livelli del secolo scorso

 Ogni volta che si considera la grande depressione del paese e ogni volta che si parla di crescita europea ed italiana, non si possono evitare i paragoni, non si può quindi evitare di dire come sta crescendo o arretrando il paese o il continente.

Si può tornare alla lira?

Per quanto riguarda l’Europa, che durante il secolo scorso ha dovuto affrontare due guerre, oggi le condizioni economiche di lungo periodo dei maggiori paesi dell’Unione, sembrano essere quelle dell’inizio del Novecento.

La Spagna, l’Italia e la Francia hanno fatto un passo indietro piuttosto che un passo in avanti e sono tornate ai livelli di crescita che c’erano più di 100 anni fa. A dirlo e spiegarlo è un grafico dell’analista di JP Morgan, tale Michael Cembalest.

La Germania si mette dalla parte dell’Italia

Come 100 anni fa, infatti, aumentano le pressioni sui mercati del credito, i differenziali dei tassi del debito sovrano dei paesi periferici si allontanano dai valori della Germania e anche i prestiti erogati a favore delle famiglie e delle imprese fanno registrare una progressiva contrazione.

Se si pensa ai costi necessari per la richiesta di un finanziamento, da parte delle PMI italiane, si scopre che è maggiore del tasso nominale e reale del paese.

Molto dipende dalla crisi economica che si è trasformata in crisi politica.

Si può tornare alla lira?

 Ogni volta che l’Italia deve fare i conti con le riforme e soprattutto con gli aggiustamenti fiscali ed economici, ci si chiede se non sia il caso di mettere i remi in barca, lasciare l’isola della moneta unica e rifugiarsi sul vecchio isolotto della lira.

Goldman Sachs contro Beppe Grillo

Sicuramente il partito dei nostalgici della lira è in crescendo visto che il potere d’acquisto, per questioni non certamente valutarie, sta peggiorando di giorno in giorno. Questo cattivo rapporto con l’euro è tipico dei paesi periferici dell’Europa, quelli in cui le economie non sono risultate adeguate a sopportare la moneta unica.

Dall’Euro potrebbe sempre uscire la Germania

Il discorso fatto in un articolo molto interessante apparso su Wall Street Italia, sposta la questione del ritorno alla lira su un piano politico e parte dal presupposto che l’euro ha avuto conseguenza negative per i paesi periferici ed ha rafforzato il potere della Germania.

Adesso tornare alla lira vorrebbe dire mandare in malora tutti gli sforzi fatti per costruire l’Europa con un danno che sarebbe non solo per la Germania che comunque è ripartita ma ha affrontato il suo brevissimo periodo di recessione.

Tornare alla lira vorrebbe dire autorizzare la classe politica ad usare la vecchia moneta locale come strumento di riequilibro di bilancio, stampando moneta, accumulando il debito ma senza fare gli aggiustamenti economici necessari.