Il caffè che vale il licenziamento

 Impossibile rinunciare alla pausa caffè. E comunque tutti i contratti di lavoro prevedono che il lavoratore, secondo i criteri stabiliti dal contratto stesso, abbia diritto a concedersi qualche minuto di riposo, senza incorrere in nessuna conseguenza. Ma ci sono dei casi in cui la pausa caffè può valere il posto di lavoro.

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Lo ha deciso la Corte di Cassazione: sono passibili di licenziamento tutti quei lavoratori che, allontanandosi dalla propria postazione, causino dei rallentamenti al normale svolgimento del servizio.

Il caso è stato portato in tribunale da un lavoratore licenziato di una sede siciliana del Credito Emiliano. Il lavoratore, in data 27 novembre 1997, ha abbandonato lo sportello per prendere il caffè, senza aver portato a termine un’opera finanziaria dal valore di 250 mila euro. Appreso il disservizio, la banca ha proceduto con il licenziamento.

Il lavoratore si è allora rivolto alla Suprema Corte, nella speranza di avere indietro il suo posto di lavoro, ma, con la sentenza 7819 la Cassazione ha confermato il provvedimento del datore di lavoro, anche se, come spiegato nella difesa, al momento erano operative altre casse. Secondo la Cassazione, però:

► L’imprecisione autorizza il risarcimento del consulente

La presenza di una pluralità di casse non esclude che il venir meno di una cassa rallentava le operazioni delle altre sulle quali venivano dirottati i clienti in fila. La giusta causa di licenziamento di un cassiere deve essere apprezzata con riguardo non soltanto all’interesse patrimoniale della banca, ma anche alla potenziale lesione dell’interesse pubblico alla gestione del credito.

Il calo dei consumi colpisce anche la Pasqua

 La stima sui consumi per la spesa pasquale arriva da Fiesa, l’associazione di categoria Confesercenti che riunisce gli esercenti specialisti di alimentazione, e ci lascia con un quadro che riflette pienamente la situazione difficile che continua a perdurare in Italia.

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Infatti, secondo la Fiesa, i consumi per le spesa di Pasqua sono in linea con il calo generalizzato dei consumi in Italia e le stime parlano di un -10% per la spesa, con un pico negativo per le colombe, che potrebbero far segnare un -7%.

Sono delle proiezioni che mettono in allarme gli operatori commerciali del settore, che, dato il calo degli ordinativi ricevuti fino ad ora, hanno ora la certezza che la Pasqua del 2013 sarà molto più magra di quella dell’anno scorso. Le cause principali, secondo Fiesa, sono da un lato il clima poco clemente che ha portato alle stelle i prezzi di alcuni dei prodotti tipici della Pasqua, costringendo le famiglie a rinunciare all’acquisto o a dirottarlo su prodotti non italiani, dall’altro ha contribuito in modo sostanziale la crisi economica, occupazionale e politica che hanno compresso il reddito globale delle famiglie.

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I dati di Fiesa parlano di un calo generalizzato dell’acquisto di dolci, con una diminuzione tra il 5% e il 7% per le colombe e dell’8% per le uova. Ma anche gli altri prodotti tipici subiranno una contrazione simile: 10% per gli agnelli, 5% per i salumi, 3% per il pesce e 8% per crostacei e frutti di mare.

Svelato uno dei problemi delle banche di Cipro

 È stato trasmesso alla commissione etica del parlamento, dopo la pubblicazione su un giornale greco, una lista di condoni che sarebbero stati approvati dalle tre banche più importanti di Cipro: dalla Bank of Cyprus, dalla Laiki Banl e dalla Hellenic Bank. Il resoconto molto dettagliato, spiega che in cinque anni sono stati cancellati milioni di euro di debiti erogati in forma di prestiti ad amministratori locali, ma anche a deputati e compagnie.

L’idea della Bad Bank lanciata dal salvataggio di Cipro

Per questo la parte turca dell’isola di Cipro chiede che i russi, gli inglesi e i tedeschi che hanno conti attivi nelle tre banche indicate, passino invece dalla loro parte.

Cipro e le reazioni dei listini italiani

La lista trasmessa alla commissione etica è il risultato di un’indagine del giornale Ethnos che racconta ad esempio che la Bank of Cyprus ha cancellato numerosi prestiti. Uno di circa 2,8 milioni di euro è stato condonato ad un albergo che può essere considerato collegato al partito comunista Akel. Poi ci sarebbe un altro condono di 110 mila euro su un prestito di 1,83 milioni, fatto al partito Disy. È stato cancellato anche un altro debito di 100 mila euro su 168 mila euro ad una società che invece è di proprietà del fratello dell’ex ministro del partito democratico.

Una sorte analoga sembra essere toccata alla Laiki Bank e anche alla Hellenic Bank, l’istituto più piccolo e in fondo meno coinvolto.

Goldman Sachs contro Beppe Grillo

 Beppe Grillo, si sa, da sempre è considerato un punto di riferimento per le teorie economiche che riguardano il nostro paese. Non a caso nei suoi spettacoli, aveva parlato con largo anticipo delle varie crisi industriali, come quella che ha interessato ad esempio la Parmalat, oppure si è scagliato contro Telecom in un’assemblea dei soci.

Goldman Sachs è innamorata di Grillo

Dall’essere solo un comico, però, Grillo ha intuito che a livello politico il nostro paese aveva bisogno di accorciare le distanze tra la politica e la cittadinanza e per mettere a punto questo “piano” ha fondato il famoso Movimento 5 Stelle che nelle ultime elezioni è stato considerato uno dei grandi vincitori.

L’Istat manda a picco Piazza Affari

Il Movimento è stato applaudito dal premio Nobel Krugman che ha spiegato il risultato elettorale italiano come la volontà della nostra nazione di uscire dall’euro, al fine di rimettere in sesto l’economia interna.

Krugman parla dei problemi dell’Europa

Non la pensa allo stesso modo la banca d’affari Goldman Sachs, secondo la quale, adesso, è arrivato il momento di vendere Bund tedeschi ed acquistare BTp italiani, in modo da riequilibrare lo spread. Il problema dell’Europa, secondo il presidente di Goldman Sachs è Beppe Grillo e la vittoria del suo Movimento 5 Stelle che ostacola la formazione del governo, necessario affinché l’Italia prenda le redini della sua economia evitando che altri decidano per lei.

toli. Il valore corretto del differenziale, infatti, dovrebbe essere a 225 punti e non a 350.

Goldman Sachs e la strategia sui titoli di stato

 La banca d’affari Goldman Sachs ha deciso di spiegare agli italiani e agli investitori in generale, come barcamenarsi tra i titoli di stato visto che in questo momento, in questo particolare momento di crisi, è importante diversificare il proprio portafoglio.

Goldman Sachs è innamorata di Grillo

Sotto osservazione, chiaramente, ci sono i titoli di stato dei paesi periferici, anche perché a parlare di bond e BTp di questo tipo ci ha pensato già la BCE. Mario Draghi, infatti, ha detto che la strategia della banca centrale europea è comprare i titoli di stato dei paesi periferici in una quantità illimitata così da tamponare anche eventuali atteggiamenti speculativi.

Oro in frenata secondo Goldman Sachs

In questi giorni è evidente che c’è molta tensione sul mercato dei titoli di stato e la tensione si riflette sull’aumento dello spread tra titoli italiani e titoli tedeschi decennali per esempio. Eppure, stavolta, il differenziale non impensierisce nessuno, anzi, un eventuale movimento negativo è da tenere in considerazione come opportunità d’acquisto.

Per questo la banca d’affari suggerisce di comprare i BTp italiani e vendere al contrario i Bund in modo che si riequilibri lo spread tra questi due titoli. Il valore corretto del differenziale, infatti, dovrebbe essere a 225 punti e non a 350.

Per tornare ai livelli minimi, comunque, secondo Goldman Sach l’Italia deve fare un governo che ponga fine all’incertezza politica e al rally dei titoli.

La Polonia attacca Paul Krugman

 La Polonia ha deciso di fare un referendum sull’adozione dell’euro e in un primo momento, questa volontà messa nero su bianco, sembrava indicare un passo indietro del paese verso l’adozione della moneta unica.

Krugman contro la trappola della moneta unica

Invece, ad un’analisi più approfondita, il referendum è sembrato dettato da una classe politica sicura che il paese vorrà adottare l’euro, attraverso uno strumento legislativo che fungerà da ratifica.

Paul Krugman, premio Nobel per l’economia, da tempo critica la situazione economica del Vecchio Continente e spiega che in questo momento uscire dall’Europa e dall’euro è da considerare un passo importante e vincente. Insomma, secondo Krugman, la Polonia deve approfittare del fatto che non è ancora nell’euro e invece di prepararsi all’adozione della moneta unica nel 2015, salvarsi finché è in tempo.

La Polonia vuol dire addio all’Europa

La Polonia, tra l’altro, secondo Krugman dispone anche di moneta fluttuante e di un’economia in ascesa, non in recessione. Il paese, però, non se la sente di dar ragione a Krugman e critica l’ipotesi del premio Nobel: la Polonia non è persa e non sta facendo di tutto per aderire all’euro ma sta solo facendo in modo di rispettare i requisiti giusti per entrare nell’euro a partire dal 2015.

La Germania adesso colpirà la Slovenia

 La Germania è il motore dell’Europa e la sua ascesa, ormai non si può negare, avviene a discapito di molti altri paesi dell’Europa, sia quelli che già hanno aderito alla moneta unica, sia quelli che non hanno ancora accettato di fare il grande passo verso l’euro.

La crisi francese e le altre fratture europee

Secondo una recente analisi della situazione economica del Vecchio Continente, sembra che dopo Cipro, il prossimo paese a cadere dietro le scelte politiche tedesche, sia la Slovenia. In generale, la poca disponibilità a spendere e iniettare liquidità sul mercato, da parte dei paesi del nord Europa, può influire sulle condizioni economiche dei paesi periferici, tra cui ad esempio, Cipro.

Per gli USA la prossima crisi è quella francese

L’isola ma anche la Slovenia e le altre nazioni in crisi devono prima di tutto fare un esame di coscienza sulla situazione politica interna e poi analizzare a livello economico la loro situazione di debitori. I livelli di debito accumulati con le economie avanzate, infatti, sono cresciuti molto da quando si è acuita la crisi finanziaria.

Il fatto d’individuare la Slovenia come prossima pedina della crisi dipende dal fatto che ha un sistema bancario un po’ carente. La principale banca slovena, infatti, non raggiunge i target patrimoniali il che vuol dire che sono istituti di credito insolventi, proprio come potrebbe diventarlo lo Stato.

La crisi taglia le spese pasquali

 In Italia a soffrire sono soprattutto i consumi, lo abbiamo spiegato in modo esaustivo: le spese per gli alimenti e per i carburanti si sono talmente ridotte a causa della crisi che adesso i prezzi della benzina e dei cibi più comuni, hanno rallentato la loro corsa.

Il calo dei consumi colpisce anche la Pasqua

Ci siamo chiesti però che effetto potesse avere questa situazione economica critica sulle spese pasquali. Gli italiani sono disposti anche a rinunciare ai piatti tipici della tradizione culinaria nostrana, all’agnello o all’uovo, in nome della crisi?

Per il 2013 probabilmente la risposta al quesito è affermativa. Lo dicono le ultime ricerche del Codacons e della Coldiretti che stimano una flessione delle spese pari al -10 per cento. I prodotti alimentari classici, invece, sembrano in aumento, ma certo in 17 tavole su 100 mancheranno uova di cioccolato e colombe dolci. E per chi a Pasqua si è sempre concesso una vacanza, adesso la crisi impone la stabilità e infatti un italiano su cinque sembra abbia rinunciato ai viaggi di più giorni.

Insomma, la parola d’ordine per queste festività se non è “crisi” è quanto meno “austerità”.

La situazione negativa sembra essere conseguente alla perdita del potere d’acquisto dei cittadini che oltre a far fronte alle variazioni dei prezzi, devono anche tenere il passo dell’inflazione.

In Italia a soffrire sono soprattutto i consumi

 Il paese che non spende è un paese in crisi. A dirlo, ormai, sono anni e anni di analisi delle crisi economiche da cui si evince che fino a quando la popolazione risparmia, tutto sommato, sta soltanto facendo uno sforzo di reazione al credit crunch e alle prime difficoltà della crisi, ma quando chiude i rubinetti anche sui generi alimentari, la situazione è diventata insostenibile.

Scatta dal 1° aprile la diminuzione delle bollette

Nel caso dell’Italia siamo arrivati a questo secondo scenario. A descrivere l’andamento della crisi ci ha pensato l’Istat raccontando che nel mese di marzo c’è stata un crescita dei prezzi al consumo pari all’1,7 per cento, mentre a febbraio, lo stesso indicatore, aveva subito un rialzo ancora più elevato dell’1,9 per cento. Il rialzo, su base mensile è stato quindi dello 0,3 per cento ma la maggior parte della variazione è da attribuire alla benzina.

La crisi incide sulle vendite al dettaglio

Sono in flessione, invece, i prezzi dei prodotti industriali. Insomma questa continua corsa dei costi dei prodotti ha subito una battuta d’arresto, dovuta proprio all’aggravarsi della crisi. La decelerazione dei carburanti è emblematica ma fa il paio con la diminuzione dei prezzi dei beni alimentari. Siamo, insomma, tra i prodotti acquistati con maggiore frequenza dai consumatori.

Chissà se anche la tavola di Pasqua subirà qualche flessione importante.

Shopping londinese per gli emiri

 Il mercato internazionale è fermo ma si sa che chi come gli emiri del Qatar, ha un bel gruzzoletto da parte, decide d’investirlo adesso che c’è la crisi in modo da massimizzare i profitti. L’ultimo acquisto del fondo dell’emirato è stato quello di un albergo nella City di Londra, uno degli alberghi più lussuosi della capitale inglese.

Moody’s se la prende con l’economia inglese

Gli emiri del Qatar hanno acquistato in questi anni dei grattacieli molto importanti, sono stati i massimi azionisti delle più importanti squadre di calcio ed hanno anche fatto affari dedicandosi ai centri commerciali.

Il fatto che il Qatar abbia giacimenti molto importanti di gas e petrolio, ha fatto sì che potesse investire in altri business. L’ultimo acquisto, l’albergo londinese, è conosciuto come Intercontinental Park Lane ed è affacciato sullo storico Hyde Park.

Londra contro il tetto ai superstipendi

Il prezzo dell’affare non è sconosciuto. Sembra che l’emirato abbiamo portato nelle casse inglesi ben 400 milioni di sterline che equivalgono a 450 milioni di euro. A pagare è stata la Qatar Investement Holding, la finanziaria con cui l’emirato opera in modo diretto sul mercato.

Tanto per avere un’idea degli affari del Qatar si può ricordare che hanno acquistato importanti pacchetti di azioni della banca Barclays e della catena di supermercati Sainsbury.