155 milioni di dollari per un Picasso

 In un momento di crisi economica come quello che stiamo vivendo, molti cittadini sono costretti a ridurre le spese per l’alimentazione, per fatturato e ordini si parla ancora di calo, eppure ci sono delle fette del mercato, ad esempio quello del lusso, che sembrano non conoscere alcuna flessione.

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L’ascesa in borsa del noto marchio di moda Ferragamo, può essere citato come esempio, ma non basta. Per capire come si sta muovendo anche il business dei ricchi del mondo, si possono consultare le aste ed in particolar modo quelle delle opere d’arte.

Continua la corsa agli immobili di lusso

L’ultima in ordine cronologico ha visto la vendita di un Picasso per 155 milioni di dollari. Il bello è che in questo caso la qualità del prodotto era stata compromessa, visto che il proprietario del quadro, che è il magnate dei casinò di Las Vegas, lo aveva danneggiato con una gomitata. L’effetto dell’incidente fu l’annullamento della prima asta in cui il prezzo di base era stato fissato a 135 milioni di euro.

In qualche modo, il proprietario del quadro doveva rimediare all’errore e così ha pensato bene di chiamare dei restauratori importanti per ridare vita all’opera danneggiata. Il restauro è stato talmente interessante e ben riuscito che nell’asta “buona” per il Picasso, il quadro è stato battuto a 155 milioni di dollari.

Per fatturato e ordini si parla ancora di calo

 Da dicembre 2012 a gennaio 2013, il fatturato delle aziende è calato così come sono calati gli ordini. La crisi si è manifestata in modo importante soprattutto tra le aziende che esportano i loro prodotti all’estero. Per loro il calo è stato di 0,4 punti percentuali nel primo mese del 2013 ed è una flessione indipendente dalle condizioni del mercato interno.

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L’Istat, in questi giorni, sta facendo un resoconto spietato della situazione economica del nostro paese. Adesso, nell’ultimo report, ha passato in rassegna fatturato e ordini dell’industria tricolore a gennaio 2013. Chi ben comincia, dice il detto, è a metà dell’opera. Se fosse vero per l’Italia le speranze della ripresa si allontanano.

Le riforme e i futuri mercati

Il fatturato di gennaio è diminuito dell’1,3 per cento rispetto al mese precedente, considerando i risultati al netto della stagionalità. Il calo sul mercato interno è stato dell’1,7 per cento, mentre il calo sul mercato estero è dello 0,4 per cento.

Se poi si considera il trend trimestrale si scopre che negli ultimi tre mesi si accusa una flessione dell’1,7 per cento rispetto ai tre mesi precedenti. Sempre a livello trimestrale, considerate anche le correzioni sul calendario, il fatturato totale è diminuito del 3,4 per cento con una riduzione più consistente, del 5,5 per cento sul mercato interno ed un aumento dell’1,2 per cento, invece, su quello estero.

Telecom raggiunge l’accordo con le parti sociali

 Anche le aziende più grandi, anche il settore bancario, anche molti colossi della nostra industria nazionale, sono costretti in questi mesi a parlare di esuberi, si trovano a gestire un piano d’emergenza per l’uscita dalla crisi che comporta la definizione di una serie di licenziamenti, casse integrazioni, mobilità e quant’altro.

Milano guadagna nel giorno del rally di Wall Street

L’ultima azienda che è andata a colloquio con le parti sociali è la Telecom, dove sta per scoppiare la crisi a seguito della vicenda Fossati. L’azionista Telecom in questione, socio del gruppo, ha chiesto che sia votata la fiducia al management dell’azienda visto che in 4 anni c’è stata un’eccessiva svalutazione dell’azienda, dove i dividendi sono passati  dagli 8 centesimi del 2008 ai 2 centesimi del 2012.

Fossati contro Telecom e inizia la battaglia

La questione più scottante, per Telecom, però, sembra essere un’altra: si parla di esuberi. Nella notte tra martedì e mercoledì, infatti, è stato raggiunto un accordo con i sindacati per far sì che inizi un contratto di solidarietà per ben 2500 dipendenti di Telecom Italia Spa. In più, oltre questi esuberi, sono già state definite le 500 persone che lasceranno l’azienda per andare in pensione e gli altri 350 lavoratori che fanno parte di Telecom Information Technology e dovranno essere gestiti con altri ammortizzatori sociali.

Fossati contro Telecom e inizia la battaglia

 In questi giorni molte aziende e soprattutto quelle quotate in borsa, sono tenute e presentare all’assemblea degli azionisti i bilanci riferiti al 2012 spiegando a quanto ammontano i dividendi, se ce ne sono, oppure motivando la situazione di crisi finanziaria.

Milano guadagna nel giorno del rally di Wall Street

Ci sono aziende che hanno spartito con gli azionisti dividendi molto piccoli, ma comunque di buon auspicio per le attività economiche del 2013. Ci sono poi altre aziende, com’è il caso di Telecom, che al contrario hanno ridotto ancora il dividendo per gli azionisti.

Telecom vola a Piazza Affari

Chiaramente non poteva star bene a tutti questa situazione e, per il caso di Telecom, è scoppiata la baraonda, in seguito alla decisione di un azionista di far mettere all’ordine del giorno della prossima all’assemblea, il voto di fiducia al management in carica.

Buy su Telecom Italia: il titolo piace

Marco Fossati è socio del gruppo Telecom del quale detiene il 4,9 per cento del capitale. Il prossimo appuntamento della società che lo vedrà protagonista, è l’assemblea del 17 aprile, quella in cui si dovrà approvare per l’appunto il bilancio del 2012. I problemi, però, sono già noti, visto che quest’anno il dividendo per gli azionisti è calato ancora arrivando a quota 2 centesimi per azione. Nel 2007 questo stesso dividendo era quattro volte più grande, prossimo agli 8 centesimi. Secondo Fossati, questa riduzione del valore delle azioni deve essere attribuita anche ad una cattiva gestione della società.

La crisi incide sulle vendite al dettaglio

 L’adagio che ha accompagnato lo sviluppo della crisi è stato molto semplice: siamo in un momento difficile ma le famiglie non rinunciano ad alcuni piccoli lussi, o anche “c’è la crisi, ma i ristoranti sono pieni”. A distanza di qualche mese, però, i dati ufficiali parlano di un’inversione di tendenza, di una situazione cronica: è in crisi anche la vendita al dettaglio.

► Crollano le vendite di surgelati

L’Istat ha raccontato quello che sta succedendo nel nostro paese. A gennaio rispetto a dicembre 2012 c’è stato un calo delle vendite al dettaglio dello 0,5% che diventa un calo del 3 per cento se il raffronto è fatto tra gennaio 2011 e gennaio 2012. Nel primo mese dell’anno in corso i prodotti alimentari nel carrello degli italiani sono stati meno del previsto e complessivamente sono andati peggio di quelli non alimentari ma, il dato più interessante riguarda la crisi dei discount.

► I consumi parlano del peggioramento dell’Italia

Se c’era un settore, dunque, che aveva resistito alla crisi, era quello alimentare. Gli italiani, per risparmiare, in un primo periodo, si sono affidati ai discount alimentari che potevano offrire prodotti di qualità senza appesantire i prezzi con il peso dell’advertising.

Adesso, invece, anche i discount hanno accusato una diminuzione lieve su base annua dello 0,2 per cento. Nello stesso periodo aumenta l’importanza della grande distribuzione che passa dal 38,9% al 44,9%.

Lo spread vola dopo il gran rifiuto a 5 stelle

 La situazione economica europea e le condizioni della politica italiana stanno mettendo a rischio la stabilità della borsa tricolore. In questo momento i problemi urgenti da risolvere sono legati al salvataggio di Cipro e alla scelta della squadra di governo di Bersani.

► Cipro e le reazioni dei listini italiani

L’agenzia di rating Moody’s, però, in attesa di conoscere la scelta del leader del PD, minaccia l’Italia di tagliare il rating del paese. Il tutto avviene nel delicato momento in cui il Tesoro prova a collocare Btp a breve termine, a cinque e dieci anni. Per la prima tipologia di parla di un calo dei rendimenti mentre per la seconda i rendimenti sono in crescita. Di fatto, per tutti i Btp scende la domanda.

► Il punto del FT sulla crisi europea

Cipro, in questo momento, è sicuramente al centro. Il fatto è che i giornalisti e gli analisti stanno facendo troppe analogie tra la crisi cipriota e quella italiana, spiegando che quello che è stato proposto all’isola stato, può diventare un modello nel caso di crollo dell’Italia.

► Contro l’Italia anche Morgan Stanley

Certo è che la lentezza della politica nella scelta della squadra di governo, impensierisce mercati e gli investitori. A restituire il polso della situazione è l’andamento dello spread che sale in questi giorni fino a quota 340 punti.

In calo il fatturato industriale italiano

 Non sono solo i consumi degli italiani ad aver avuto una brusca frenata nel mese di gennaio, secondo quanto riportato dall’Istat la stessa sorte tocca anche all’industria, per la quale, nel mese di gennaio 2013, si è registrato un evidente contrazione degli ordinativi e, quindi, del fatturato.

► Consumi ancora in calo: iniziano a soffrire anche i discount

Secondo i dati rilasciati dall’Istat il fatturato industriale italiano è sceso dell’1,3% rispetto a dicembre 2012, distribuito tra mercato interno (-1,7%) e mercato estero (- 0,4%). Raffronta gli ultimi dati mensili con quelli dei mesi precedenti si evince su base trimestrale la flessione del settore industriale italiano è stata complessivamente dell’1,7% rispetto ai tre mesi precedenti.

A trainare verso il basso il dato industriale è stato il calo dalla componente interna dell’energia, con una diminuzione del 17,0% della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati, mentre hanno avuto ottime performance il comparto dedito all’alimentare, alle bevande e al tabacco, con un +5,7%.

Il problema maggiore, come spiega anche Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, si riscontra sul mercato interno, mentre le aziende che si orientano all’esportazione oltre i confini nazionali hanno delle maggiori opportunità di crescere:

► La produzione industriale si riprende ma la crisi continua

la crisi continua soprattutto per le imprese che sono orientate al mercato interno. Mentre il fatturato scende, gli ordinativi, quelli esteri in particolare, continuano ad aumentare. La nostra industria deve riuscire a cogliere sempre di più le opportunità dei mercati emergenti perché purtroppo anche l’Europa è in difficoltà.

Consumi ancora in calo: iniziano a soffrire anche i discount

 Il primo mese del 2013 non ha portato nessun miglioramento per gli italiani: i consumi hanno continuato a scendere, facendo segnare un – 0,5 % rispetto al mese precedente e un – 3 % su base annua, ovvero rispetto al gennaio dello scorso anno.
► La crisi cambia le abitudini alimentari degli italiani

Inoltre, l’analisi dell’Istat mostra anche un altro dato che fa riflettere: per la prima volta sono in netto calo anche i consumi alimentari (- 0,6 % su base mensile e – 2,3% su base annua), che sono andati peggio di quelli non alimentari (- 0,4 %  e – 3,3 % su base annua), e sta cedendo anche l’ultima barricata di resistenza alla crisi: i discount alimentari, che perdono lo 0,2%.

Il calo delle vendite dei prodotti alimentari interessa tutte le diverse forme di distribuzione: per la grande distribuzione il calo è stato del 2,3%, mentre per le imprese operanti su piccole superfici la perdita si attesta al 3,5%.

I nuovi dati dell’Istat sono stati adeguati agli indici di riferimento delle vendite al dettaglio aggiornate al 2010 e tengono anche conto dell’andamento dell’inflazione: le percentuali comunicate dell’Istat, in questo modo, fotografano in maniera molto precisa la drammaticità delle situazione economica degli italiani che, davvero, non possono più permettersi di acquistare cibo.

► Calano consumi e occupazione nel settore alimentare

Infatti, se il crollo delle vendite dei supermercati tradizionali poteva essere anche imputato ad una scelta al risparmio degli italiani, il fatto che le vendite stiano calando anche per i discount mostra che la crisi dei prodotti alimentari è ormai strutturale.

Linee guida per la contribuzione Aspi per i licenziati

 La Riforma Fornero (legge n. 92/2012) ha apportato dei notevoli cambiamenti al mondo del lavoro, anche per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, con l’introduzione della contribuzione ASPI, il contributo previdenziale che i datori di lavoro ai lavoratori licenziati, solo in caso di contratto a tempo indeterminato, a partire dal 1° gennaio 2013.

Questo contributo, chiamato contributo sui licenziamenti o anche ticket sui licenziamenti, è necessario per il finanziamento delle indennità di disoccupazione (Aspi e mini-Aspi). L’Inps ha pubblicato la Circolare n. 44/2013 per fornire tutte le indicazioni in merito alla contribuzione ASPI.

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Come si paga il contributo sui licenziamenti?

Il contributo sui licenziamenti, ovvero il ticket sui licenziamenti, deve essere versato dal datore di lavoro che abbia licenziato uno o più dipendenti assunti con un contratto a tempo indeterminato entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica la risoluzione del rapporto di lavoro.

Ad esempio, se un lavoratore viene licenziato in data 4 maggio 2013, secondo quanto riporta la legge di riferimento e la circolare dell’Inps, il contributo sul licenziamento deve essere versato entro la denuncia riferita al mese di giugno 2013, i cui termini di versamento e di trasmissione sono fissati, rispettivamente, al 16 e al 31 luglio 2013.

Dal momento che si tratta di una nuova legge, è stato previsto un periodo di adeguamento graduale, che va da gennaio a marzo 2013, periodo durante il quale il contributo sul licenziamento del dipendente potrà essere versato, senza avere maggiori oneri o aggravi per mora, entro il giorno 16 del terzo mese successivo a quello di emanazione della presente circolare, ossia entro il 16 Giugno 2013.

► La tassa sul licenziamento della colf

A quanto ammonta l’importo del contributo sui licenziamenti?

Per l’anno 2013, il contributo sui licenziamenti ammonta, a partire dal 1 gennaio, a 483,80 euro (€1.180X41%) per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, per un massimo, nel caso il lavoratore abbia totalizzato i 36 mesi di anzianità aziendale, a 1.451,00 euro (€483,80 X 3), indipendentemente dall’orario di lavoro (part time o full time).

Se il rapporto di lavoro che si sta interrompendo ha avuto una durata inferiore ai 12 mesi, il ticket sul licenziamento deve essere ricalcolato in proporzione al numero dei mesi di durata del rapporto lavorativo.

Il contributo sul licenziamento non prevede la possibilità di rateizzazione.

Ci sono dei casi in cui il datore non deve pagare il contributo sul licenziamento?

La legge n. 92/2012 prevede che per i casi di ’ingresso nelle procedure di mobilità ex art. 5, co. 4, legge n. 223/91 il datore di lavoro non è tenuto al pagamento del ticket sui licenziamenti.

Inoltre, riguardo al periodo 2013 – 2015, i datori di lavoro sono esentati dal pagamento del ticket nei seguenti casi:

1. licenziamento conseguente a cambio di appalto, ossia il lavoratore è stato assunto da altro datore di lavoro;

2. nel caso di lavoratori del settore edile, se il rapporto di lavoro cessa per completamento delle attività e chiusura del cantiere;

Il contributo Aspi ordinario per l’apprendistato

L’Aspi, la nuova assicurazione per i lavoratori, è un ammortizzatore sociale che viene finanziato attraverso due tipi di contribuzione, una è il contributo ordinario.

Questa prima tipologia di contributo per l’Aspi è dovuta dal datore di lavoro in formula piena (1,31%+0,30%) nel caso di assunzione con contratto di apprendistato, anche se su questi contratti, in base alla legge n. 183/2011, sono state applicati vari sgravi contributivi per l’incentivazione. Stesso discorso vale anche nel caso in cui il contratto di apprendistato venga risolto in altro tipo di collaborazione al termine del periodo di formazione.

Se l’apprendista è, invece, iscritto alle liste di mobilità per il datore di lavoro l’Aspi non dovrà essere pagata in misura piena, ma il contributo sarà del 10% per un periodo di 18 mesi dal giorno dell’inizio del rapporto di lavoro.

Nel caso di lavoratori che hanno contratti di somministrazione, l’Aspi sarà versata con un contributo pari all’1,31%, senza la maggiore prevista dello 0,30%,.

► Sondaggio Adecco su riforma del lavoro

Il contributo addizionale Aspi 

Il contributo addizionale Aspi, altra forma di finanziamento di questo ammortizzatore sociale, è dovuta per lavoro subordinato non a tempo indeterminato con un’imposizione pari all’1,40%, con la possibilità di usufruire delle riduzioni contributive previste dall’ordinamento per tutte le tipologie di assunzioni a tempo determinato agevolate.

Nel caso di assunzioni a tempo determinato di lavoratori iscritti alle liste di mobilità, il datore di lavoro non è tenuto a versare nessuna contribuzione aggiuntiva.

Tutti i dettagli relativi alla contribuzione Aspi sono contenuti nella  Circolare n. 44 – 2013 dell’INPS.

L’Italia è il paese più colpito dalla crisi

 Stando a quanto riportato dall’Unione Europea, l’Italia è stato il paese che di più ha sofferto dello stress economico creato dalla crisi globale iniziata nel 2008. Rispetto alla media di tutti gli altri paesi europei, tra i quali figurano anche Spagna e Cipro, due dei paesi che al momento sono nelle condizioni peggiori, in Italia c’è il 15% in più di persone in difficoltà e la produttività si è abbassata del 2,8% in più.

► Donne e occupazione, un confronto impari

Nel rapporto sulla disoccupazione rilasciato da Bruxelles in queste ore, si legge:

Lo stress economico ha avuto ripercussioni in Bulgaria, Cipro, Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna e soprattutto Italia, dove è salita al 15% la popolazione in difficoltà economica. In seguito a crescita debole o negativa, cala la produttività in Ue e l’Italia ha fatto registrare di gran lunga il suo calo più accentuato: -2,8% nell’ultimo trimestre 2012, dopo il calo ancora più forte del 3% del precedente trimestre.

Stesso discorso anche per la disoccupazione, che nel nostro paese ha subito, nell’ultimo trimestre, l’accelerazione più marcata: in Italia il dato si è attestato allo 0,5% in più, facendo così arrivare l’Italia al primo posto, seguita da Polonia (+0,3%), Spagna (+0,1%) e Francia (+0.1%).

► Rapporto Istat disoccupazione: record di dottori senza lavoro

Gli altri dati che emergono dal rapporto trimestrale sull’occupazione dell’Unione Europea riguardano il perdurare delle difficili condizioni lavorative complessive, con la disoccupazione che nel mese di gennaio ha raggiunto quota 26,2 milioni di persone, pari al 10,8% della popolazione economicamente attiva, e il divario che si va sempre più allargando tra l’Europa del nord e l’Europa del sud: 10 punti percentuali nel 2012.