Qualche consiglio per spese mediche e spese funebri

 Due domande poste all’Agenzia delle Entrate ci danno la possibilità di approfondire due argomenti interessanti in merito alla dichiarazione dei redditi: le spese funebri e le spese mediche. In relazione al primo argomento il quesito posto da un contribuente è relativo alle spese sostenute per una zia morta nell’agosto del 2012. Il contribuente in questione cerca di avere la certezza riguarda la deducibilità delle spese inserite nel 730.

 I modelli 730-4 per le dichiarazioni

La normativa, spiega l’Erario, prevede che si possano detrarre dall’IRPEF le spese funebri, per un importo che non supera i 1549,37 euro, fino al 19 per cento per una certa categoria di parenti tra cui non rientrano gli zii. È tutto scritto nel TUIR dove si prendono in esame i benefici fiscali collegati alle spese sostenute per i famigliari non fiscalmente a carico, oppure affidati o ancora affiliati. Si possono quindi detrarre solo le sostenute per il coniuge, i figli legittimi e quelli legittimati, naturali o adottivi, ma anche le spese dei discendenti prossimi, dei genitori, degli ascendenti prossimi e naturali, dei fratelli e delle sorelle germani o unilaterali, dei generi e delle nuore e dei suoceri.

Le agevolazioni fiscali per i disabili

Sulle spese mediche la domanda invece riguarda la detraibilità dei costi medici sostenuti e rimborsati da un’assicurazione privata. L’Erario a tal proposito risponde come segue:

“Possono fruire per intero della detrazione Irpef del 19%, sulla parte eccedente la franchigia di 129,11 euro, le spese sanitarie rimborsate per effetto di premi di assicurazioni private o contributi versati dal contribuente, per i quali non spetta la detrazione d’imposta o che non sono deducibili dal reddito complessivo (articolo 15, lettera c, del Tuir).”

Scegliere tra i diversi modelli di dichiarazione

 Le dichiarazioni dei redditi, ahinoi, sono alle porte eppure ci sono molti contribuenti che ancora non hanno scelto che modello usare per rendere conto al fisco di quello che hanno guadagnato nell’anno d’imposta 2012. Quelle che maggiormente possono incontrare delle difficoltà sono le persone fisiche, chiamate a scegliere, in base al tipo di redditi, sull’uso del modello 730, oppure del modello UNICO, oppure del modello UNICO Mini.

I modelli 730-4 per le dichiarazioni

Il modello 730/2013 è quello riferito all’anno d’imposta 2012 ed è rivolto in particolare ai lavoratori dipendenti e ai pensionati che vogliono dichiarare redditi da lavoro dipendente, redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente, i redditi da fabbricati o da terreni, i redditi di capitale, i redditi da lavoro autonomo senza partita IVA, i redditi diversi e i redditi soggetti a tassazione separata.

Qualche elemento importante sull’UNICO Mini 2013

Il modello UNICO 2013 PF, invece, è un  modello unificato che consente di dichiarare sia i redditi che l’IVA e per questo è consigliato a chi ha avuto nel 2012 redditi d’impresa o redditi da lavoro autonomo tramite partita IVA, ai contribuenti che non sono residenti in Italia, ai contribuenti che hanno percepito redditi da lavoro dipendente erogati da datori di lavoro non tenuti al versamento della ritenuta d’acconto, ai contribuenti che devono dichiarare anche IRAP, IVA e Modello 770, ai contribuenti che devono fare la dichiarazione per i contribuenti deceduti nel 2012 e ai contribuenti che hanno un lavoro a tempo indeterminato cessato al momento della dichiarazione.

Aumento del 5 per cento le tasse locali

 Le tasse locali, in appena un anno, sono aumentate del 5 per cento. A riportarlo non sono le sensazioni dei consumatori che hanno visto assottigliarsi il loro budget famigliare, quanto piuttosto delle recenti indagini dell’Istat.

Inizia la stagione del 5 per mille

L’Istituto nazionale di statistica ha messo sotto la lente d’ingrandimento le imposte tributarie delle regioni, dei comuni e delle provincie, quelle tasse che hanno praticamente impoverito i contribuenti ed ha notato che in dieci anni sono aumentate del 32,2 per cento.

Il fatto è che tutti gli enti locali, siano essi regioni, comuni o province, partono tutti dai contribuenti per far sì che i bilanci non vadano in rosso. E se l’aumento nel corso in decennio sembra esagerato, non è da meno quel che è successo nell’ultimo anno: le tasse richieste ai cittadini dalle amministrazioni, infatti, sono cresciute del 5 per cento, pari a 9,2 miliardi di euro. Non si assisteva ad un aumento delle imposte locali dal 2008, anno segnato tra l’altro da un’inversione di tendenza nella tassazione di questo tipo.

Il successo del fisco italiano in Vaticano

Se si entra maggiormente nel dettaglio si scopre che le imposte comunali, dal 2010 al 2011 sono cresciute del 5%, vale a dire di 4,8 miliardi di euro; le imposte regionali sono aumentate di 4 miliardi che corrispondono ad una crescita percentuale di 5,4 punti. Le province, infine, hanno aumentato le tasse dell’11,1 per cento, vale a dire quasi mezzo miliardo.

L’idea della Bad Bank lanciata dal salvataggio di Cipro

 L’Eurozona ha raggiunto un accordo sul salvataggio di Cipro. Prima di prendere seriamente in esame cosa succederebbe se Cipro uscisse dall’euro, però, si è pensato di trovare uno stratagemma ad hoc per salvare capra e cavoli: la creazione di una bad bank.

L’idea ha fatto sì che Cipro portasse in alto i listini europei ma di cosa si parla di preciso? Una bad bank è una banca in cui lo stato decide di mettere tutti gli asset che sono considerati tossici per il sistema bancario. In pratica, uno stesso istituto di credito si divide in due: la good bank che si occupa di tutto quello che resta attivo sul fronte del credito e la bad bank che va ad acquisire gli asset pericolosi. In questo modo, almeno una delle due banche create,ha la speranza di sopravvivere funzionando regolarmente.

Cipro e le reazioni dei listini italiani

Una soluzione simile è stata sperimentata già in America dove ci si è chiesti se lo Stato avesse potuto acquistare gli asset tossici. È stato il presidente Obama a dare quindi il via alla bad bank per evitare d’indebitare lo stato.

I titoli della bad bank cipriota, adesso, saranno venduti sul mercato delle azioni ordinarie e quando la differenza tra il valore di mercato e quello nominale sarà minimo, allora la bad bank potrà liquidare i titoli in suo possesso.

Cosa succede se Cipro esce dall’euro

 Salvare Cipro come salvare un altro qualsiasi degli stati dell’Europa contemporanea è un imperativo che sembra assecondare l’idea che se una pedina viene tolta dallo scacchiere del Vecchio Continente, tutto il sistema va in frantumi.

In realtà Cipro, come tutti gli altri paesi che fanno parte dell’Eurozona, possono uscire dall’euro, l’importante è calcolare bene le conseguenze dell’atto in questione. L’importante, insomma, è chiedersi se con l’uscita dall’euro di un paese, vada in frantumi tutta l’Europa.

Cipro e le reazioni dei listini italiani

Nel caso di Cipro sicuramente il dramma più importante sarebbe quello dell’isola che in questi giorni, a prescindere dall’accordo sul salvataggio, ha dovuto subire una grande fuga di capitali visto che negli ultimi anni l’isola si era configurata come un ottimo paradiso fiscale. La fuga di capitali, nel caso dell’uscita dall’euro, sarebbe ancora più ingente e sarebbe necessario istituire dei controlli speciali per evitare fughe improvvise, sempre nell’attesa di avere un’altra moneta, quella locale.

Cipro porta in alto i listini europei

Detta in questi termini, quindi, la perdita sarebbe tutta sulla spalle di Cipro che vedrebbe crollare il sistema bancario, tamponare la corsa agli sportelli e fare i conti con l’aumento del costo del denaro. In realtà a perdere sarebbe l’intera Europa visto che persa una pedina, se ne perderebbero senz’altro molte altre, per l’effetto a catena tante volte chiamato in causa in questi due anni di crisi.

 

Cipro e le reazioni dei listini italiani

 Il salvataggio di Cipro è stato molto importante, anche se ha comportato la revisione dell’accordo originale, il fatto che si sia giunti ad un compromesso tra l’isola stato e l’Europa, è stato provvidenziale per le borse dell’Eurozona.

Cipro porta in alto i listini europei, lo abbiamo raccontato, ma cosa è successo nello specifico in Italia? Il nostro paese ha visto crescere il valore degli scambi di un modesto 0,6 per cento che è ben al di sotto di quello che ci si aspettava. Però è anche vero che lo spread è tornato dai 314 punti di venerdì fino a quota 308 punti base.

I nostri scambi, però, più dell’accordo con Cipro, hanno subito gli effetti della notizia dell’incontro tra Bersani e le parti sociali. Un incontro reso necessario dalle dure parole del numero uno di Viale dell’Astronomia. Squinzi infatti ha spiegato che non c’è più tempo per le imprese che stanno soffocando, è necessario un governo e un rimedio plausibile a questa situazione.

La versione di Saxo Bank su Cipro

Piazza Affari nel frattempo vede crescere i listini delle banche che, dopo i ripetuti scossoni delle scorse settimane, adesso di trovano a guadagnare terreno. Prima tra tutte è sicuramente la Banca Popolare dell’Emilia Romagna che cresce del 3,25 per cento. Mediobanca va altrettanto bene con un rialzo dell’1,85%. In flessione, sembra ci sia soltanto Ubibanca che perde l’1,04 per cento dopo che Mediobanca ha subito il downgrade che non si aspettava.

Cipro porta in alto i listini europei

 Cipro ha tenuto in tensione i mercati e le istituzioni europee ma non ha bloccato l’attività diplomatica nell’isola che questa notte ha raggiunto finalmente un accordo con l’Europa per il salvataggio.

Cipro contro l’Europa e contro la Germania

In pratica l’Eurogruppo ha dovuto accettare una versione revisionata e corretta del piano di salvataggio, riscritta dal management cipriota: ci sarà una chiusura cosiddetta controllata della Popolar Bank of Cyprus, meglio conosciuta come Laiki.

Sembra che questa decisione soddisfi la maggior parte degli investitori che sono stati trainati dall’entusiasmo in tutti i listini del Vecchio Continente. Così Londra ha guadagnato lo 0,64%, Milano più o meno è cresciuta allo stesso modo con il +0,6%. Sono andate meglio Madrid che cresce di un punto percentuale, Francoforte con il +1,07% e poi anche Parigi con il +1,4%.

Chi c’è dopo Cipro?

La notizia di Cipro fa diminuire anche lo spread. Il differenziale tra Btp decennali e Bund tedeschi, in apertura di contrattazioni, è tornato a 308 punti, dopo che, venerdì sera, si era arrivati a 314 punti ad un rendimento del 4,46 per cento.

Oltre alla chiusura della Laiki, il nuovo accordo su Cipro prevede anche che i depositi sotto i 100 mila euro vadano a finire nella Bank of Cyprus, mentre quelli superiori alla soglia indicati e non assicurati subiranno un prelievo record. Con questo prelievo nelle casse dell’isola stato dovrebbero arrivare ben 4,2 miliardi di euro, sufficienti ad evitare il collasso del sistema bancario cipriota.

L’incredibile ascesa di Yalla Yalla

 Si chiama Yalla Yalla e per chi non lo sapesse è una delle agenzie di viaggi online più conosciute del web. L’anno scorso, l’anno che è passato alla storia come quello più critico per il Vecchio Continente, l’agenzia ha chiuso con un fatturato da 28 milioni di euro. Per il 2013, quindi, non ci si aspetta certo di fare un passo indietro, anzi, la crisi non dovrebbe rallentare la crescita a due cifre. Questa la dichiarazione d’intenti del fondatore di Yalla Yalla.

V.me è vera rivoluzione?

L’agenzia, per tenersi a galla e restare comunque un punto di riferimento, ha deciso di puntare molto sull’e-commerce che anche nel nostro paese sta vivendo una fase di crescita. Nel 2012, per esempio, c’è stato un incremento delle transazioni commerciali su internet del 25,5 per cento che equivalgono a circa 12,8 miliardi di euro.

Carta Viva Web di Compass

Il Politecnico di Milano che periodicamente fa delle analisi del pubblico della rete, spiega che nel 2012 gli utenti italiani della rete che hanno deciso di fare acquisti su internet sono soltanto il 15 per cento del totale. Ben al di sotto della media europea fissa al 44 per cento, ma Yalla Yalla, evidentemente, ha informazioni differenti.

In più sembra che ad accusare le maggiori sofferenze siano sempre i siti che offrono beni immateriali, quindi anche i pacchetti vacanze. Che si prepari l’inversione di tendenza?

 

Lufthansa ci prova con Brussels Airlines

 Grandi manovre nel settore aereo dopo la dichiarazione d’intenti della compagnia aerea Lufthansa: diventare la maggiore azionista, nonché l’unica proprietaria di Brussels Airlines.

 Tagli ed esuberi per Lufthansa

Si chiama Christoph Franz ed è il CEO della Lufthansa. In una recente intervista al Suddeutsche Zeitung ha detto di voler mettere le mani sulla Brussels Airlines nel momento in cui la compagnia tornerà ad essere “conveniente” dal punto di vista commerciale. Sarà sufficiente, infatti, acquisire il 55% del capitale dell’azienda belga per controllarla praticamente in modo “totale”. La convenienza ci sarà soltanto quando la società avrà completato la ristrutturazione.

Lufthansa, tra l’altro, conosce molto bene la realtà della Brussels Airlines visto che dal 2008 ne detiene il 45% del capitale. Dal 2011 è in corso una valutazione sull’opportunità di ampliare il possesso della Brussels Airlines ma fino a questo momento la possibilità di riscattare la quota restante è passata in secondo piano. Lufthansa, infatti, ha dovuto prima sistemare i conti con Bmi British e con Austrian Airlines.

Effetti della fusione tra American Airlines e US Airways

Poi la società tedesca ha anche approvato una linea di credito di 100 milioni di euro a Brussels Airlines che non è riuscita però a usare a dovere questo piccolo gruzzoletto tanto che anche il 2012 è stato chiuso con una perdita netta di 60,7 milioni di euro. Meglio del 2011 ma sicuramente ancora “preoccupante”.

 

Facebook dovrà rimborsare 62 milioni agli azionisti

 Il giorno del debutto di Facebook in borsa è stato praticamente traumatico visto che tantissimi azionisti che hanno creduto nel titolo del social network di Zuckerberg, si sono trovati davanti ad alcuni errori che ne hanno determinato immediatamente delle perdite.

Possibili trend del titolo Facebook

La SEC che ha analizzato la situazione, ha deciso quindi di autorizzare il piano del Nasdaq che consiste adesso nel rimborsare tutti coloro che hanno subito delle perdite il giorno del debutto di Facebook. Tutto è da attribuire al ritardo con cui sono partite le contrattazioni, un ritardo di 30 minuti che costerà a Facebook ben 62 milioni di dollari. Il titolo di Zuckerberg, tra l’altro, non è anche andato così bene, visto che ha sofferto a lungo per i problemi legati alla sua quotazione.

Gli utili di Facebook in crescita ma il titolo affonda

Gli azionisti che ritengono di aver subito delle perdite in relazione all’avvio ritardato delle contrattazioni, devono inviare una richiesta di rimborso alla Finra che deve valutare la validità della domanda. Il Nasdaq, da parte sua, sembra che rimborserà soltanto le vendite che non sono state eseguite e parti a 42 dollari o meno, le vendite a 42 dollari o meno che sono state eseguite a prezzi inferiori e anche gli acquisti a 42 dollari che non sono stati confermati subito.