I mercati asiatici accelerano la ripresa

 Dopo la bancarotta della Lehman Brothers, l’Asia non era più riuscita ad ottenere tali performance. Adesso tutto fa pensare che il Giappone sia fuori dalla crisi visto che le performance del mercato di Tokyo sono andate oltre i livelli pre-crack.

 Fiducia per le banche centrali

I listini europei sono rimasti sulle corde ma lo spread tra Bund e BTp, a fine giornata, si era accorciato, fermandosi sui valori di 305 punti base. I dati sull’industria tedesca e quelli sul lavoro negli USA potrebbero modificare l’andamento delle quotazioni.

 Sui bond giapponesi l’effetto-Kuroda

Gli investitori, soprattutto quelli attenti alle evoluzioni asiatiche, sono rimasti piacevolmente sorpresi da quanto visto in questi giorni e adesso sperano che non intervengano elementi critici a distogliere il Giappone dal cammino verso l’uscita dalla crisi. Il problema, in tal senso, è rappresentato dalle parole di Draghi che ha posticipato la ripresa dal secondo semestre del 2013 al primo trimestre del 2014.

 La Cina e la crisi del debito in arrivo

Il Giappone, intanto, è uscito dalla recessione. Il PIL, nel 2012, è cresciuto del 2 per cento e sembra sia stato sostenuto dai lavori di ricostruzione seguiti allo tsunami. In realtà sono aumentati considerevolmente anche i consumi della popolazione. Lo yen, parallelamente alla ripresa economica, perde valore ed ha raggiunto i livelli minimi del 2009.

Da tenere d’occhio anche la Cina, sul versante asiatico, perché è vero che è rallentata l’economia ma sembra ci sia stato il boom delle esportazioni.

Anche le no profit pagano le tasse

 Gli enti no profit, per definizione, non traggono profitti dal loro operato nel senso che quanto guadagnano deve essere reinvestito nelle attività di utilità sociale. Eppure questo non vuol dire che non pagano le tasse o che sono in un regime di extrafiscalità. Anzi, gli enti no profit devono sottoporsi al prelievo dei tributi che cambia sulla base del tipo di attività svolta.

 L’esenzione IMU degli enti no profit

Una sentenza della Corte di Cassazione, la numero 4147 del 20 febbraio 2013 è tornata sull’argomento, prendendo in esame soprattutto le associazioni sportive dilettantistiche. Queste organizzazioni, a livello quantitativo, sono le più diffuse nel nostro territorio.

Da chi dipende l’ingovernabilità italiana

In presenza delle condizioni indicate dalla legge, si può ottenere l’applicazione di un regime tributario di favore ma mai bisogna pensare di “farla franca” non dichiarando alcunché. L’articolo 148 del Tuir, infatti, spiega che per gli enti no profit è esclusa la commerciabilità, quindi la tassazione sulle attività svolte per attuare gli scopi istituzionali e rivolte agli associati.

Se però ci sono delle attività rivolte al mercato, bisogna distinguere i costi, quelli comuni e i profitti che ne derivano. Il problema è che negli anni, dietro tante associazioni no profit, sono state mascherate soltanto delle attività commerciali, si pensi ad esempio alle varie palestre, piuttosto che alle discoteche o ai ristoranti.

Società di capitali attese alla cassa

 Questa è una notizia che riguarda soprattutto le società di capitali e le società consortili. Si spiega che è in scadenza il pagamento della tassa annuale sulle concessioni governative per la remunerazione e la bollatura dei libri e dei registri contabili obbligatori.

Cos’è l’IVA di gruppo e chi può usarla

I libri contabili, per esempio IVA acquisti e IVA vendite, generalmente, non possono essere usati prima di ottenerne una registrazione ufficiale dall’Agenzia delle Entrate. Chiaramente ci sono dei casi limite: i possessori di partita IVA che fanno la dichiarazione dei redditi autonomamente, per esempio, non sono tenuti all’imposta di bollo sui registri.

Una mini guida all’IRAP

Non si può dire la stessa cosa delle società di capitali e delle società consortili. Il termine ultimo da rispettare per queste operazioni è il 18 marzo. La scadenza fiscale, rispettata, non comporta l’applicazione di sanzioni. Ad essere interessate dall’appuntamento sono le SPA, le Srl, le Sapa e le consortili anche se si tratta di società in liquidazione.

Le scritture contabili devono essere vidimate, numerate progressivamente e quindi bollate al Registro delle Imprese della Camera di commercio o da un notaio. La spesa da sostenere per le operazioni è dei 309,87 euro se il capitale sociale o il fondo di dotazione non superano i 309,87 euro, oppure è di 516.456,90 per gli importi che superano la cifra indicata.

Il versamento va fatto tramite F24 indicando il codice tributo 7085.

La deduzione dall’Ires soltanto con documenti certi

 Fiscalmente è possibile per una società scaricare dal reddito i corrispettivi pagati agli amministratori ma spesso capita che a fronte di questi corrispettivi portati in dichiarazione, non ci sia stato l’effettivo pagamento. Tutto chiaramente può essere individuato a partire dall’analisi dei conti della società.

La Robin Tax scaricata sui consumatori

Per evitare d’incappare nelle maglie del Fisco, l’Agenzia delle Entrate spiega come comportarsi. Il riferimento è ad una sentenze della Commissione tributaria di primo grado di Trento del 21 gennaio 2013. Nel documento si specifica che in assenza di una delibera dell’assemblea, non è possibile dedurre dal reddito d’impresa i compensi corrisposti agli amministratori.

Una mini guida all’IRAP

La precisazione è arrivata dopo una verifica fiscale a seguito della quale è stato emesso un avviso di accertamento. L’Erario contestava all’azienda la deduzione dei compensi corrisposti agli amministratori. L’Agenzia delle Entrate ha specificato che il riferimento è alla disciplina civilistica.

In pratica nelle società a responsabilità limitata, l’atto costitutivo della società stessa, deve prevedere se le cariche amministrative sono gratuite o retribuite, è necessario individuare un organo competente per fissare il compenso e poi devono essere chiari i modi e i criteri di determinazione dei compensi.

Nello statuto della società posta a verifica, si specificava che doveva essere l’assemblea a definire il compenso degli amministratori che poteva essere “eventuale”.

Il bilancio di Aviva è compromesso

 Il mondo della politica è strettamente legato a quello della finanza, anzi, quest’ultimo attinge a piene mani dalle informazioni messe a disposizione dagli stati e dalle istituzioni sovranazionali. L’esempio è presto fatto: se la BCE dichiara che lascerà i tassi invariati è molto facile che ci sarà una stabilità oppure in incremento del fatturato delle istituzioni creditizie.

Moody’s se la prende con l’economia inglese

Allo stesso modo sapere che un paese ha effettuato un giro di vite, operando dei tagli alla spesa pubblica o penalizzando alcuni settori dell’economia, può essere una spina nel fianco della società che operano sulla base dei dati nazionali. Arriviamo così al caso di Aviva.

Krugman parla dei problemi dell’Europa

E’ il secondo gruppo assicurativo britannico che adesso annuncia di aver chiuso l’esercizio con una flessione di 3 miliardi di sterline. Tutto dipende da 3,3 miliardi di svalutazioni legate alla cessione delle divisioni americane dell’azienda che ha comportato l’annullamento di bonus e l’addio agli aumenti per i manager.

Aviva si occupa di assicurazioni in Gran Bretagna e quest’anno ha dovuto fare i conti con un 2012 non proprio felice visto che ci sono state le perdite che abbiamo elencato. Il risultato operativo è stato di 1,776 miliardi di euro, che è comunque meno di 1,857 miliardi del 2011. Il dividendo stesso dell’azienda è in calo del 27 per cento ed ha raggiunto quota 10 pence per azione.

Autogrill ha ancora dubbi sulla cedola

 In un mercato industriale e azionario normale se l’azienda va bene, ottiene un utile interessante e si comporta lealmente, c’è un dividendo da spartire con cui nella stessa azienda ha investito comprando azioni. Ma oggi, in questo periodo di forte crisi che coinvolge aziende di ogni tipo, il primo pensiero è sempre quello di riparare i debiti. Per le cedole degli azionisti c’è da aspettare anche se l’attesa è deleteria per il titolo dell’azienda in borsa.

Autogrill cresce dopo l’annuncio della scissione

La premessa ci serve soltanto per introdurre il caso Autogrill. L’azienda, nel 2012, ha dovuto far fronte ad una flessione degli utili del 23 per cento che si traducono in una perdita pari a 96,8 milioni di euro. La parte italiana dell’azienda, per esempio, è andata in rosso. L’ad, Gianmario Tondato, deve quindi capire cosa farne delle cedole degli azionisti.

Wall Street chiusa per il M.L.K. Day

I dividendi devono essere pagati ma le soluzioni sono diverse: per esempio si potrebbero usare le riserve di denaro dell’azienda, oppure procrastinare i pagamenti. Tanto all’orizzonte s’intravede già la separazione dei ristoranti dai duty free.

Il processo di ristrutturazione, infatti, prosegue. Tondato ha annunciato, intanto, i risultati del 2012:  ricavi sono in aumento del 4 per cento e hanno raggiunto quota 6.07 miliardi. I margini sono in calo del 4,4 per cento fino a 589,9 milioni e anche le attese degli analisi sono state riviste dopo il calo del 23 per cento degli utili.

Fatturato in crescita per Campari

 Il Campari, da qualche anno, non è la bevanda più diffusa nel mondo ma conosce un discreto successo che si traduce in un buon risultato anche in borsa. La credibilità dell’azienda e la sua permanenza sul mercato in un momento di crisi sembrano essere assicurate.

La borsa reagisce alle parole di Draghi

Tutta la crescita di Campari, dipende dalle acquisizioni che ha portato a termine in questi anni. Per esempio è stato comprato un rum giamaicano, il Lascelles deMercado. In più si tratta di una bevanda molto gradita soprattutto negli Stati Uniti. In questa marcia trionfale l’unico dettaglio che impensierisce gli investitori è quello della redditività che sembra in frenata.

Wall Street non basta come traino d’Europa

Il titolo in borsa, quindi, sarà presto in rialzo ma deve affrontare ancora un periodo di debolezza legato proprio all’annuncio dei risultati di Campari. E’ servita a poco la dichiarazione dell’ad del gruppo che ha commentato con una certa soddisfazione i risultati del 2012.

L’anno in corso, come per tutte le aziende, sarà un periodo intermedio in cui bisogna affilare le armi per sopravvivere alla crisi. Il perdurare della recessione europea non aiuta ma ci sono altre zone del mondo che potrebbero controbilanciare i risultati del Vecchio Continente.

Si vede di buon occhio, ad esempio, il miglioramento delle vendite in America Latina.

Nessuno si aspettava un exploit del carbone

 Si parla tanto di energie rinnovabili, di risparmio energetico, di progetti delle nazioni per raggiungere l’autonomia energetica bilanciando le importazioni e la produzione di petrolio, che si è finito per perdere di vista il carbone. Numerose previsioni d’investimento, legate al mondo delle materie prime, hanno escluso il carbone dal computo delle materie su cui vale la pena puntare qualcosa.

Il carbone è la materia prima più richiesta

Invece una recente indagine del World economic forum, ha dimostrato che negli ultimi dieci anno il carbone è cresciuto al punto che deve considerarsi la fonte energetica cresciuta di più in termini assoluti. La domanda di questo materiale è cresciuta dieci volte di più della domanda di energie rinnovabili.

La Cina sarà il maggiore importatore di oro nero

Ma la domanda di carbone è cresciuta anche due volte di più di quella del gas e tre volte di più di quella del petrolio. Eppure la sensibilità ecologica di cittadini ed investitori, sembrava accresciuta. Le rinnovabili, sulla produzione energetica mondiale, mantengono un ruolo marginale rappresentando l’1,6 per cento della produzione di energia nel mondo.

Non stiamo parlando di un improvviso cambio di tendenza. Il risultato di questa ricerca vuole proporre un quadro veritiero della situazione dove, per l’appunto, le fonti fossile non sostituiranno le fonti rinnovabili, prima che siano passati almeno 20 anni.

Crollano le vendite di surgelati

 Tutti i titoli delle aziende che si occupano di surgelati, in questo momento, stanno tremando visto che la vendita dei loro prodotti è calata improvvisamente e la colpa è tutta da attribuire ai recenti scandali sulla carne di cavallo. L’indagine è stata fatta dalla Coldiretti che da sempre promuove l’uso di frutta e verdura freschi e di stagione.

I consumi parlano del peggioramento dell’Italia

Coldiretti ha indagato sui primi piatti pronti, sui ragù e sui prodotti congelati in generale, dimostrando che negli ultimi tempi, ci sono stati cali nelle vendite pari al 30 per cento. In parte questa flessione è legata al ritiro dal mercato di numerosi prodotti. I dati parlano di 200 tipi diversi di confezioni di prodotti alimentari, ritirate in 24 paesi.

Lo scandalo della carne di cavallo affonda le vendite di surgelati

Lo scandalo della carne di cavallo ha coinvolto la Francia ma anche l’Italia, in seguito al monitoraggio effettuato dalla eFoodAlert.net. A segnalare questo momento critico, ci ha pensato anche la Cia, la Confederazione italiana agricoltori che addita una flessione del 10 per cento delle vendite.

Adesso i consumatori preferiscono buttarsi su prodotti confezionati a base di carne bovina che generalmente, in un supermercato, rappresentano il 20 per cento del settore. Soltanto a livello informativo vale la pena dire che il giro d’affari dei piatti pronti è di 330 milioni di euro di cui 80 milioni sono primi pronti freschi.