L’esenzione IMU degli enti no profit

 Sono state necessarie due risoluzioni del dipartimento delle Finanze, per spiegare meglio la questione dell’esenzione del pagamento dell’IMU per gli immobili usati dagli enti non commerciali. Le precisazioni hanno reso più elastica l’interpretazione della normativa in vigore.

Soddisfano le entrate avute dall’IMU

Il primo punto riepilogato dal dipartimento delle Finanze riguarda i termini entro i quali chiedere l’esenzione. Il primo appuntamento era stato fissato al 31 dicembre 2012, ma è stato sottolineato che questo termine non è da considerarsi perentorio. Vuol dire quindi che le associazioni no profit, come anche gli enti ecclesiastici, possono ottenere l’agevolazione anche se non si sono adeguati alla normativa entro il 31 dicembre, se cioè non hanno modificato statuto ed atto costitutivo al fine di rispettare i requisiti previsti dal Regolamento.

Dichiarazione unica IMU per gli enti non commerciali

I requisiti generali per accedere all’agevolazione sono stati ribaditi nella Risoluzione numero 3/Df. In primo luogo si specifica che gli utili non devono essere redistribuiti a meno che la legge non lo preveda, oppure possono essere distribuiti all’Enc (ente non commerciale) della struttura che svolge una o più attività istituzionali previste dalla normativa. Si spiega inoltre che gli avanzi di gestione devono essere reinvestiti per gli scopi istituzionali, e se l’associazione è sciolta, il patrimonio deve essere devoluto ad un altro ente non commerciale che fa un’attività analoga.

L’ultima precisazione fatta dal Dipartimento delle Finanze spiega che non si può considerare che l’immobile dato in comodato generi un reddito.

IVA agevolata sui controlli alle caldaie

 Condomini e privati, periodicamente, devono chiedere alla ditta fornitrice degli impianti, un check-up completo delle caldaie e quant’altro, ma l’IVA che deve essere applicata alle fatture, non è quella ordinaria al 21 per cento ma quella agevolata al 10 per cento.

Le novità dell’IVA per cassa

Chiaramente parliamo del check-up obbligatorio degli impianti di riscaldamento che sono istallati nelle unità abitative e servono sia i singoli appartamenti che i servizi dello stabile. L’IVA agevolata vale sia per i condomini, sia per i privati ma è limitata, spiega la risoluzione numero 15/E dell’Agenzia delle Entrate, agli interventi pro efficienza. Tutte la altre prestazioni o la copertura assicurativa verso terzi, non possono beneficiare di questo regime.

Sui redditi da lavoro imposizione unica UE

La precisazione è stata necessaria dopo la richiesta di chiarimenti fatta da una società che si occupa di assistenza e manutenzione delle caldaie a gas che sono nelle abitazioni private. Questa società, prendendo in esame l’articolo 31 di una legge del 1978, aveva dedotto che il bonus era da considerarsi esclusivo per gli impianti condominiali; gli interventi per i privati, invece, sarebbero dovuti essere al 21 per cento.

L’Agenzia delle Entrate, per rispondere a questa domanda, ha invece usato il Dpr 380/2001 in cui si parla di prestazioni agevolate anche per gli impianti installati in fabbricati a destinazione abitativa privata. Se un’azienda ha applicato l’IVA ordinaria, quindi, adesso dovrà risarcire i clienti e poi chiedere un rimborso al Fisco senza variare le fatture emesse.

Moody’s se la prende con l’economia inglese

 La City di Londra dice no al tetto sui superstipendi dei banker e si distingue in questa sua linea  molto chiara, da quanto hanno scelto la Germania e la Svizzera, allineate ai consigli arrivati dalle istituzioni europee. Una scelta come tante, quella dell’Inghilterra che delinea una politica economica molto chiara.

Krugman parla dei problemi dell’Europa

Peccato che poi ottenga la bocciatura delle agenzie di rating. L’americana Moody’s ad esempio, ha bocciato le iniziative della Gran Bretagna e per la prima volta dopo 35 ha fatto perdere la tripla A al paese. Se fosse soltanto una questione di “credibilità e scelte”, non ci sarebbero problemi.

Invece Moody’s ha spiegato di avere dei dubbi sulla sostenibilità del debito pubblico britannico. Il passaggio dalla tripla A al livello AA1, riduce ancora il numero dei paesi “affidabili”, paesi che sono considerati solidi sotto il profilo economico e finanziario.

Il BTp a 15 anni piace molto agli inglesi

La Gran Bretagna, in questa prima parte del 2013, si unisce ai paesi che l’anno scorso hanno perso la tripla A in modo quasi inaspettat0, per esempio la Francia. A resistere, quindi, per il momento ci sono soltanto Germania, Olanda, Lussemburgo e Finlandia.

Il nostro paese non è nemmeno lontanamente considerato visto che l’ultima volta che ha potuto esibire una bella tripla A sullo Stivale, era il 1998.

Lavoro stagionale in Danimarca

 Non sempre si ha a disposizione un budget per una bella vacanza, ma non per questo le possibilità di farla sono totalmente precluse. Soprattutto se vi piace stare in mezzo alla natura e non avete paura del lavoro fisico le offerte di lavoro per la raccolta di mele, fragole, piselli, cipolle, lattuga, pere e granoturco sono la vostra occasione per visitare la Danimarca.

Viaggiare e lavorare, è questo che mette a disposizione  Seasonalwork.dk, un portale dedicato proprio a coloro che vogliono approfittare di un lavoro stagionale per fare una bella esperienza all’estero. E’ un servizio pubblico messo a disposizione dal governo danese rivolto a chi è in cerca di lavoro e agli studenti.

Per ogni stagione c’è una raccolta diversa da fare, quindi le offerte di lavoro sono sempre attive e prevedono una durata minima di 3 settimane e un massimo di 24. La quasi totalità delle proposte di lavoro stagionale in Danimarca prevede una retribuzione a cottimo e la possibilità di alloggio presso la struttura o nei pressi.

Per partecipare alle selezioni è necessario essere maggiorenni, avere avuto precedenti esperienze nel campo dell’agricoltura e parlare fluentemente l’inglese.

Per tutte le informazioni sulle raccolte previste per i prossimi mesi consultare il sito www.seasonalwork.dk, nel quale è anche possibile inviare il proprio curriculum vitae attraverso l’apposito form.

Cala il tasso di risparmio delle famiglie italiane

 Bankitalia ha recentemente pubblicato due studi che gettano luce sulla situazione economica delle famiglie italiane, in particolare facendo il punto della situazione in merito a fattori di fondamentale importanza come la propensione al risparmio e il rapporto tra reddito da lavoro e consumi.

> Consumi italiani ai livelli del 2004

Da questi due studi risulta dunque chiaro che:

1) al 65% delle famiglie italiane il reddito da lavoro non basta più;

2) i consumi delle famiglie sono in genere superiori al reddito.

Sono soprattutto i nuclei familiari composti da giovani e affittuari, ma anche fasce deboli come pensionati, operai, disoccupati e lavoratori part-time a percepire, nel 65% dei casi, il proprio reddito come insufficiente a coprire i consumi mensili.

Il peso del fisco sul risparmio

Collegato all’emergere di questi dati vi è poi uno spaccato sul tasso di risparmio delle famiglie italiane: una serie di dati in merito sono stati presentati in una ricerca condotta dalla Nielsen per Confimprese. Secondo questa ricerca una famiglia su quattro non riesce a risparmiare e una su due compra solo l’essenziale.

Il tasso complessivo di risparmio delle famiglie italiane si è comunque ridotto di molto, tra il 2008 e il 2010, passando dal 12,1% al 9,1%. Giusto per avere un termine di confronto si può pensare che i valori del 1991 raggiungevano invece il 23,8%.

La tassa sul diesel impensierisce la Francia

 Sui carburanti si riaccende la lotta in Francia e un altro pensiero per il presidente Hollande si unisce a quelli accumulati in questi pochi mesi di previdenza. Stavolta a parlare è la Corte dei Conti che non è riuscita a dare una spiegazione plausibile alla differenza di prezzo che c’è tra il gasolio che è notoriamente più dannoso per l’ambiente ma meno caro e la benzina che inquina meno ma costa di più.

► Sconto sui carburanti dall’estatto conto della carta

Il pronunciamento della Corte dei Conti, adesso, passa nelle mani del ministro dell’ecologia e del ministro dell’industria francesi. Il primo spinge affinché ci sia un’equiparazione dei carburanti ma l’altro replica valutando l’impatto negativo che un’operazione del genere potrebbe avere sui costruttori francesi.

L’allarme della Francia e la distanza dalla Germania

I ministri quindi sono divisi e anche le soluzioni che propongono non sembrano essere soddisfacenti, visto che, ad esempio, propongono di tassare maggiormente le auto a diesel. Gli elementi da valutare, in questa faccenda sempre più ingarbugliata, sono almeno di tre tipi: ecologici, sanitari e industriali.

La Corte dei Conti che in qualche modo ha lanciato la patata bollente all’amministrazione Hollande, spiega che la radice dei guai è nella fiscalità agevolata concessa alle operazioni in gasolio, carburante su cui mediamente sono caricati 42 centesimi di tasse per litro, molto meno dei 60 centesimi che pesano sulla benzina.

Il crollo dei consumi elettrici mette in ginocchio le imprese

 E’ da circa un anno e mezzo che le aziende elettriche italiane vedono scendere continuamente la richiesta di energia elettrica. Solo nel mese di febbraio 2013 si è registrato un calo del 5,1% del consumo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, senza contare che non sono state prese in considerazioni variabili come calendario e temperatura, che avrebbero portato la percentuale a salire di altri tre punti.
► Consumi italiani ai livelli del 2004

A fare maggiore paura non è tanto il dato di questo febbraio, ma il fatto che sembra trattarsi di una tendenza continua che sta mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa delle aziende elettriche italiane. Secondo Assoelettrica, l’associazione che rappresenta i produttori, infatti, il comparto versa in gravissime condizioni, che sono lo specchio dei profondi problemi dell’economia del paese.

A soffrire di più di questa tendenza di decrescita del consumo sono le società con grandi gruppi termoelettrici alimentati a gas, che hanno registrato un calo pari al 23,9%, mentre si registra un netto miglioramento per le altre fonti di energia: idroelettrico +43%, eolico + 19,1% e fotovoltaico +11,2%

Tendenzialmente, quindi, i dati mettono in evidenza un calo della domanda di energia pari al 2,8% rispetto al 2011, percentuale che raddoppia, però, se si guarda ai dati relativi ai primi due mesi del 2013. Per questo i produttori lanciano un accorato appello al Governo:

► La truffa alla Snam sarà pagata in bolletta?

I produttori termoelettrici, chiamati comunque a mettere a disposizione la potenza dei loro impianti, in particolare per bilanciare le fonti rinnovabili non programmabili, rischiano infatti di non essere più in grado di coprire i costi variabili, dopo che per più di un anno hanno visto azzerarsi i margini operativi.

Consumi italiani ai livelli del 2004

 La Confcommercio ha diffuso oggi i dati relativi ai consumi degli italiani registrati nel mese di gennaio 2013 e la prima impressione non è affatto positiva. Stando all’analisi delle cifre, infatti, i consumi italiani sembrerebbero ritornati ai livelli del 2004, facendo registrare una flessione del 2,4% sulla tendenza del periodo e una dello 0,9% rispetto al mese di dicembre 2012.

I saldi non rianimano i consumi

L’Italia vive dunque l’ennesimo periodo di recessione e le speranze per il futuro non sono incoraggianti. Gli addetti ai lavori prevedono infatti un ulteriore peggioramento della situazione, che farà dell’intero 2013 un anno particolarmente difficile sotto il profilo economico.

Bilancio negativo per i saldi invernali

La tendenza negativa dei consumi viene oltretutto confermata anche dai dati relativi al mercato del lavoro. Calo degli ordinativi e calo della produzione non può che favorire l’aumento della disoccupazione. Solo a gennaio 2013 sono stati persi altri 97mila posti di lavoro e altri 110mila unità si sono aggiunte al numero dei disoccupati.

In generale, dunque, il tasso di disoccupazione nel nostro Paese ha raggiunto l’11,7%, con un milione di disoccupati in più nel solo 2012. Sul fronte CIG, di conseguenza, i dati registrano a gennaio un aumento delle richieste del 61% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Cresce in maniera importante anche il numero di ore richieste per gli interventi straordinari.

A febbraio diminuiscono le richieste di cassa integrazione

 Sono stato presentati poco fa i dati relativi alla Cassa Integrazione da parte dell’Inps per il mese di febbraio. Quello che emerge subito è il calo delle ore autorizzate per la cassa integrazione per un totale di 79,2 milioni, con una diminuzione pari al 10,9% rispetto a gennaio 2013 e del 3,4% rispetto a febbraio 2012.
► Dati casa integrazione gennaio 2013

Un dato che, come fanno sapere dall’Inps, è da attribuire da un lato al minor numero di giorni lavorativi del mese di febbraio, dall’altra parte ad un consistente calo delle ora richieste di cassa integrazione in deroga.

Per la cassa in deroga a febbraio si sono registrate autorizzazioni per 8 milioni di ore, pari ad un decremento del 49,1% rispetto ai 15,8 milioni di ore di gennaio 2013 e del 74,1% sui 31,1 milioni di ore autorizzate a febbraio 2012.

Aumentano, invece, le ore richieste di cassa ordinaria e straordinaria: aumentate 4,7% le ore autorizzate per la cassa integrazione ordinaria (Cigo) su base mensile (da 30,9 milioni di gennaio ai 32,3 milioni di febbraio) e del 28,6% su base annua. Diminuiscono dell’8,0% le ore di cassa integrazione straordinaria (Cigs) autorizzate nel mese di febbraio 2013 su base mensile ma aumentano su base annua del 50,6%.

► 9 milioni di disoccupati nel 2012, per la CGIL si tratta di un anno nero

Buono anche il dato sulla disoccupazione: nel complesso per il mese di gennaio, tra domande ordinarie, Aspi e Mini Aspi, si è registrato una flessione dello 0,6% rispetto allo stesso periodo del 2012.

Londra contro legge superbonus

 L’intenzione delle banche del Regno Unito e della City londinese, che rappresenta il cuore pulsante della finanza europea, è quella di fare causa all’UE stessa, nella speranza di non vedere operanti le norme che prevedono un tetto ai bonus dei manager e dei supermanager di Londra.

> Bruxelles pronta a mettere un tetto ai bonus dei manager

Lo rivela il Financial Times, che parla di una consulenza legale che sarebbe stata chiesta dai rappresentanti delle banche del Regno Unito allo studio Shearman & Sterling per invalidare la nuova normativa comunitaria, sulla base del fatto che quest’ultima sarebbe in realtà contraria al trattato che vieta la regolamentazione dei salari negli Stati appartenenti all’Unione Europea.

La normativa europea sulla limitazione delle parti variabili delle remunerazioni, inoltre, secondo gli stessi legali, sarebbe contraria a quanto affermato nelle costituzioni di alcuni stati membri, come Austria, Germania e Polonia.

Sui tetti ai superstipendi parla l’SPD

L’opinione pubblica inglese, tuttavia, non sembra essere dalla parte delle banche né condividere questa loro presa di posizione, ma anzi sembra vedere di buon occhio l’iniziativa comunitaria di imporre un tetto ai bonus dei manager sulla base di limitazioni analoghe che diventeranno presto legge in Svizzera, in seguito al recente referendum, e in Germania.