Dichiarazioni annuali IVA 2013

 L’Agenzia delle Entrate, con un provvedimento del 29 gennaio, ha fornito ai possessori di partita Iva e agli intermediari abilitati, le specifiche tecniche per la presentazione delle dichiarazioni annuali IVA 2013. Un servizio telematico che consente appunto di trasmettere all’Erario i modelli IVA e IVA Base 2013.

L’Agenzia delle Entrate, tempo fa, aveva detto “il pacchetto IVA è pronto“, adesso, avvicinandosi la prima scadenza, ha ripreso il discorso. Le specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati adesso ci sono e sono disponibili anche tutte le istruzioni per la spedizione online dei modelli che si riferiscono naturalmente all’anno d’imposta 2012.

Le istruzioni sono valide anche per chi, questo genere di appuntamenti con il fisco, li prende di petto senza avvalersi dell’intermediazione.

L’Erario spiega che

“Nell’ALLEGATO A al presente provvedimento vengono stabiliti, pertanto, il contenuto e le specifiche tecniche da adottare per la trasmissione per via telematica all’Agenzia delle Entrate dei dati contenuti nella dichiarazione IVA relativa all’anno 2012 da parte dei contribuenti tenuti a tale adempimento dichiarativo che provvedono direttamente all’invio nonché da parte degli altri utenti del servizio telematico che intervengono quali intermediari abilitati alla trasmissione.”

L’allegato A, molto scrupoloso e dettagliato nelle indicazioni, può essere visionato in formato pdf, al link di seguito

Agenzia delle Entrate – Protocollo n. 2013/11753

Nelle liti fiscali non vale l’autocertificazione

 Molto spesso, soprattutto quando di svolge una libera professione, è facile non disporre di tutti i documenti necessari per certificare in modo uniforme redditi e spese, questo però, non vuol dire che si possano sostituire tutti i documenti con un’autocertificazione.

Per legge, l’autocertificazione, è valida soprattutto per spiegare la propria identità, quindi in riferimento ai dati anagrafici, ma non vale in altri settori, ad esempio, non può essere chiamata in causa nelle liti fiscali. Lo ha anche ribadito in una sentenza recente la Corte di Cassazione.

 173 milioni di euro dalle liti fiscali pendenti

Con la sentenza n. 1662 del 24 gennaio, infatti, la sezione tributaria di Piazza Cavour ha precisato che nei processi tributari l’autocertificazione non ha valenza probatoria e questa disposizione è già contenuta nell’articolo numero 7 del Decreto Legislativo del 1992 numero 546.  Usare l’autocertificazione nelle liti fiscali, equivale infatti a dire che non si hanno le prove testimoniali.

 Con i registri introvabili è bancarotta fraudolenta

I fatti che stanno alla base di questo pronunciamento riguardano una società cui era stato inviato un accertamento dall’Agenzia delle Entrate per il recupero delle somme Irpeg ed Ilor relative all’anno d’imposta 1997. La società aveva fatto ricorso alla Commissione tributaria della sua provincia ed aveva anche avuto ragione ma era stata poi l’Agenzia delle Entrate ad interpellare la Cassazione precisando che i documenti presentati nel ricorso non potevano essere considerati probatori.

Philips si abbandona al rosso

 Sorti alterne per le grandi aziende americane e non, che in questo periodo sono costrette a presentare i conti trimestrali. I bilanci mettono a nudo la salute delle società ma sono anche una bussola per gli investitori che adesso conoscono meglio dove inviare i loro risparmi.

Abbiamo già parlato di Amazon tra bilanci deludenti e ottimi rendimenti, oppure di P&G che fa progressi anche in borsa. Sul fronte italiano, invece, brilla l’esperienza di Lavazza pronta a sfidare Starbucks in Inghilterra.

Adesso vogliamo conoscere un po’ meglio quel che accade invece alla Philips, la società olandese che è tornata in terreno positivo soltanto alla fine dell’anno scorso. Un bilancio in realtà macchiato da una sanzione da record, di 509 milioni di euro che è stata imposta dalla Commissione UE che ha deciso di punirla per i prezzi applicati ai tubi catodici.

Quindi, l’ultimo trimestre dell’anno passato i conti Philips sono in rosso per questa ammenda ma poi la società, che si occupa di elettronica ed elettrodomestici, può fare affidamento su un utile netto di 231 milioni di euro. Il fatturato è cresciuto comunque fino a 7,16 miliardi che in termini percentuali si traducono in un incremento del 6,7%.

A livello programmatico l’azienda ha deciso di cedere per 150 milioni di euro il suo settore dedicato all’intrattenimento.

P&G fa progressi anche in borsa

 Tutte le notizie dell’ultimo periodo, quanto ad azioni, mercato ed evoluzioni dell’economia in generale, arrivano dall’America dove le corporate sono chiamate a presentare i conti trimestrali. Abbiamo già considerato la situazione di Amazon tra bilanci deludenti e ottimi rendimenti ed abbiamo dato uno sguardo d’insieme alla borsa americana, spiegando che è Wall Street a spingere Milano in alto.

Adesso, invece, parliamo di Procter&Gamble che si conferma di nuovo come il primo produttore di beni di consumo, siano essi detersivi, profumi o il classico e comunissimo Dash. I dati sono a dir poco entusiasmanti, almeno in riferimento al secondo trimestre fiscale che si è chiuso per l’azienda a dicembre.

Le attese e le stime degli analisti sono state abbondantemente superate, sia per quel che riguarda i profitti, sia in termini di fatturato. Alla fine l’effetto sul titolo in borsa si è sentito e Wall Street ha ricompensato gli investitori. Prima ci sono stati i dati interessanti di Unilever, che hanno spianato la strada a P&G.

I profitti di quest’ultima, netti, sono stati di 4,06 miliardi di dollari, che vuol dire praticamente 1,39 dollari per azione che sono anche il 140% in più di quello che si era visto nello stesso periodo dell’anno scorso. Per l’anno fiscale 2013 le stime sono state incrementate.

E’ Wall Street a spingere Milano in alto

 Wall Street è trainata dall’entusiasmo verso volumi di scambio che non si vedevano da cinque anni. Le borse europee, di riflesso, vivono un momento di gloria ma Milano resta sotto i riflettori per via dei crolli di alcuni titoli storici e soprattutto per l’affare Monte dei Paschi di Siena.

L’avvio di settimana di Wall Street e Tokyo

E’ vero che qualche giorno fa Monte dei Paschi crolla ma non trascina Piazza Affari  era uno dei temi che campeggiava nelle pagine di economia dei giornali, ma adesso le cose stanno cambiando. Andiamo con ordine.

In America le Corporate hanno iniziato a pubblicare i dati trimestrali e questi conti contribuiscono a tenere alto il volume degli scambi. Il fatto è che i trimestrali non erano così buoni dal 2007 e in più l’America vive una situazione di attesa rispetto alla politica monetaria che deve essere definita dalla Fomc.

In Asia, intanto, la borsa torna ai livelli del 2010 ed attende di conoscere i dettagli della politica di espansione monetaria messa a punto dalla Bank of Japan. Le scelte della BoJ fanno arrabbiare la Germania, ma la guerra valutaria non ferma l’impero orientale.

In tutto questo giro, Piazza Affari non riesce ad andare oltre il +0,4 per cento e guarda con sospetto a quel che sta succedendo all’istituto di credito senese. Il ministro dell’Economia ha provato a rassicurare gli investitori ma poi, nel frattempo, hanno perso terreno Eni e Saipem e per la borsa di Milano la giornata è diventata molto più complicata.

Lavazza sfida Starbucks in Inghilterra

 Starbucks, come anche Amazon che si barcamena tra bilanci deludenti ed ottimi rendimenti, ha avuto problemi con il fisco, ma i guai, per l’azienda contro la quale si è scagliato anche Cameron, non sono ancora finiti.

Cameron contro Starbucks

Stavolta però, parliamo di competizione e lo facciamo con una nota di orgoglio tricolore visto che sta per sbarcare in Inghilterra anche Lavazza. Il marchio italiano del caffé ha deciso che aprirà più di 400 punti vendita nei prossimi 10 anni. Al momento tra Londra e dintorni si aggirano gli esperti della Cushman & Wakefield che devono trovare le location più adatte all’impresa.

La concorrenza sul territorio inglese, per Lavazza, sarà molto dura visto che oltre alla tradizione di Starbucks dovrà farsi largo con l’esperienza e la qualità del prodotto tra gli affezzionatissimi di Costa e Caffé Nero. Di certo c’è che l’azienda ha intenzione di ampliare il business e per gli investitori, questa progettualità, è molto confortante.

Cosa ci dobbiamo aspettare dal Regno Unito

Concretamente, nei prossimi mesi, si aprirà sicuramente saranno inaugurate le prime cinque caffetterie a marchio Lavazza, due a Londra e le altre tre, probabilmente, a Leeds, Derby e Newbury. In tre anni, l’obiettivo, è di aprirne circa 50, sempre in centro città, nei punti turistici o nei centri commerciali.

Amazon tra bilanci deludenti e ottimi rendimenti

 La storia di Amazon è un caso particolare nel panorama finanziario odierno visto che a fronte di continui bilanci che deludono le aspettative, il titolo continua a correre, anzi a trottare in borsa. La conferma che ci sia “qualcosa di strano” è arrivata anche questa settimana.

Amanzon è uno dei titoli che nel mare magnum delle aziende di internet che occupano un posto a Wall Street, si è sempre tenuto a galla durante la crisi economica ed editoriale. Se fosse stato un editore tradizionale, dopo i dati trimestrali sarebbe immediatamente crollato, invece, stavolta, è successo il contrario.

 Elusione fiscale: colpiti Google, Amazon e Starbucks

Martedì sera, alla chiusura degli scambi, Amazon ha presentato il suo bilancio trimestrale e i dati riportati nel documento possono considerarsi soltanto deludenti. Gli investitori, però, non la pensano alle stesso modo e con i loro movimenti hanno fatto crescere il titolo, che ha raggiungo l’11 per cento.

 La lotta all’evasione colpisce la tecnologia

In pratica, Amazon, da circa un anno, ha portato a casa un ottimo +30% ma i consumi sono diminuiti, i costi che l’azienda deve sostenere sono in crescita e gli investimenti continuano a tenere Amazon dentro il recinto delle società in attivo, veramente a malapena. Eppure l’azienda, in un trimestre riesce a macinare volumi d’affari per più di 20 miliardi di dollari.

Secondo gli analisti il segreto di Amazon è in due ingredienti: sa tenere alto l’ottimismo degli investitori e sposta sempre l’attenzione sugli utili operativi e sui margini di profitto, piuttosto che sui profitti netti e sulle vendite.

I migliori prestiti per l’acquisto auto

 Come per l’acquisto di una casa, quando non si hanno a disposizione abbastanza risparmi, anche nel comprare un’automobile, occorre chiedere un prestito. Senza considerare che il mercato dell’auto è in crisi, rendiamoci conto che un’automobile, oggi come oggi, è praticamente indispensabile, per recarsi a lavoro o per i piccoli spostamenti.

 I prestiti migliori per chi compra un’auto nuova

Per questo è bene conoscere sempre quali sono i migliori prestiti a disposizione per chi decide di “motorizzarsi”. Il finanziamento auto, tra l’altro, secondo le statistiche è il prestito più diffuso tra gli italiani. In genere è stipulato tra dal venditore con la finanziaria. E’ il venditore ad occuparsi dell’invio dei documenti, della richiesta e di tutto il necessario.

 Le migliori offerte di prestiti

La pratica è così semplice e ben gestita che 6 italiani su 10, quando comprano un’auto, decidono di farlo tramite un prestito. Quali sono allora le proposte più interessanti? Al primo posto, secondo Supermoney, c’è la proposta di Findomestic che offre prestiti con Tan all’11,5 per cento e TAEG all’11,78, quindi con pochissime spese aggiuntive. I soldi erogati possono essere usati per comprare auto nuove o vetture usate.

 Hai bisogno di un’auto usata? Comprala con Rat@web

Al secondo posto si piazza il Prestito generico a tasso fisso della Banca Popolare di Novara con un TAEG del 12,79 per cento e poi arriva il Prestito Avvera di Credem con il TAEG al 13,21%. Presto altre ricognizioni del sett0re.

Per i protestati poche chance

 I mutui assicurati ancora vincenti soprattutto in un periodo di crisi in cui è sempre più complicato offrire le garanzie giuste alla banca per ottenere un finanziamento. Sul fronte dei prestiti invece, qual è la situazione? Il grande cambiamento in atto riguarda le tipologie di prestito maggiormente gettonate che assecondano l’esigenza della banche di avere garanzie.

La cessione del quinto dello stipendio, il prestito cambializzato e il prestito delega servono all’istituto di credito per tutelarsi dai mancati rimborsi. In realtà sono anche un’assicurazione per i debitori che, in effetti, hanno meno possibilità di finire nell’elenco dei cattivi pagatori.

 Caratteristiche e vantaggi della cessione del quinto

Essere segnalati alla centrale dei rischi per il mancato pagamento di una rata, infatti, rende praticamente impossibile ottenere una seconda chance.

Entrando nel merito delle tipologie di credito sicure consideriamo che la cessione del quinto, riservata a pensionati o a dipendenti del settore pubblico e privato, offre prestiti commisurati alla rata che si può pagare, che è appunto un quinto dello stipendio o della pensione.

 Come funziona la cessione del quinto

Il prestito delega è molto simile alla cessione del quinto perché anche in questo caso è l’azienda che deve occuparsi del pagamento della rata. Il prestito cambializzato, invece, è quello in cui la rata è pagata tramite delle cambiali ai soggett i protestati.

I mutui assicurati ancora vincenti

 Sembra un paradosso ma spendere soldi per un’assicurazione, oltre ai costi del mutuo, dà alla banca la garanzia che siete dei debitori credibili. Immaginate di essere davanti alla scelta dell’istituto di credito e di aver trovato il finanziamento che fa al caso vostro.

 Un’assicurazione obbligatoria per la casa

La banca, calcolata la vostra capacità di rimborso, valuta di non avere le garanzie giuste rispetto al rimborso del finanziamento che sta per erogare. Sappiamo che si può diventare credibili di fronte alle banche con un lavoro fisso e un po’ di risparmi in tasca. Altrimenti? L’alternativa è nella sottoscrizione di una polizza che aumenta il peso delle rate mensili ma funge come la firma di un garante.

Se c’è una spesa in più, in questo caso, le banche sono disposte a chiudere un occhio. In passato chiudevano entrambi gli occhi se l’assicurazione era sottoscritta con la compagnia di riferimento della banca, poi ci ha pensato l’Ivass a mettere ordine nel marasma obbligando le banche ad offrire più di un preventivo e obbligando le banche, al tempo stesso, a non chiedere “obbligatoriamente” la stipula di un’assicurazione.

 L’Ivass al posto dell’Isvap

Secondo gli analisti, in un periodo di crisi come quello attuale, i prestiti e i mutui “garantiti” sono la meta cui tendere, così da evitare, per imprevisti spiacevoli, d’indebitarsi ancora di più.